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venerdì 3 Maggio 2024




“Avevo una casa, tanto tempo fa”

Un camper e un ambulatorio in aiuto dei senza dimora

camper-mario-rimoliDa più di dieci anni la cooperativa Il Camper gestisce il servizio per senza dimora del Comune di Napoli. Sette operatori in strada per dieci ore al giorno, sei giorni su sette. E da tre anni un ambulatorio in un bene confiscato nei pressi della stazione per fornire assistenza medica e legale. “Distribuire cibo e coperte non è sufficiente”, spiegano, “Il nostro obiettivo è il reinserimento”.

Può sembrare un cumulo di rifiuti, e invece  tra gli stracci e le vecchie coperte ammassate sul marciapiede della galleria di via Acton emerge la testa di un uomo, occhi rossi come il fuoco.  I gas di scarico delle auto che passano a meno di dieci centimetri allo stesso tempo riscaldano e  intossicano.  Rosa gli chiede come sta e gli allunga latte e biscotti. Con lei sul camper ci sono Mario e Kitra, sono le sei ed il tour serale  tra i senza fissa dimora è appena cominciato. Si attraversa la strada e al Molosiglio c’è un’altra coppia di homeless. Li conoscono bene, da tempo hanno stabilito il loro riparo su quei giardinetti. Lui è maghrebino, un passato da eroinomane incallito che gli ha compromesso per sempre la salute, lei è un italiana, sembra anziana ma in realtà ha meno di quarant’anni.  “Avete fatto i controlli?”, dice Rosa, “La settimana prossima vi accompagniamo noi dal medico”.

Il giro  è fatto di soste continue. Sembra non esserci via o piazza senza  un clochard che le elegga a domicilio. “Dal nostro censimento sono più di mille in città, e la sensazione è che il numero stia crescendo”, dice Mario Rimoli che della cooperativa è il presidente, “ La crisi la vedi in tutta la sua drammaticità nelle storie di chi aveva una casa e un lavoro e poi di colpo si trova a dormire su un marciapiede”. Come ne caso di Marcus che vive in compagnia del suo cane sulla banchina del molo. E’ un volto nuovo per gli operatori: “Vengo da Colombo, ma sono a Napoli da vent’anni”, racconta nella sua lingua dopo aver scoperto che anche Kitra, l’operatrice, ha origini Srilankesi,  “Lavoravo in un albergo, poi sono stato licenziato. Quando? Tanto tempo fa”. In realtà da allora è passato meno di un anno, chiarisce poi. Ma la differenza tra la vita di oggi e quella di ieri dilata inesorabile il tempo.  Il camper riparte dopo che Rosa ha annotato tutta la vicenda  sul quaderno: “Chiederemo all’avvocato, potrebbero esserci gli estremi per il riconoscimento di cittadinanza”.  Saranno ancora molti gli incontri fino alle undici di sera. Tra questi Mammaluk, divenuta tristemente celebre dopo  un servizio televisivo che la mostrava in compagnia di topi con cui condivideva cibo e coperte: “Era bellissima, un amore andato male, la disperazione e poi la vita di strada. Per noi è un’amica, più volte le abbiamo offerto alternative, non ne vuole sapere”, dice Kitra.

In altri casi, invece, i percorsi di reinserimento hanno avuto successo. “E’ il nostro vero obiettivo. Coperte e cibo sono necessari, salvano la vita in molti casi. Ma noi cerchiamo di restituire loro una vita più dignitosa”, spiega Mario. Un primo passo è per alcuni l’attribuzione di una residenza convenzionale: “Risultando assenti al censimento per ovvie ragioni spariscono dall’anagrafe e perdono la possibilità, ad esempio, di vedersi riconosciuta una pensione”, dice Rosa, “Siamo riusciti a far ottenere cittadinanza a stranieri che ne avevano diritto, alcuni hanno ritrovato un lavoro, altri ancora con il riconoscimento di una pensione possono pagarsi la retta di una casa di riposo. Piccoli successi a fronte di emergenze continue, che però ci  spronano a migliorare sempre di più l’offerta di servizi”.

Da tre anni la cooperativa ha aperto in un bene confiscato a via Pavia, vicino alla stazione centrale, una sede. Dal lunedì al sabato dalle 10 alle 17 è aperto uno sportello di orientamento. Vi lavorano in quindici, tra operatori, medici e mediatori. Con una media di trenta contatti giornalieri. “Qui abbiamo uno sportello legale, un ambulatorio per la cura delle tossicodipendenze e dell’alcolismo, forniamo consulenza psicologica”, spiega Lorenzo che fa da guida nel locale. In un armadio ci sono centinaia di abiti e coperte, “Sono donazioni, per fortuna le riceviamo a ciclo continuo e le ridistribuiamo”. Intorno al camper e all’ambulatorio si è creta una importante esperienza di rete, di cui fanno parte associazioni, imprenditori, dottori, e semplici volontari. Travalica i confini cittadini,  a volte nazionali: con il supporto di associazioni che operano nei Paesi di origine alcuni homeless stranieri hanno potuto far ritorno dalle proprie famiglie.  “Se si vuole superare l’idea della semplice assistenza diventa indispensabile servirsi di conoscenze e competenze molteplici. Per fortuna tra chi si occupa di emarginati c’è spirito di collaborazione. ” – spiega Mario – “Chi fa questo lavoro deve farlo con umiltà, mai credere di avere la soluzione in tasca. Per essere veramente utili non si può mai smettere di imparare”.

Luca Romano

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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