Parola dell’avvocato penalista Claudio Botti, tra i relatori del convegno “Prima (invece) di punire”
Criminalità e illegalità sono alcuni dei problemi principali di Napoli. Il convegno “Prima (invece) di punire”, in programma venerdì 5 e sabato 6 maggio all’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, promosso dalla nascente associazione “Non Dark Yet” (Non è ancora buio)” in collaborazione con il gruppo di imprese sociali Gesco, nasce con l’obiettivo di analizzare questi fenomeni e scattare una istantanea della situazione napoletana, alla ricerca di risposte efficaci.
Risposte che non possono ridursi nella mera repressione. A spiegarlo, anticipando alcuni punti chiave delle proposte che usciranno dall’incontro internazionale che si terrà a Palazzo Serra di Cassano il prossimo weekend, è l’avvocato penalista Claudio Botti, il cui intervento è previsto nella sessione pomeridiana di venerdì 5 maggio dal titolo “Napoli ultima città dell’Ottocento: tra illegalità, criminalità e camorre”.
Perché Napoli è l’ultima città dell’Ottocento?
Napoli vive una situazione insolita rispetto ad altre città: qui, nel centro storico, vi è la coabitazione di ceti molto diversi tra loro, con una conseguenza (o con-causa?) anche dal punto di vista architettonico e urbanistico. Questo aspetto sarà analizzato nello specifico da un urbanista, Attilio Belli. Il mio contributo, invece, andrà a dimostrare che, di fronte alla criminalità organizzata, non servono risposte repressive. La repressione, negli anni, si è dimostrata inefficace perché non ha procurato un reale indebolimento del fenomeno criminale. In questo senso, il decreto Minniti, con l’introduzione di alcuni istituti assurdi come la “flagranza differita” (esiste reato anche molti giorni dopo il momento in cui è stato commesso, senza autorizzazione e controllo delle autorità giudiziarie, ndr), rappresenta una deriva autoritaria per le garanzie individuali ed è proprio l’esempio delle cose da non fare in termini di sicurezza.
Quali potrebbero essere le soluzioni all’illegalità?
Un maggiore intervento nel sociale, nel welfare e nella prevenzione, sicuramente. Un investimento reale nei giovani, a partire dall’inserimento lavorativo e dall’offrire loro nuove prospettive. Anche la regolarizzazione di certi piccoli fenomeni di illegalità diffusa e di sommerso, dal parcheggiatore abusivo all’ambulante passando per la casa per turisti al centro storico, solo per fare qualche esempio, potrebbe essere una risposta.
A chi farete queste proposte?
È chiaro che le proposte sono tali se vengono portate all’attenzione delle istituzioni. Ed è quello che proveremo a fare con l’associazione nascente “Non Dark Yet”, per cui il convegno rappresenterà il primo momento di confronto pubblico.
Ci parli di questa associazione…perché ce ne è bisogno in città e cosa si propone di fare?
L’associazionismo, quando è fuori delle logiche di partito come in questo caso, rappresenta uno spazio di confronto, uno spazio che manca oggi in questa città. “Non Dark Yet” si propone di colmare un vuoto presente a Napoli, con l’ambizioso progetto di interfacciarsi con i decisori pubblici su alcune questioni fondamentali per i cittadini, offrendo proposte concrete di cambiamento.
Perché i napoletani dovrebbero partecipare a questo convegno?
Credo che ogni spazio di confronto in questo momento storico sia importante e chi ha voglia non solo di capire ma anche di offrire il suo punto di vista, dal momento che ci sarà spazio al di là degli interventi programmati in questo incontro, secondo me, non dovrebbe perdersi questa occasione.
Maria Nocerino