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Domenica 5 Maggio 2024




Ripensare il lavoro sociale

 D'Angelo: il welfare non è una politica debole per i deboli.

ripensare-il-lavoro-socialeCapire che i problemi sociali non sono compartimenti stagni, ma hanno radici ben piantate nella nostra vita quotidiana: è questa l'unica regola da tener presente davanti al testo "Ripensare il Lavoro Sociale. Spunti e appunti per rileggere il lavoro professionale".

Una prescrizione semplice, eppure da sottolineare: l'hanno fatto tutti, al convegno di presentazione del volume che si è tenuto nell'Aula Magna del Corso di Laurea in Servizio Sociale dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Il moderatore Giovanni Attademo, il prof.Antonio Gaurino, presidente del Corso di Laurea; Gerarda Molinaro, presidente dell'Ordine degli assistenti Sociali della Campania; Franca Olivetti Manoukian, dello Studio APS Milano; Giacomo Di Gennaro, presidente del Corso di Laurea Magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali; Margherita Fusco, assistente sociale; Ornella Esposito, assistente sociale del Comune di Portici; Sergio D'Angelo, assessore al Welfare e Politiche per l'immigrazione del Comune di Napoli.

L'idea è che i servizi sociali debbano essere interpretati non solo come una tutela dei diritti della cittadinanza, ma anche a come operatori di crescita: per produrre questo cambiamento c'è necessità di conoscenza e azione reciproca: «Non parlo di una conoscenza diagnostica ma approssimativa: è quella che si costruisce nella relazione con l'utente, è quel tipo di operazione che va sotto il nome di cooprogettazione, è il "lavorare con" e non il "lavorare su"» spiega  Manoukian. La scrittura, in questo senso, è un esito significativo: «Un modo che abbiamo per dare voce ad un processo del tempo e ai problemi affrontati: li rendiamo riconoscibili e apprezzabili. Chi prende decisioni in ambiti, come l'economia, sarebbe, ad esempio, avvantaggiato dall'avere anche una visione sociale».

Durante i lavori, alcuni operatori del sociale, hanno approfittato per riportare l'attenzione sulla mancanza di fondi che interferisce con il lavoro e la progettualità degli interventi sul territorio. Non solo: la precarietà del settore va a toccare anche le vite di chi ha scelto di porre la propria professionalità a servizio di altri. "Noi non siamo dei volontari: siamo professionisti, siamo laureati, siamo lavoratori. Il lavoro sociale non può essere uno spot."

È il professor Di Gennaro il primo a rispondere, concentrandosi sulla necessaria legittimazione sociale del lavoro sociale: «Bisogna che il Comune si attivi per valutare attivamente quello che si fa, e lo legittimi».

L'assessore D'Angelo, cui erano affidate anche le conclusioni della giornata di studio ha sottolineato di condividere le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici del sociale e di sottoscriverle: «È complicato tirare le somme di una discussione che non termina qui e non è iniziata qui e non c'è gratificazione in questo tempo in cui l'economia va ad influire sulla politica: sono stupito da chi si sorprende di questa storia che fa parte del lavoro sociale dalle  origini, partendo da una presunzione sbagliata, ovvero che il lavoro sociale sia una politica debole per i deboli. Abbiamo immagazzinato l'idea che il bisogno di assistenza di un tossicodipendente, la richiesta d'aiuto di un povero, la necessità di accompagnamento e formazione di un  minore siano problemi del tossicodipendente, del povero e del minore, o al massimo delle loro famiglie, ma non della comunità».

Raffaella R. Ferré

Il libro:

"Ripensare il Lavoro Sociale. Spunti e appunti per rileggere il lavoro professionale" è un libro, edito da Gesco edizioni, a cura di Barbara Trupiano e Marianna Giordano. Raccoglie le riflessioni e gli approfondimenti elaborati nell'ambito del laboratorio con gli assistenti sociali dei servizi sociali territoriali del Comune di Napoli.

 

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