“I sogni non hanno sesso”. Il lancio del disco italiano si tinge di rosa con Daisy Osakue

OSAKUEIn un perenne punto di partenza, nell'attimo esatto in cui inizia a girare per dare al disco la forza necessaria per librarsi nell'aria, è cristallizzato da oltre quindici secoli il discobolo in bronzo che tante volte abbiamo visto fra i tesori del Museo Archeologico di Napoli. Nell'immaginario collettivo, attraverso gli anni, il gesto atletico, la posa mantenuta dai muscoli tesi è sempre stata incarnata da un corpo maschile, simbolo estremo di possenza e forza.

Fra le specialità dell'atletica leggera quella del lancio del disco, così come quello del peso, sono stati sempre considerati appannaggio dell'atletica maschile. Per le donne l'ingresso nel mondo degli sport olimpici ha dovuto attendere l'età moderna: solo nella seconda edizione, quella di Parigi 1900, infatti i Giochi Olimpici si sono aperti anche alle donne. Con grande disappunto del “padre delle Olimpiadi moderne”, Pierre de Coubertine, perché riteneva che “la partecipazione delle di atlete donne fosse un male per l'atleta di sesso maschile e che le sportive dovessero essere escluse dal programma olimpico”.

Da quelle prime manifestazioni, l'atletica femminile – così come accade in altre competizioni sportive - ha compiuto progressi notevoli, sia nei risultati che nella diffusione, equiparando la pratica maschile. In Italia, nazione in cui la supremazia del calcio nell'interesse maschile determina una minor partecipazione alla pratica di altri sport, i risultati migliori negli sport “alternativi” sono proprio quelli ottenuti dalle donne. Non è da escludere lo sport del “maschile” lancio del disco, specialità aperta al mondo femminile negli anni '30 e che vede da lì a pochi anni (nel 1948) il primo importante risultato italiano con la medaglia d'argento di Edera Cordiale. Ad oggi il primato italiano è detenuto da Agnese Maffeis che nel 1996  registra un lancio di 63metri e 66m, ma alle sue spalle fa capolino oggi una giovane promessa. Ventitré anni e mamma e papà nigeriani da cui ha ereditato la passione per lo sport, Daisy Oyemwenosa Osakue solo pochi mesi fa aveva registrato, alle spalle della sola Maffeis, il miglior lancio italiano di sempre con 61 metri e 35. Misura “ritoccata” a 61 metri e 69 in occasione di questa Unversiade di Napoli, in cui con il lancio che le è valso l'oro martedì 9 luglio allo Stadio San Paolo. Una  finale all'ultimo lancio: sembrava infatti che la  tedesca Vita Claudine avesse in tasca la vittoria fino a quando Daisy, con il quinto lancio (ognuna ne ha a disposizione sei), non ha assestato la stoccata che ha ribaltato la situazione. Purtroppo nota alla cronaca per un episodio di razzismo e bullismo risalente solo allo scorso anno (gli fu lanciato un uovo da un'auto in corsa che la raggiunse al volto) che per poco non le costava un occhio e la partecipazione agli europei di Berlino, la passione e la tenacia ha consentito all'atleta italiana di superare questa difficoltà, partecipare agli europei e quest'anno, nell'ambito del meeting Oliver Jackson Twilight Open 2019 ad Abilene in Texas,  segnare la seconda miglior prestazione italiana di sempre e di raggiungere la misura adesso superata, e comunque sufficiente a garantirle la partecipazione ai  mondiali di Doha che si terranno fra settembre e ottobre 2019. “Un'esperienza importante e un banco di prova per i prossimi mondiali” dice la Osakue, che ancora non riesce a credere alla vittoria “ adesso ho tre giorni di libertà. L'avete sentito tutti, vero? (scherza, con i giornalisti circa la promessa strappata all'allenatrice di 72 ore di riposo) Scherzi a parte, il mio sogno era stringere il tricolore, lo sto realizzando adesso. Mi sono buttata alle spalle il 2018 ( si riferisce all'incidente) e ho deciso di prendere in mano un nuovo anno con uno spirito diverso. Di non farmi abbattere, di utilizzare questa “rabbia” come energia positiva. Adesso mi aspetta Doha e devo rimanere concentrata”. Mentre parla Daisy piange, ride, urla, abbraccia tutti. La sua gioia è contagiosa, tutti intorno a lei sono commossi “Un pensiero va a tutte le ragazze che si avvicinano allo sport seguendo dei “canoni” prestabiliti. Non esistono sport da ragazzo e da ragazza, esiste solo un sogno e la voglia di realizzarlo. I sogni non hanno sesso. Guardami! A molte persone non sembro nemmeno italiana, pratico uno sport “da maschi” e non sono “grossa” come si pensa debbano essere le lanciatrici. Le cose possono cambiare, io oggi l'ho  dimostrato”.

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