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Giovedì 2 Maggio 2024




Autismo e autismi, quello che ancora non sappiamo

aperta-menteL'associazione "Aperta/Mente – Il mondo interno Onlus" nasce dall’unione tra genitori di bambini, ragazzi e adulti affetti da autismo: relegato per anni a malattia rara, la patologia ha avuto una forte recrudescenza. Ma i lavori per il Centro autismo dell'Irpinia che potrebbe rappresentare un polo di eccellenza per l’intero Meridione restano fermi. Ne parliamo con Giuseppina Mattiello, presidente di “Aperta/Mente”.

Cominciamo facendo il punto sull’autismo: ci sono diversi tipi di patologia? L’intervento può essere lo stesso per tutti?

No, non esiste l’autismo, esistono gli autismi: ci sono diversi tipi, di norma divisi alto, medio e basso funzionamento. Ci sono terapie diverse, ci sono cose che funzionano per alcuni e per altri no. Ultimamente la terapia più in voga è l’ABA (acronimo di Applied Behavior Analysis, ndr.) e per molte persone risulta efficace. Per altre, invece, no. Io personalmente non ho mai consigliato una terapia piuttosto che un’altra: quello che invece ribadisco ogni volta è che la scelta di quest’ultima non deve farla un genitore da solo, ma un medico esperto, accreditato. E i professionisti che possono dirsi tali sono davvero pochi.

In tanti casi si parla anche di “comunicazione facilitata”: è utile davvero?

I benefici della comunicazione facilitata li ho visti nel percorso personale con mio figlio: con questo tipo di terapia è riuscito, ad esempio, a diplomarsi. Ma so anche che ci sono molti avvoltoi: gli esperti, torno a dirlo, sono pochi e bisogna aprire bene gli occhi.

I lavori per il Centro autismo dell'Irpinia -  uno spazio che potrebbe rappresentare davvero un presidio socio-sanitario di eccellenza per l’intero Meridione e accogliere  circa 100 bambini e giovani autistici - sono ancora al palo, dopo quasi 12 anni dall’inizio dei primi interventi. Cosa possono fare le istituzioni?

Le istituzioni potrebbero in primo luogo ridare dignità a chi ha questa patologia perché dall’autismo non si guarisce: si migliora, certo, ma non si guarisce. E, dunque, si potrebbe evitare che si parli solo di autismo infantile e che chi ne soffre, superata la maggiore età, venga spostato dalla fascia dei disturbi generalizzati dello sviluppo a quella della malattia mentale. C’è poi da dire che i centri come quello irpino sono importantissimi perché genitori e famiglie si ritrovano senza un accompagnamento non solo nel vivere le difficoltà quotidiane– che sono tantissime –, nella ricerca di esperti e di terapie  ma anche nelle spese di sostentamento di queste: basti pensare, ad esempio, che l’ABA non viene riconosciuta e costa tantissimo, così come costa una logopedia di qualità. E infine, ci sarebbe il bisogno di pensare anche al futuro dei nostri figli, a cosa accadrà quando non ci saremo più noi genitori.

Ridare dignità all’autismo passa anche da una maggiore attenzione al lessico: negli ultimi tempi, da Mineo che dà dell’autistico a Renzi a pagine facebook che usano la parola per indicare comportamenti ridicoli o incomprensibili, le cose accadute su questo fronte sono davvero tante. Cosa si può fare in questo senso?

Io dico che è vero:  alcuni comportamenti e stereotipie delle persone autistiche possono risultare bizzarre. Ma nello stesso tempo voglio segnalare che una persona diversa non è necessariamente una persona poco intelligente: cosa che spesso non possiamo invece dire per tanti individui percepiti come “normali”.  

Quali sono le buone prassi da portare avanti, allora?

Come associazione noi portiamo avanti molti corsi e convegni. Il prossimo, che si terrà il 24 e 25 gennaio 2015 è un momento di alta formazione sul Teatro e Terapia dell’improvvisazione per bambini, agazzi e giovani adulti con ASD (Autism Spectrum Disorder). Il corso verte, in pratica, sull’acquisizione di una metodologia per il potenziamento delle abilità sociali e la comprensione ed espressione delle emozioni.

Raffaella R. Ferré

RF

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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