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venerdì 26 Aprile 2024




Il presente incerto della Salute mentale in Campania

Ne parliamo con Fedele Maurano

Fedele MauranoFedele Maurano, noto psichiatra napoletano, protagonista della stagione della dismissione dei manicomi e dirigente nazionale AIRSAM, Associazione Nazionale Residenze per la Salute Mentale, è tra i firmatari di un appello della SIEP, Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica rivolta a Governo, Parlamento e Assemblee Regionali sulle drammatiche condizioni del Sistema della Salute Mentale in Italia. Con lui puntiamo la lente d'ingrandimento sullo stato della salute mentale a Napoli e in Campania.  

Ne parliamo con Fedele Maurano

Le statistiche indicano un aumento delle condizioni di disagio psichico nella popolazione: si calcola ad esempio che solo nel periodo 2006-2013 il numero delle persone che presentano sintomi di interesse psichiatrico (ansia e depressione, innanzitutto) sia cresciuto di oltre 1 milione. Circa 8 milioni di persone in Italia soffrono di ansia e panico. Di depressione unipolare circa 4 milioni, 1,5-2 % di disturbi bipolari. Eppure in Italia si disinveste sulla cura del disagio psichico?

Si, la linea politica italiana è quella di procedere a tagliare la spesa della sanità e questo comporta la difficoltà a garantire i livelli essenziali di assistenza previsti per legge. Stiamo assistendo ad una regressione rispetto alle conquiste ottenute con la rivoluzione avviata da Basaglia e che fu affermata ben 40 anni fa, con la legge 180 che considerava la sofferenza psichica e i disturbi mentali come tutte le altre condizioni di sofferenza, senza barriere e segregazioni, restituendo alla persona i suoi diritti, compreso il diritto alla cura.
Oggi stiamo assistendo ad uno smontaggio dei servizi territoriali di salute mentale: si riducono le risorse finanziarie, si restringe il turn-over del personale e quindi si snaturano i principi fondanti la salute mentale di comunità, ossia la prossimità dei punti di accesso, il radicamento territoriale, il legame con le comunità locali.

Come si traducono i tagli sulla vita delle persone?

Oggi si tende a lavorare di più sulle situazione di urgenza piuttosto che privilegiare i programmi di cura e assistenza territoriale e la  collocazione in residenze e comunità piuttosto che l'inclusione sociale e lavorativa. Al contrario di ciò che affermava Basaglia e che abbiamo tentato di fare in tutti questi anni: riaffermare l'approccio centrato sulle persone e sulle loro potenzialità di ripresa, prendendo in carico la complessità di bisogni di salute delle persone con sofferenza, costruendo programmi terapeutici individuali che vanno sostenuti riaffermando i diritti di cittadinanza con le persone con disagio mentale: abitare, lavorare, curarsi. Insomma si tende a parlare di malattie e non di persone con malattie, avviando procedure standardizzate, mentre è essenziale prendersi cura e sostenere la persona nel suo contesto naturale di vita. Tutto questo è corredato da un fortissimo pregiudizio nei confronti della salute mentale e conduce all'abbandono, alla dimenticanza e all'incuria.

Qual è la situazione in Campania rispetto al resto d'Italia?

Se questa tendenza, come abbiamo detto, riguarda tutta Italia, la situazione in Campania è aggravata da una percentuale inferiore di spesa per i servizi per la salute mentale rispetto ad altre Regioni del centro-nord Italia. Il dato della spesa di Napoli, in linea con il resto del sud Italia, è meno del 3 % del bilancio dei fondi sanitari aziendali, molto al di sotto del 5%, ovvero la soglia di spesa prevista per le attività di tutela per la salute mentale. Ad esempio la città di Trieste con 235 mila persone spende circa 18 milioni di euro, mentre Napoli con 1 milione di abitanti spende circa 35-37 milioni. Se la spesa fosse in linea con quella di Trieste dovremmo spendere 80 milioni che corrisponderebbero guarda un po’ al sopra citato 5%.

L'offerta di strutture residenziali in Regione Campania riesce a soddisfare il fabbisogno?

La percentuale di posti residenziali pubblici dovrebbe essere di 2 per 10mila abitanti, dunque a Napoli ci dovrebbero essere circa 200-300 posti nei servizi pubblici. A Napoli abbiamo invece 185 posti in SIR, Strutture Intermedie Residenziali, della Asl, accanto a ciò va segnalato che in Regione ci sono più di 800 posti in strutture convenzionate e poi anche una serie di strutture comunitarie private non accreditate che vengono utilizzate dalle aziende sanitarie. Questo significa che c'è una spesa molto consistente per posti letto residenziali privati.
Ciò che è particolarmente carente sono i posti letto nei servizi  ospedalieri di diagnosi e cura per il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e il TSV (trattamento sanitario volontario): a fronte di 100 posti letto previsti su 1 milione di abitanti per la città di Napoli, ne abbiamo solo 27. Il piano ospedaliero regionale varato pochi mesi fa prevede di attivare 48 posti nella Asl e 32 nei due Policlinici Universitari, ma ancora non è accaduto. La situazione è drammatica in tutta la Regione Campania è complicato ricoverare le persone in situazioni d'urgenza psichiatriche che possono essere spostate a km e km di distanza. Per questo si sta lavorando ad individuare nelle UOSM Unità Operative di Salute Mentale delle opportunità di gestione anche in ambito territoriale delle situazioni di crisi.  Va comunque detto che il numero di TSO in città è diminuito nell'ultimo anno ultimo anno ed è in linea con gli standard nazionali, ciò è dovuto al fatto che le persone vengono seguite attraverso programmi di cura personalizzati nelle 24 ore.

Ci sta dicendo che le Unità Operative di Salute Mentale (UOSM) in Campania sono d'eccellenza?

Sicuramente a Napoli è stato fatto un grande lavoro negli ultimi decenni, ma con le attuali tendenze si rischia di annullare i progressi. Attualmente le 10 UOSM di Napoli, un'unità operativa complessa ogni 100 mila abitanti, riescono a far fronte con difficoltà alle richieste di assistenza e di cura in salute mentale e attualmente seguono direttamente 15 mila persone con programmi di presa in carico. Tuttavia è prevista una riduzione del 50% delle UOSM cittadine con notevoli ricadute sulla qualità dell'assistenza.
In ogni caso già adesso scontiamo una carenza di personale per ogni UOSM: se ci sono medici e infermieri, mancano assistenti sociali, psicologi, sociologi la cui presenza è prevista per legge ed è fondamentale per costruire gruppi multidisciplinari e multi professionali per garantire realmente le attività di tutela della salute mentale comunitaria. Contestualmente in una Campania, non so più quanto "Felix" dal 2008 con il piano di rientro abbiamo assistito al blocco del turn over di risorse umane: chi è andato in pensione o si è trasferito non è stato rimpiazzato e la maggior parte degli psichiatri ha oltre 55 anni.

E' in incredibile aumento il disagio mentale in tutta Italia. Quali sono le fasce della popolazione più a rischio?

In generale stanno emergendo nuove forme di sofferenza: i disturbi di personalità, della condotta, i disturbi alimentari, la ludopatia, il malessere associato al consumo di sostanze stupefacenti. Grandissimi problemi si riscontrano nella fascia d'età adolescenziale con incremento di suicidi e tentati suicidi, nonché di psicosi. C'è poi problema dei migranti, delle persone  autori di reato in carcere, degli anziani. 

Farmaco o sostegno psicologico, quali sono le linee di tendenza?

Ogni caso va valutato singolarmente. Sicuramente c'è un incremento nell'utilizzo del farmaco e nel consumo di psicofarmaci. Spesso mi sento dire: "Ma come dottore non mi date niente?"
Si tende a medicalizzare ogni forma di disagio.

Alessandra del Giudice

 

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