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Domenica 5 Maggio 2024




All’assalto della diligenza

Il viaggio impossibile dei pendolari del trasporto pubblico.

pendolari“Può una freccia scoccata da un punto A raggiungere le sua meta nel punto B dovendo attraversare tutte le frazioni di uno spazio infinitamente divisibile?” domandava alla logica il filosofo campano Zenone di Elea, scoprendo un paradosso che a  distanza di 2500 anni è diventato pane quotidiano per chi affida la propria mobilità al sistema di trasporto locale: “Potrò arrivare da casa al lavoro dovendo percorrere le infinite insidie prodotte da corse saltate, ritardi, guasti e scioperi?” si chiede l’utente abituale dei mezzi pubblici.

Se il primo quesito pone un problema al pensiero puro, il secondo produce ansia e stress. Ormai non c’è fermata di autobus o pensilina di stazione in cui non si senta discutere animatamente della crisi dei trasporti. Si interrogano sul futuro i controllori anticipando la richiesta di esibire il biglietto, talvolta con cortesia, più spesso in modo aggressivo. Altre volte sono autisti e capotreni a dover fronteggiare la rabbia dei passeggeri di fronte all’ennesimo disservizio. “La situazione attuale è drammatica, il rischio ora è che non ci sia proprio più un servizio pubblico”, dice Alessandro che ogni giorno da Napoli va a lavorare in una ditta di Monte di Procida, “Usare l’auto? Non ci penso, tra benzina, caselli e parcheggi mi costerebbe 10 euro al giorno, per non parlare dell’assicurazione, a fronte di 56 euro di abbonamento mensile. Senza mezzi rischio anche il posto”. A non pensarla più cosi sono già in tanti che si organizzano per spostarsi con la propria auto: negli ultimi due anni a Napoli e provincia si è registrato un decremento del 30 percento degli utenti. Un dato che interrompe un trend positivo che fino al 2010  vedeva la Campania in testa al ranking nazionale per il rapporto popolazione residente – spostamenti con trasporto pubblico locale, un 27 percento nettamente superiore alla media nazionale attestata al 13 e a regioni come la Lombardia (22) e l’EmiliaRomagna (9).

Nei giorni in cui si consuma il drammatico fallimento dell’Eav Bus che rischia di lasciare senza lavoro centinaia di dipendenti e a piedi migliaia di pendolari, storie di disagi e disservizi si registrano su tutto il trasporto pubblico campano. In crisi le aziende di trasporto di tutta la regione, a Napoli e provincia i tagli ai servizi riguardano il 50 percento dei mezzi su gomma, il 40 del trasporto su ferro di Circumvesuviana e Sepsa, e i collegamenti con le isole garantiti dalla Caremar sono appesi a un filo. Per rendere l’idea attraverso il confronto con un’altra grande città con indici demografici e di estensione territoriale simili, a Napoli gli autobus percorrono solo il 21 percento dei chilometri prodotti dall’azienda torinese di trasporto su gomma. Secondo i dati di un’indagine (sarà presentata nei prossimi giorni), condotta da Federconsumatori di Napoli attraverso la somministrazione di questionari agli utenti, quasi il 90 percento dei passeggeri esprime insoddisfazione per il servizio pubblico offerto e il 70 percento denuncia di aver subito danni di vario tipo a causa dell’inaffidabilità e dei ritardi dei trasporti. L’esasperazione dei pendolari, che nell’ultimo anno hanno visto crescere le tariffe del 12 percento, dalla strada si trasferisce anche sui social network, tanti i gruppi che riuniscono denunce e rimostranze di migliaia di iscritti. Per citarne alcuni: “Stop ritardi Sepsa”, “C’stann chiurenn’ rint” dedicato agli abitanti delle estreme periferie cittadine, “Ferrovie Campania” o ancora “Quelli che aspettano… Cumana e Circumflegrea” che ha per logo un’eloquente scarpa da ginnastica. “Come è andata oggi?”, “Domani il servizio funzionerà regolarmente?”, “Risolto il problema ad Agnano?” e cosi via, i viaggiatori si scambiano informazioni. Premessa a ogni consiglio è che viene offerto su una base empirica pronta ad essere smentita da un disguido imprevisto. D’altra parte neppure il sistema informativo ufficiale è affidabile: in tanti in attesa alle fermate raccontano di come le vecchie tabelle cartacee sono molto poco indicative, allo stesso modo dei tabelloni elettronici, dei numeri verdi e persino delle modernissime App per Iphone che dovrebbero fornire un quadro costantemente aggiornato della viabilità dei mezzi pubblici. Del sistema di telecamere e display su un supporto di fibra ottica, annunciati in pompa magna nel 2007 dalla Sepsa, neppure l’ombra. In queste condizioni calcolare il tempo che si impiegherà per raggiungere la meta prefissata è roba da veggenti.

Circumflegrea e Cumana, le linee ferroviarie che collegano Napoli ai Campi Flegrei, avrebbero dovuto rappresentare il fiore all’occhiello del rilancio del trasporto pubblico regionale insieme all’estensione della linea metropolitana. Nel 2006 l’allora assessore alla Mobilità Ennio Cascetta aveva annunciato un investimento di 530 milioni di euro, fondi regionali ed europei, per rammodernare il servizio con il rifacimento delle stazioni e l’acquisto di nuovi vettori.  “Noi chiamiamo vecchi i treni che hanno quarant’anni e nuovi quelli che ne hanno solo venti”, ironizza un pendolare, “e i primi sono persino più comodi dei secondi”. La commessa prevista per dodici treni nuovi è stata sospesa e sui binari viaggiano sempre le stesse carrozze, generalmente due per corsa, a dispetto della crescita demografica dei comuni e dei quartieri che vengono serviti e delle attività produttive che si sono sviluppate su quei territori. Un traffico di circa 15mila persone al giorno. “Solo nelle ore di punta c’è un raddoppio dei vagoni, ma per unire due treni spesso viene saltata una corsa e non c’è beneficio”, lamentano i pendolari alla stazione di Montesanto.

 Il viaggio dalla periferia al centro in Circumflegrea comincia alla stazione di “Grotta del Sole”, in uno scenario da film western all’ estrema periferia di Pozzuoli. O meglio dovrebbe cominciare:  i cancelli della palazzina ingiallita sono sempre chiusi e per acquistare il biglietto occorre percorrere 300 metri in salita per raggiungere un’edicola che li vende. Poi saliti sul treno ci si mette in fila alla porta del macchinista per farsi obliterare il tagliando dal capotreno, unico autorizzato a vidimare in assenza di macchinette. Se il passeggero fa da sé si becca una multa. La via crucis dei pendolari passa poi per le stazioni di Quarto officina, il cimitero dei treni guasti, Quarto che qualcuno con una bomboletta spray ha ribattezzato “Quarto mondo”, e Quarto Centro. Dei benefici del raddoppio della linea, parte dell’opera di ammodernamento, non sembrano essersi accorti gli utenti: “Dovrebbe passare ogni 20 minuti, ma di fatto gli orari sono casuali. A volte sembra in anticipo di qualche minuto, in realtà è la precedente in ritardo”, lamentano. Alcuni passeggeri si sono inventati quote Snai sull’arrivo dei treni, mettendo in circolazione facsimile della “bolletta”: scommettere sulla “corsa saltata” paga poco, appena più vantaggioso è il ritardo, una vera e propria “macchia” la puntualità.  A  parziale consolazione a Pianura, fermi nell’attesa spesso lunga di una coincidenza, si può ammirare la nuova stazione, molto più dignitosa e moderna delle precedenti. Niente a che vedere con la bretella che collegherà la fermata di Soccavo al polo universitario di Monte Sant’Angelo dove dovrà sorgere  la stazione affidata al genio dell’artista anglo-indiano Anish Kapoor. Ottantanove milioni di euro stanziati, sul web le immagini  di come sarà, con le opere che arriveranno via mare dall’Olanda. Lavori cominciati nel 2000, e date di inaugurazione fissate al 2005, 2008, l’ultima a maggio 2012. “Per raggiungere la facoltà adesso aspetto la navetta, quando c’è, o  più spesso vado a piedi”, dice Enrico, studente di Economia, “L’apertura sembrava prossima quando mi sono iscritto all’università, sono fuori corso, ma credo proprio che finirò prima io”.

La Cumana, linea gemella, è tra le più antiche in Italia. Inaugurata nel 1889 è di proprietà della Sepsa dal 1938. “Cinquant’anni fa ci metteva 40 minuti, ora, sempre che passi ,45”,  dice la signora Maria, ottantenne di Torregaveta che non rinuncia ad andare a Napoli con i “mezzi” per far visita ai parenti. “Le inefficienze ci sono sempre state”, rispondono i passeggeri, “Ma non si capisce più nulla da prima dell’estate scorsa”. Negli ultimi anni sono state chiuse le biglietterie del Fusaro, Lucrino, Cantieri, è già un’impresa procurarsi i tagliandi. Discorso a parte per la stazione di Baia, costata 18 milioni di euro è stata ultimata in tempi rapidi nel 2008, ma mai inaugurata per motivi di sicurezza. E’ stata costruita male e così è soppressa una fermata strategica per i turisti interessati ai tanti siti di interesse archeologico della zona.  Nelle ore di punta il flusso di passeggeri è intenso in entrambe le direzioni, da Napoli con gli studenti dei poli universitari di Fuorigrotta e Bagnoli, dalla periferia verso il centro con i pendolari che si recano a lavoro. Da settembre si è registrata una escalation di disservizi: corse passate da 20 a 30 minuti; navette sostitutive per bypassare il passaggio a livello di Agnano fuori servizio a causa dello sciopero dei custodi senza stipendio da mesi, e persino un deragliamento. Vetture guaste e mancata manutenzione i sintomi di una grave crisi finanziaria dell’azienda. “Sulla tratta da Torregaveta ad Arco Felice spesso si guastano gli scambi automatici e vediamo il macchinista scendere dal treno per attivarli manualmente”, raccontano i viaggiatori abituali, “I ritardi diventano secondari rispetto all’insicurezza che provocano scene come questa”.   Altro disservizio frequente la sosta in attesa del semaforo verde lungo la galleria che collega le stazioni di Dazio e Gerolomini, può durare decine di minuti: “Addossati l’uno sull’altro al buio, capita spesso che qualcuno si senta male”, continuano le testimonianze, “altre volte qualche passeggero esasperato apre la porta di emergenza e allora per ripartire si impiega il doppio del tempo”. Terminale di Cumana e Circumflegrea la stazione di Montesanto, restaurata con una spesa di 47 milioni di euro, da una settimana è una vera e propria discarica con le panchine sommerse dai rifiuti a causa del prolungato sciopero degli addetti alle pulizie della ditta Florida da 4 mesi senza stipendio. Banchine sovraffollate, proteste, treni che non partono perché non si riesce a far entrare tutti i passeggeri, se c’è un’immagine tra le tante che può sintetizzare il collasso dei trasporti pubblici napoletani là si può registrare qui nelle ore di punta.

Anm. “Non abbiamo soldi per comprare gli autobus”, così alcuni mesi fa il sindaco di Napoli Luigi de Magistris in Tv rispondeva all’appello di un’operaia che chiedeva investimenti ai comuni sulla mobilità sostenibile per salvare l’Iribus. Un’ammissione candida per spiegare il malfunzionamento del trasporto su gomma a Napoli; insostenibili per il Comune il taglio dei trasferimenti da Stato e Regione. In strada gli autobus sono un miraggio e le fermate stracolme. Negli ultimi mesi è stata soppressa la metà delle corse e si paventa la prossima chiusura di due depositi (piazza Carlo III e Frullone), per rimettere in sesto l’azienda servirebbero 150 milioni. Il parco auto è vecchio di 15 anni, secondo gli standard europei i mezzi andrebbero rottamati ogni 10. In una situazione di crisi l’amministrazione ha deciso di favorire alcune tratte, considerate primarie, a discapito di altre. La zona di Chiaia, della Riviera, di Corso Vittorio Emanuele e del Vomero non subiscono gravi disservizi, mentre diventa sempre più difficile spostarsi in bus verso il centro da Agnano, Bagnoli, Pianura, Soccavo, Chiaiano, Secondigliano, Piscinola, Ponticelli e dai comuni confinanti. Dei “pollicini”, i minibus che servivano il dedalo di strade di Quartieri Spagnoli e Rione Sanità, non c’è più traccia. L’R2 e l’R4 sono delle rarità, così come nella zona di Fuorigrotta  e Pianura C12, C11, C14, nella zona OspedalieraC43, C44, C76, nella zona Est soppressi e accorpati gli storici 156, 157, 171, 174. “A viaggiare in autobus si perde la salute”, “Mai vista una cosa del genere”, “Mo che arriva l’autista mi sente, e vorrebbe pure il biglietto”, molte fermate si trasformano in capannelli di protesta.  L’esasperazione spesso si trasforma in rabbia:  lo testimonia l’aumento del 42 percento di aggressioni fisiche denunciate dagli autisti nel 2012. “Anche io subisco il disservizio da cittadino. Devono capire che non serve a nulla prendersela con noi”, dice Marco, autista, “Noi usciamo anche se per le condizioni in cui versano gli autobus saremmo legittimati a stare in deposito. Comprendano il nostro sacrificio”. Il problema più grave è lo stato degli autobus, molti mezzi restano fermi al palo per mancata manutenzione, o per pezzi di ricambio che costerebbero poche centinaia di euro. “E pensare che i dirigenti dei trasporti guadagnano stipendi da più di cento milioni di euro all’anno”, denunciano Altroconsumo e Federconsumatori. Molte volte, almeno 5, 6 volte al giorno, dicono gli autisti i bus si guastano in strada, lasciando tutti a piedi. Per l’Anm si spera ora nel “Salva Napoli”, i circa 2500 lavoratori, di cui 1600 conducenti, confidano nella ventilata fusione con Napoli Park e MetroNapoli, mentre i pendolari dovranno continuare ad armarsi di pazienza.

Circumvesuviana, probabilmente il servizio di trasporto urbano più importante di Napoli e provincia. Sei linee che si diramano da Porta Nolana verso il bacino orientale dell’area metropolitana, 150 km di binari, 96 stazioni, 47 comuni per un’utenza potenziale di 2 milioni di abitanti, il disastro descritto sul versante flegreo è accresciuto all’ennesima potenza. Disagi e proteste sono puntuali come dovrebbero esserlo i treni, e a farne le spese è il personale in servizio che diventa oggetto di aggressioni verbali di studenti e lavoratori in attesa sui binari anche per ore. Sempre più spesso si assiste a episodi di violenza con assalti fisici e danneggiamenti a stazioni e vetture. Contare il numero di stazioni chiuse, corse soppresse, scioperi e altri disservizi è impresa improba, un bollettino in continua evoluzione.   Attualmente è in corso una trattativa tra azienda e macchinisti che sembra lontana da una soluzione. Mancano i fondi per venire incontro alle richieste dei dipendenti, ritenute legittime dalla stessa amministrazione. Il problema sono gli oltre 200 milioni di debito:  gli stipendi arrivano in ritardo, mancano i soldi per le riparazioni e per acquistare i pezzi di ricambio, del parco mezzi di 141 unità sono funzionanti solo 45 elettrotreni. Per scongiurare il fallimento si spera nello sblocco dei fondi Fas, con un ammontare che potrebbe coprire almeno in parte il disavanzo. “Come si è arrivati a questo buco? Per me sono prove tecniche di privatizzazione”, dice Alfonso, pendolare da Ottaviano. Come lui sono molti i viaggiatori-lavoratori che non si limitano alla rabbia, ma si interrogano sul futuro e si informano sulla vicenda sindacale, “Il mio timore – continua – è lo scorporamento, il cosiddetto spezzatino, con linee come quella sorrentina che troveranno facili acquirenti e altre come quella nolana o sarnese abbandonate al loro destino”. Una lettura che è la stessa di Federconsumatori , in prima linea nei giorni dell’agonia dei trasporti per chiedere rappresentanze degli utenti ai tavoli di trattativa. Il ritorno alla normalità sembra un miraggio e la soluzione della vertenza Circumflegrea potrebbe rappresentare il paradigma futuro del sistema di trasporto pubblico in Campania.

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