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Domenica 28 Aprile 2024




Incontro con gli internati dell’Opg di Aversa

“Che ne sarà dei fiori”: spettacolo e dibattito sulla vita nella struttura.

opg“Che ne sarà dei fiori” è lo spettacolo, curato da Teatri In Gestazione, portato in scena da persone internate nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Dopo l’ultima rappresentazione, avvenuta nel cinema Astra di Napoli, i sofferenti psichici si sono intrattenuti a lungo a discutere con il pubblico presente in sala della loro vita, della società, dei loro desideri.

Video

Prima dello spettacolo è stato proiettato il documentario “Caini di Aversa” che racconta parte del percorso di formazione teatrale che gli artisti Anna Gesualdi e Giovanni Trono hanno portato avanti dal 2006 nell’opg di Aversa. Il documentario mostra l’impegno, il divertimento, l’emozione che l’approccio alla recitazione ha generato nei sofferenti psichici. Ma il video va oltre e permette ad ognuna di quelle persone di raccontare qualcosa della propria storia, e del proprio vissuto emozionale.

S. racconta del padre che poco prima di morire gli aveva scritto una lettera ed aveva preparato il fagottino da portargli al colloquio: “Fino all’ultimo istante della sua vita aveva pensato a me, questo mi riscalda” confida. N. racconta, invece, di essere stato percosso dal padre fino ad entrare in coma, e al risveglio di aver trovato un genitore capace solo di denunciarlo alle autorità giudiziarie per presunti atti violenti. G. ha un figlio di 17 anni, quando il padre è morto ha pianto tre giorni: “E’ stato liberatorio piangere. Adesso ho talmente tanta rabbia dentro che non riesco nemmeno a piangere. Vorrei andare al mare coi miei nipotini, per me è la cosa più bella del mondo.” F. colleziona bambole perché gli ricordano la sorellina morta quando lui era piccolo. Durante l’infanzia ha subito violenze sessuali.  Poi è stato mandato in clinica, e da allora è iniziato il pellegrinaggio da un opg ad un altro, spesso molto distante dalla famiglia.

S. racconta che recitare gli ha ricordato che anche lui “può servire a qualcosa.”

Il corso all’interno dell’opg è aperto a dieci partecipanti circa, perché per legge deve essere presente il personale di sorveglianza in numero adeguato, e al momento non è possibile superare quel limite. Il corso si tiene due volte la settimana, per circa quattro ore ogni volta.

Lo spettacolo che va in scena nel cinema Astra vede impegnate quattro persone. Si apre con fiori depositati dagli attori in una fioriera, fiori che poi verranno buttati via, come fossero desideri strappati da delusioni ed amarezze. Segue un passaggio dove le urla d’aiuto sono rivolte a persone in sala o a conoscenti degli internati. Tra la poesia ed il dramma si inseriscono momenti di ironia, di satira sociale, in cui gli internati dimostrano di aver sviluppato ottimi tempi comici. Poi parte una gara automobilistica verso il primo aprile 2013, data in cui dovrebbero essere chiusi gli opg. Tra incidenti ed imprevisti solo uno arriverà al traguardo. Lo spettacolo si conclude,  e la platea si alza in piedi per un lungo applauso. Inizia un dibattito col pubblico in sala, aperto dal professore Sergio Moccia e dal ricercatore Francesco Marco de Martino dell’Università Federico II che ricordano che ogni essere umano ha diritto a vedere tutelata la propria dignità, negata negli opg, e che la malattia mentale non può essere considerata a prescindere come causa di pericolosità sociale. Segue una lunga serie di domande che le persone in sala rivolgono agli internati, chiedendo della loro vita all’interno dell’opg, delle loro mancanze, di quello che si aspettano dalla società. Le risposte dei “sofferenti psichici” sono puntuali, lucide, spesso sarcastiche ed autoironiche. Criticano le condizioni igieniche, il cibo, la scarsezza di attività in cui vivono. Due di loro affermano con convinzione di preferire il carcere a quello che per molti rischia di diventare un ergastolo bianco, ossia una catena di proroga che obbligano alla reclusione in opg, anche solo per mancanza di strutture alternative. Sono consapevoli, inoltre, che strutture alternative non sono state ancora create, e che non si sa quale fine possano fare il prossimo primo aprile. Quello che a loro manca di più – dicono in coro – è la libertà. E le donne. Dal pubblico arriva una domanda: “Avete paura della libertà che trovereste fuori?” “No” è la risposta calma ma decisa del più giovane dei quattro attori, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, abbracciato al dottor De Martino.

Gli internati sostengono che i politici solo “esteriormente” sono interessati alla loro condizione di reclusi, e che molti dei politici stessi dovrebbero essere in galera, e che solo grazie ai loro soldi riescono a salvarsi. L’impressione generale del pubblico in sala è che gli internati siano lucidi e presenti a sé stessi. Viene loro chiesto che lavoro vorrebbero fare. “Io sono un perito tecnico, ma mi adatterei a qualsiasi lavoro che mi desse la possibilità di vivere dignitosamente” - risponde per tutti F. Quello che manca a molti di loro è l’affetto dei familiari, chiedono che i colloqui si possano fare anche nei giorni non lavorativi e di non essere collocati in opg lontani dalla loro città di residenza. Anna Gesualdi di Teatri In Gestazione denuncia: “il personale che gestisce gli opg è quasi sempre costituito da impiegati, persone che non hanno voglia di lavorare. Invece i sofferenti psichici avrebbero bisogno dell’aiuto di persone straordinarie.”

L’incontro si conclude. Giovanni Trono spiega che la grande soddisfazione del loro teatro concepito come “evento sociale è vedere gli occhi del pubblico svuotati di pregiudizi e condizionamenti culturali, occhi ora pronti per accogliere.”

L’iniziativa è stata patrocinata dal Polo delle Scienze Umane e Sociali dell’Università  Federico II, che rientra nell’ambito delle ricerche del Dipartimento di Scienze penalistiche, criminologiche e penitenziarie della Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo federiciano. Dal 2012 ha preso avvio il progetto “Io ti scrivo”, fondato sul protocollo d’intesa d’intesa fra la Federico II (Corso di diritto penale presso il Corso di laurea in Scienze del servizio sociale), il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Direzione dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa) e l’Asl di Caserta (Direzione sanitaria dell’o.p.g. di Aversa). “Il progetto – spiega Francesco Marco de Martino, affidatario del corso di diritto penale del Corso di laurea in scienze del servizio sociale – prevede uno scambio epistolare tra gli studenti del corso e gli internati dell’opg.”

Daniele Pallotta

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