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Lunedì 29 Aprile 2024




Al Sud oltre quattrocentomila minori vivono in condizioni di povertà assoluta

savethechildren“Un’emergenza di cui nessuno sembra accorgersi, simbolo di un Paese che non guarda più al futuro”, lancia l’allarme Rafaela Milano, responsabile di Save the Children per i progetti italiani. A Napoli associazioni, esperti, rappresentanti del mondo accademico si sono riuniti per promuovere interventi immediati: “Destinare subito i proventi delle sanzioni per abusivismo edilizio a progetti educativi per i bambini a rischio”.

Un tempo l’immagine dei bambini poveri era legata a quella dei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, oggi è una realtà molto più vicina. Anche se ancora sommersa. I dati sulla povertà minorile nel Mezzogiorno presentati nel corso della conferenza “Crescere al Sud” promossa da Save the Children e dalla Fondazione con il Sud, nell’ambito della manifestazione per i cinque anni della Fondazione, fotografano una realtà drammatica. I bambini e gli adolescenti che non hanno accesso a beni primari, quelli considerati essenziali per una vita dignitosa, sono 410mila, mentre su poco meno di due milioni di minori che vivono in condizioni di povertà relativa, 350 mila si concentrano nella sola Campania. E alla conta dell’emergenza mancano migliaia di bambini extracomunitari al seguito di genitori senza permesso di soggiorno, che sfuggono a qualsiasi forma di censimento. “Il livello di diseguaglianza nei diritti e nelle opportunità per i bambini che vivono nelle regioni meridionali ha raggiunto livelli intollerabili”, denuncia Claudio Tesauro, presidente di Save the Children, “ed è una situazione che si riflette poi sulla condizione lavorativa dei giovani. C’è da essere molto preoccupati se tre su 10 non hanno un’occupazione”. Crescere in Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna appare una vera e propria corsa ad ostacoli, a partire dall’asilo nido dove la frequenza è di 4 volte inferiore alla media nazionale. Alle superiori poi 3 ragazzi su dieci mancano l’appuntamento con il diploma. Grande assente in questo tragitto il tempo pieno, che servirebbe proprio a sottrarre gli alunni da situazioni ambientali complicate: al Nord le classi con lezioni pomeridiane sono il 46 per cento del totale, da noi appena l’otto. “Sembra proprio che si voglia ignorare il problema – attacca la dottoressa Milano – per creare centomila nuovi posti in asili nido, ad esempio, o strutture educative per l’infanzia basterebbe investire solo il 7 per cento dei 29 miliardi di euro dei fondi strutturali europei destinati all’Italia e non ancora impegnati”.

 

Quattro i gruppi di lavoro in cui si è articolata l’iniziativa: Lotta alla povertà, Cittadinanza e legalità, Comunità educante e Gioco, ambiente e salute. Nelle sale delle Catacombe di San Gennaro alla Sanità, vi hanno preso parte esperti, docenti universitari e alcune delle più importanti associazioni nazionali e internazionali che si occupano dei problemi dell’infanzia. Mentre in parallelo, con una modalità mutuata dalle conferenze tematiche della Nazioni Unite, sessanta ragazzi, tra i 12 e i 18 anni di Napoli, Palermo e della Locride, coordinati dall’associazione Civitas Soli di Locri, hanno costruito un loro spazio di riflessione sugli stessi temi per elaborare proposte da far confluire nel documento finale della Conferenza. “Non possiamo limitarci a denunciare”, dice Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con Il Sud, “occorre promuovere iniziative e interventi politici. Trovo singolare che si metta al centro del dibattito sullo Sviluppo il capitale umano e poi si sottovaluti o non si prenda affatto in considerazione un tema come questo”.

 

Primo obiettivo, dunque: porre l’attenzione sul fenomeno. I tagli del 85 per cento ai trasferimenti statali per le Politiche sociali (si è passati da oltre un miliardo annuo del 2008 ai 178 milioni attuali) sono il problema contro cui puntano il dito tutti gli interventi. Per invertire la rotta nel documento vengono avanzate una serie di proposte che facciano fronte nell’immediato all’emergenza e sul lungo periodo creino stabili infrastrutture “sociali” per i minori.  Tra queste: destinare i proventi delle sanzioni per abusivismo edilizio a interventi a favore dei minori; garantire continuità ai progetti per bambini e adolescenti imponendo che i programmi per i servizi e i relativi bandi abbiano una durata minima di tre anni; creare aree ad alta densità educativa nei comuni ad alta densità criminale. “I comuni ritenuti a rischio criminalità sono 610, in prevalenza nel Mezzogiorno, una situazione che riguarda quindi circa 13milioni di italiani – spiega la proposta la Milano – è qui che il ministero dell’Istruzione  deve prevedere interventi educativi forti, con progetti per l’aumento del tempo scuola, lo sviluppo e la formazione di una coscienza civile. Non c’è tempo da perdere. Non si può lasciare che gli unici interventi siano affidati al volontariato. Occuparsi dei diritti dell’infanzia non è un lusso che non ci si può permettere in tempo di crisi. Al contrario è una prospettiva fondamentale per affrontare seriamente la questione meridionale”. 

 

Luca Romano

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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