| SEGUICI SU seguici su Facebook seguici su Twitter youtube
Lunedì 29 Aprile 2024




Case alloggio per malati di Aids e sieropositivi a un passo dalla chiusura

welfare-striscione-2Sono sorte per fornire assistenza ai più deboli tra i malati di Aids: immigrati, prostitute e tossicodipendenti abbandonati dalle famiglie. In Campania ce ne sono solo due, entrambe a Napoli. Ma ora annunciano di non poter ospitare più nuovi utenti. All’origine dell’imminente chiusura i mancati pagamenti da parte dell’Asl: nel complesso gli arretrati ammontano a circa settecento mila euro. I fondi destinati al servizio ci sono, ma restano fermi negli uffici della Regione.

Il centro Caritas gestito dall’Opera Don Guanella, nato su iniziativa della Curia nel2003, hagià annunciato lo stop non appena sarà stata trovata una sistemazione alternativa per gli ultimi cinque ospiti. Ai quattro operatori che vi lavoravano sono arrivate le lettere di licenziamento per il 25 ottobre. “Neppure il cardinale ci ha voluto dare ascolto, ci ha dato garanzie sulla continuità occupazionale e terapeutica dei pazienti e ora scopriamo di aver perso il lavoro”, dice Ives a nome dei colleghi, “Per noi si apre una situazione gravissima, ma per gli ospiti è un vero e proprio disastro, il lavoro di quasi un decennio vanificato all’improvviso”. La casa alloggio de “Il Millepiedi” a Casoria, in attività dal 2005, continuerà, invece, a occuparsi delle sei persone prese in carico, ma non potrà accettare nuovi ingressi. Per ora ha licenziato gli operatori e garantisce l’assistenza con il lavoro dei soli soci della cooperativa. Fino allo scorso anno ognuna delle due strutture poteva garantire ospitalità per dieci persone, provenienti da tutta la regione. Venti posti in tutto, insufficienti a far fronte al doppio delle richieste di accoglienza per casi segnalati dai Sert e dall’ospedale per malattie infettive Cotugno. Ma ora per i sieropositivi e i malati conclamati, non autosufficienti, senza assistenza familiare e con storie drammatiche alle spalle, c’è il rischio più che concreto di non avere più accesso ad alcuna forma di assistenza integrata. “Sarà inevitabile. Vantiamo spettanze arretrate per le ultime tre annualità. Siamo stati costretti ad esporci con le banche”, accusa Pasquale Calemme, coordinatore de Il Millepiedi, “Abbiamo dovuto licenziare, ma non ce la sentiamo di abbandonare i malati e tireremo avanti fino a quando sarà possibile. Come si fa a lasciare solo un uomo di settant'anni, ridotto dal virus all'immobilità e ripudiato da moglie e figli?”.

I malati presi in carico non hanno, in precedenza, mai avuto alcuna forma di assistenza. Molti di loro, oltre all’Aids, hanno problemi di  tossicodipendenza, psichiatrici, motori. In gergo si parla di doppia, tripla diagnosi, riconosciuta sulla carta che però non gli da diritto ad aumenti sulla retta giornaliera. Talvolta prima di entrare in casa alloggio non avevano mai avuto accesso alle medicine: "non sapevano neppure di aver diritto all'esenzione per i farmaci o alla pensione d'invalidità. Sono i più deboli, i più marginalizzati", spiega Calemme. Prima della crisi che ne mette in dubbio la sopravvivenza, la permanenza nelle case famiglia durava per un periodo compreso tra uno e due anni. Il tempo necessario a rimetterli in sesto, educarli ai diritti di cui dispongono in quanto malati di Aids, e se possibile avviarli verso percorsi lavorativi. Per ognuno di loro la retta giornaliera prevista è di 80 euro, necessari a mantenimento, cure e assistenza specialistica: "Nulla a confronto degli ottocento euro che costituiscono la spesa per malato negli ospedali con unità complesse - continua Calemme - e molto meno se paragonati ai 120 euro per la retta media in strutture analoghe nel resto d'Italia".

Tra gli ultimi ospiti delle due case alloggio ci sono uomini anziani, giovanissimi tossicodipendenti e persino due rifugiati politici, un iraniano e un etiope. Sono arrivati alle case famiglia, vestiti di stracci. Le loro condizioni attuali sono varie. Alcuni a causa delle infezioni hanno subito danni neurologici che ne limitano al minimo l'autosufficienza, altri si sono in parte ristabiliti. Nel centro Caritas c’è persino una bambina, figlia di una madre sieropositiva, che adeguatamente curata ha negativizzato il virus. Per casi come questi era prevista una terza struttura. Nel 2005 era stata prevista una casa alloggio a Secondigliano. Individuata la struttura non se n'è fatto più nulla e i locali che avrebbero dovuto ospitarla sono stati vandalizzati.

Il motivo del mancato pagamento appare oscuro. I soldi per il servizio, almeno sulla carta, ci sono. Provengono da un fondo Cipe, vincolato per l’Aids, trasferiti dallo Stato alla Regione. Tre milioni di euro all’anno per il triennio 2009 –2011, inparte destinato alle strutture ospedaliere in parte alle aziende sanitarie, che dovrebbero poi provvedere a liquidare le case alloggio. Non possono essere spesi per altro. Da cosa dipendono, dunque, i ritardi? In origine da un mix di fattori:  mancate rendicontazioni da parte dell’Asl, piano di rientro della spesa sanitaria e piano di stabilità. Di recente, però, una delibera dell’assessorato alla Sanità della Regione ha sbloccato il 75 per cento del fondo. Eppure alle Case famiglia gli arretrati ancora non arrivano. Così il loro destino, come quello degli ospiti, resta appeso a un filo.

L. R.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

agendo 2023 banner
Prenota la tua copia inviando una e-mail a comunicazione@gescosociale.it
tiSOStengo
unlibroperamico
selvanova natale 2020 banner
WCT banner
gesco 30 anni
napoliclick
Amicar banner 500

Archivio Napoli Città Sociale