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Mercoledì 1 Maggio 2024




“Casa Ianfolla”, la prima struttura che apre ai giovani

casa ianfollaNella strada che l’Asl sta tracciando dalla residenzialità alla domiciliarità, di cui abbiamo parlato con il direttore del Dipartimento Salute Mentale Fedele Maurano, si inquadra il passaggio graduale dalle Strutture intermedie residenziali a piccole comunità presenti sul territorio. È quanto sta sperimentando Casa Janfolla, la Sir tra Secondigliano e Miano che sorge accanto al Centro diurno di Riabilitazione Aquilone, entrambe le strutture della Asl sono gestite dalla cooperativa sociale Era del gruppo Gesco.

Si tratta della prima struttura a Napoli in cui la maggioranza degli ospiti non è costituita da over 65 ma da giovani presenti sul territorio, a cui sono dedicati percorsi personalizzati per il reinserimento sociale e lavorativo, con un coinvolgimento forte delle famiglie. “La prospettiva è quella di creare gradualmente delle piccole comunità diffuse sul territorio perché non accada più che un giovane si trovi a condividere la quotidianità con anziani o viceversa; né che una famiglia lasci lì una persona senza poi prendersene più carico”, racconta lo psichiatra Michele Gargiulo, referente per l’area del gruppo Gesco, tra i primi protagonisti del modello di lavoro integrato pubblico-privato.

Infatti, Casa Ianfolla, struttura nata a metà degli anni ’90, oggi accoglie 10 persone, il massimo della sua capacità: si tratta soprattutto di “nuovi utenti”, giovani e persone del territorio con una storia di psicosi relativamente breve, un’età media 30 anni e una situazione socio-abitativa tale per cui si è articolato un percorso in comunità, con un inizio ed una fine. A fronte di questi nuovi utenti, restano due vecchi utenti, due donne che hanno completato il loro percorso e stanno per essere dimesse, lasciando spazio a nuovi ingressi, e una persona che viene dall’ex Opg.

Ce lo racconta la psichiatra responsabile della Sir della Asl Napoli 1 Centro, Daniela Sorrentino: “Qui si lavora sulla riabilitazione, nel senso che crediamo fortemente nella capacità di recuperare risorse e abilità da parte delle persone che accogliamo. Nella valutazione del disagio un ruolo fondamentale ha il nucleo familiare di provenienza che viene coinvolto attivamente e si strutturano interventi mirati al miglioramento dei livelli di autonomia, ove possibile, al reinserimento nel contesto socio-abitativo dell’utente e alla sua integrazione sociale e lavorativa, attraverso la rete che si costruisce intorno alla persona”.

Funziona così: su segnalazione del medico di igiene mentale, arrivano alla struttura i nuovi casi, prevalentemente si tratta di giovani con psicosi, vengono fatti degli incontri anche con le famiglie e si stabiliscono procedure e tempi, che cambiano da una persona all’altra. “Deve essere chiaro a tutti, a partire dai familiari, che non bisogna arrivare a una cronicità, ma parliamo di percorsi, con inizio e una fine, con una progettualità ben definita che li faccia rimettere nel tessuto sociale”, sottolinea la Sorrentino.

Una volta entrati in comunità, gli utenti, oltre ad essere coinvolti nei laboratori del centro Aquilone, devono imparare a autogestire i propri spazi: dimostrare di avere la capacità di organizzare la propria camera, che deve mantenere pulita e ordinata, così come è una sua responsabilità la cura della persona e la gestione del suo denaro. Un altro obiettivo è la conquista di autonomia domestica, per cui impara a preparasi da mangiare, pulire la cucina, farsi il bucato, piccoli ma importanti compiti per imparare a organizzare se stessi, i propri spazi e tempi, nell’ottica di un recupero della persona da tutti i punti di vista.

M. N.

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