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Mercoledì 8 Maggio 2024




Centri antiviolenza: più denunce, meno servizi (Clara Pappalardo)

E’ Clara Pappalardo, responsabile del centro Anti-violenza del Comune di Napoli e Presidente di Arci Donna, a spiegare a che punto sono gli strumenti di contrasto alla violenza contro le donne e di supporto alle vittime.

Il 2011 è stato l’anno dell’apertura della prima casa di accoglienza per donne a Napoli, era venti anni che l’aspettavamo. E’un dato positivo anche se il finanziamento va a singhiozzo e così non si può garantire continuità al progetto. Ora ne occorrerebbe un’altra, i sei posti a disposizione sono insufficienti, molte donne sono in lista d’attesa e in molti casi l’emergenza ci impone di ospitare sforando il numero di persone per cui è stata pensata la struttura. A volte sono le forze dell’ordine ad accompagnare donne che hanno bisogno di protezione, ma in generale come si fa a dire di no a chi chiede soccorso e un riparo dalla violenza.

Critica, al limite dell’insostenibilità, è diventata, invece, la situazione dei centri antiviolenza cittadini che resistono solo grazie al lavoro ormai volontario di operatori, psicologi, avvocati.  Anche in mancanza dei fondi che dovrebbero essere stanziati dal Comune svolgono un’attività straordinaria. Solo quest’anno hanno sostenuto oltre trecento donne che avevano bisogno dell’assistenza legale o psicologica.

Ed è un supporto di cui non si può fare a meno. Le denunce di violenze aumentano, anche grazie alla nuova legislazione contro lo stalking, è più facile farsi coraggio e raccontare. Cosa ormai nota è che nel 90 per cento dei casi le violenze si consumano in ambito familiare. Stanno emergendo però due nuovi dati: a denunciare sono sempre più spesso donne giovanissime, dai 20 ai 25 anni o che hanno superato i 60; mentre in passato il padre era la figura più spesso individuata quale responsabile delle violenze, ora lo sono quasi sempre partner, ex, o figli i responsabili.

2012

Vorremmo che il prossimo anno fosse quello dell’implementazione dei servizi. Chiediamo che le istituzioni capiscano l’importanza del lavoro svolto dai centri antiviolenza e li sostengano. C’è bisogno di implementarli e finanziarli. Soprattutto occorre tanta formazione: sia per gli operatori di settore che hanno bisogno di un continuo aggiornamento, sia per gli agenti delle forze dell’ordine, i medici, gli avvocati che indirettamente si trovano a relazionarsi con donne vittime di violenza. Vanno codificate meglio delle procedure e degli standard d’azione che non lascino nulla al caso.

Inoltre il 2012 sarà l’anno di importanti bandi di finanziamento del Ministero delle Pari Opportunità e speriamo che gli enti locali contribuiscano a sviluppare progetti che possano ottenere i fondi. Ancora aspettiamo dalla Regione 14 milioni di euro già destinati a finanziare progetti al femminile, tra cui proprio i centri antiviolenza, che  non si sa che fine abbiano fatto.

La parola chiave: rete

Semplice a dirsi, più difficile da realizzare. Il concetto di Rete è spesso ripetuta dalla politica come sistema di buona pratica, spesso però non si sa neppure da dove cominciare. Nel caso delle donne vittime di violenza realizzare una rete efficace che coinvolga uffici pubblici, forze dell’ordine, operatori, associazioni, è di grande importanza. Solo così si può sperare che chi abbia una storia di violenza alle spalle possa definitivamente voltare pagina.

L.R.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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