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Domenica 5 Maggio 2024




La rivoluzione culturale dei tunisini napoletani

Creare ponti tra napoletani e tunisini. E’ l’obiettivo che si prefigge l’associazione Tunisini della Campania. Per cominciare hanno iniziato pochi giorni fa con una festa a porta Capuana. Regalando momenti alla città un momento di musica e balli tradizionali. “Preferiamo la parola interazione alla parola integrazione, perché implica la possibilità di partecipare alla vita pubblica – spiega Tarek, trentenne laureato in economia, originario della Tunisia, in Italia da circa venti anni – e la motivazione primaria dell’iniziativa è il voler comunicare che noi esistiamo, abbiamo la nostra cultura, vogliamo vivere serenamente nella società italiana”. L’ intratteneminto musicale è affidato all’artista tunisino Marzouk Mejri, insieme ad altri musicisti originari del Marocco, dell’Algeria e del Senegal. L’idea dell’iniziativa nasce da un gruppo di 5- 6 persone desiderose di creare una rete solidale prima di tutto tra gli immigrati. Per ora tra i tunisini stessi non esiste ancora un collante forte, un legame associativo che li supporti nelle difficoltà quotidiane e nelle rivendicazioni per i diritti. Svolgono lavori nella ristorazione, nella vendita dell’ artigianato, lavorano nei campi fuori Napoli, a Casapesenna, Avellino, Villa Literno, Mondragone: la difficoltà di andare avanti giorno per giorno ha impedito loro di attivarsi per creare collettivi, l’individualismo nel loro caso è un portato della lotta per la sopravvivenza.

I luoghi di ritrovo della comunità tunisina sono comuni anche agli altri immigrati del Maghreb, e  sono concentrati soprattutto nei dintorni di piazza Garibaldi, in cui si ha la sensazione di trovare uno spicchio d’Africa : i mercati dei venditori ambulanti  di via Torino e via Bologna, i piccoli negozi gestiti da immigrati disseminati nei vicoli alle spalle di piazza Mancini, i numerosi centri di ristorazione etnici vicini alla stazione centrale. Lavori umili, precari, svolti da persone che in molti casi hanno un alto titolo di studio.

Uno dei punti di aggregazione di riferimento si trova in un vicolo vicino piazza Garibaldi , è un monolocale di circa trenta metri quadrati all’interno di un condominio, lì si incontrano per parlare, vedere partite di calcio, fumare narguillé.  E’ aperto agli italiani, non si percepisce diffidenza. Tarek saluta amichevolmente italiani e suoi connazionali prima di arrivare al locale. Tarek è alto e slanciato, gli occhi marrone scuro comunicano un’indomita energia. E’ tra i candidati alle prossime elezioni, ma questa volta preferisce non parlarne, per “par conditio”, aggiunge. Permessi di soggiorno, festa per l’interazione e voto perla Costituentesono gli argomenti di cui i Tunisini discutono frequentemente in questi giorni. Oltre che delle questioni di attualità, sorseggiando un buon caffè preparato da Tarek, parliamo  anche della diffidenza e della paura verso gli stranieri che i media italiani somministrano ad  ampie dosi, della concezione della donna e di doppia morale. “In Tunisia il modo di considerare le donne è molto simile a quello della vostra Sicilia. Qui in Italia c’è uno strano modo di vedere le cose: se un uomo italiano si fidanza con una straniera non c’è nulla di male, se  una donna italiana si fidanza con uno straniero invece viene criticata, perché?.” Tarek racconta che una famiglia di Santa Maria Capua Vetere, non accettando la relazione tra la figlia ed un giovane tunisino, ha obbligato la ragazza ad andare a vivere a Bergamo.

Alcuni immigrati sostengono che Napoli è una città accogliente, ma, come nel resto d’Italia, ora il pensiero prevalente sembra essere : non c’è lavoro per noi italiani, cosa vogliono questi extracomunitari?. Sentono ancora forte su di loro lo sguardo diffidente e di fastidio di una grande parte della popolazione, anche se nel quartiere dove vivono riescono col tempo a trovare amici e a guadagnarsi profonda fiducia. E’ anche per superare i pregiudizi che ha avuto luogo la  manifestazione a Porta Capuana. Un’occasione per rilanciare la richiesta di istituire un Ministero dell’Immigrazione, già presente in altri Paesi europei, comela Francia.“Non vogliamo essere considerati un fascicolo o un numero, sembra che gli italiani ci vedano come dei fantasmi, e negli ultimi dieci anni la situazione non è cambiata” sottolinea con voce ferma, senza nascondere l’amarezza, Majid, un algerino che nel prossimo mese farà parte di una delegazione di immigrati che sarà ricevuta dal Parlamento italiano.

Il Ministero dell’Immigrazione lo considerano il primo passo per il riconoscimento dei loro diritti, a cui dovrebbe seguire l’ottenimento del diritto di voto. E per quanto concerne le votazioni questo è un periodo di mobilitazione in Tunisia, dove si avvicinano i giorni delle prime elezioni democratiche dell’Assemblea Costituente. Tra la popolazione tunisina, spiegano i residenti in Italia, regna la confusione: non è chiaro se per il bene del Paese sia meglio un partito laico, uno conservatore, uno di stampo islamico. La transizione è gestita da Fouad Mebazaa, che sotto il regime di Ben Ali era Presidente del Parlamento, dunque non una persona estranea alle precedenti logiche di potere. Le televisioni non sono garanzia di informazione libera : le due principali TV private tunisine, Hannibal TV e Nessma Tv, hanno ottenuto licenze speciali proprio da Ben Ali; Nessma TV ha tra i suoi principali azionisti, anche se attraverso società terze, il Presidente Silvio Berlusconi e Gheddafi. Inoltre proprietari terrieri e lobby imprenditoriali continuano ad avere un peso politico forte in Tunisia.

“Spero che il popolo riesca a strappare dei diritti, ma sarà difficile, il potenti del neocolonialismo economico cercheranno di impedirlo” Marzouk Mejri, il più conosciuto artista tunisino a Napoli invita a tenere alta l’attenzione sulla nascente democrazia. La voce calma e lo sguardo dolce parlano di uomo che ha trovato il suo equilibrio. E’ arrivato in Italia più di quindici anni fa, aveva scontato una breve pena detentiva in Tunisia per un reato che non aveva commesso. La sua condanna era stata voluta da un potente del suo Paese. “Quando sono uscito  capii che o impazzivo o andavo via. In Tunisia soffocavo, e  ancora oggi quando torno lì dopo un mese avverto quella sensazione. Tuttavia vorrei che i miei figli conoscessero e si legassero  alla mia famiglia d’origine.” Il primo anno in Italia, racconta di aver fatto il fabbro e di aver lavorato in agricoltura. Gradualmente è riuscito a inserirsi nel mondo musicale italiano, i suoi ritmi arabi si mescolano facilmente con le sonorità napoletane. Ha due figlie con cui parla in arabo e francese, la moglie in Italiano. Spiega che in Italia il razzismo si respira solo dove c’è ignoranza : “Una volta mentre lavoravo nei campi i padroni arrivarono con dei fucili e scherzando dicevano di volerci sparare. Ma è stato un caso isolato. In Tunisia invece se sei povero la polizia ti cacciava dai locali.” Marzouk è uno dei pochi intellettuali tunisini di Napoli. Racconta che della vita nel suo Paese gli mancano gli incontri con un gruppo di poeti, artisti e professionisti che regolarmente frequentavano un bar per scambiarsi esperienze e rilassarsi in compagnia. A Napoli i Tunisini vivono per guadagnare qualcosa e inviare il ricavato alle famiglie in Patria, finora è mancata loro la volontà di un’ aggregazione costruttiva. Ma un cambiamento sembra non lontano a venire, la festa di metà ottobre è solo un primo passo.

Daniele Pallotta

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