| SEGUICI SU seguici su Facebook seguici su Twitter youtube
Mercoledì 8 Maggio 2024




“Mastrogiovanni, simbolo del rifiuto del diverso”

A teatro per non dimenticare l’uomo morto legato al letto di un ospedale

franco-mastrogiovanniFranco Mastrogiovanni viene ricoverato il 31 luglio del 2009 a Vallo della Lucania in seguito a una richiesta di trattamento sanitario obbligatorio. Entra con le sue gambe, viene legato a un letto e muore dopo quattro giorni. Il processo per accertare le responsabilità di medici e infermieri è in corso. La sua storia è ora raccontata dalla pièce “Quem quesitis?” di Giancarlo Guercio, al teatro Galleria Toledo il 4 aprile prossimo.

Come è nata l’idea dello spettacolo?

“Aver visto le immagini diffuse in televisione di quell’uomo legato per 80 ore a un letto di ospedale, sofferente, senza nessuno che gli andasse in soccorso, lasciato morire così, mi ha profondamente turbato e suggestionato. Lavorare al testo dello spettacolo mi è servito per elaborare e cercare di capire come fosse stata possibile tanta indifferenza”.

A che conclusioni sei giunto?

“Il caso di Mastrogiovanni è un pretesto per interrogare un’epoca in cui sembra essersi persa la sensibilità per comprendere l’altro da sé. Ho sentito il bisogno di denunciare una coscienza, purtroppo sempre più diffusa, che non ammette la diversità, la tiene legata, la cancella”.

E del caso specifico che idea ti sei fatto?

“Ho avuto modo di conoscere i parenti di Mastrogiovanni, di ricostruire la sua vicenda umana, e ho provato a immaginare cosa rendesse quell’uomo un “diverso”. Mi hanno aiutato molto in questo lavoro i suoi scritti, donatimi dalla famiglia: poche pagine ma di grande intensità, in cui la parola che ricorre più di frequente è “libertà”. Credo che Mastrogiovanni fosse un idealista, una psiche, la sua, che rifiutava qualsiasi forma di compromesso, il suo disagio nasceva proprio dall’incapacità di adattarsi a una realtà che percepiva falsa, ipocrita. Era fondamentalmente un uomo buono”.

Come si giustifica tanto accanimento allora?

“Mastrogiovanni non passava inosservato. Il suo essere autentico era amplificato dalla sua corporeità. Era un omone di un metro e novanta e proprio questa sua caratteristica lo rendeva, in un certo senso, un bersaglio facile della cattiveria. Sulle responsabilità indagherà la magistratura, ma le immagini sono eloquenti. Nei suoi confronti si è esercitato un accanimento spropositato, proprio da parte di chi, sulla carta, avrebbe dovuto accogliere e aiutare. I moventi possono essere tanti, dall’incapacità alla frustrazione, ma più in generale quanto avvenuto è lo specchio di una società alla deriva, che esclude il diverso”.

Per ricostruire la vicenda con il regista Enzo Loviso vi siete ispirati a Pirandello, Camus, Maiakovski, Strindberg. Cosa accomuna la loro opera a questa vicenda?

“Il caso Mastrogiovanni ha un valore paradigmatico. Dice altro dalla cronaca e abbiamo cercato proprio di ricostruire questa universalità. La follia trattata da Pirandello, l’autenticità estrema del Caligola di Camus, la poesia di Maiakovski, il sogno e l’autenticità di Strindberg. Occorre recuperare il senso autentico e profondo di quelle parole per ritrovare qualcosa della nostra umanità. In fondo per evitare la tragedia di Mastrogiovanni sarebbe bastata un po’ di tenerezza”.

Luca Romano

© RIPRODUZIONE RISERVATA

agendo 2023 banner
Prenota la tua copia inviando una e-mail a comunicazione@gescosociale.it
tiSOStengo
unlibroperamico
selvanova natale 2020 banner
WCT banner
gesco 30 anni
napoliclick
Amicar banner 500

Archivio Napoli Città Sociale