La condivisione tra pubblico e privato sociale: ricetta vincente

Parla Michele Gargiulo, psichiatra del gruppo di imprese sociali Gesco

michele gargiuloL’integrazione tra pubblico e privato sociale risponde all’esigenza di una presa in carico totale delle persone, offrendo risposte sia sanitarie sia sociali, attraverso un lavoro d’èquipe multidisciplinare che mette in campo diverse figure e competenze professionali, tutte indispensabili.

In particolare, per come si è lavorato in questi ultimi 30 anni nel campo della salute mentale a Napoli, questo modello dovrebbe rappresentare un fiore all’occhiello della Regione Campania. Ne è fermamente convinto Michele Gargiulo, psichiatra del gruppo di imprese sociali Gesco e tra i principali protagonisti della stagione che seguì alla dismissione degli ospedali psichiatrici in città. Con lui ripercorriamo l’evoluzione di un rapporto, quello tra Asl e organizzazioni no profit, che non sempre è stato idilliaco, ma che ha sempre portato a un confronto e a una condivisione, ricetta vincente sulla salute mentale.

Quali risultati ha portato l’integrazione pubblico/privato sociale in questo settore?

Uno dei maggiori risultati è stato l’inserimento sociale e lavorativo delle persone con disagio psichico. Oggi molti statuti regionali impongono per legge che in una gara una quota parte di lavori venga affidata a coop di tipo B, cioè imprese i cui soci sono rappresentati da persone in condizioni di svantaggio; questa cosa nella nostra regione avviene da 30 anni e si è rivelata una scelta strategica col senno di poi. L’inclusione sociale dei sofferenti psichici, nella linea segnata ormai 40 anni fa da Basaglia con la chiusura dei manicomi, deve avvenire principalmente su sue fronti: lavoro e casa.

Cosa è stato fatto sull’inserimento lavorativo?

Grazie al contributo del privato sociale in questi anni, a Napoli è nata la prima cooperativa sociale di tipo B, L’Aquilone services, in cui le persone svantaggiate costituiscono il 70% della base sociale, e non è l’unica, c’è anche l’Aleph, entrambe del gruppo Gesco. Sono cooperative che hanno sempre lavorato, alcuni dipendenti oggi sono andati anche in pensione. Oggi L’Aquilone si occupa principalmente  di pulizie, ma in passato ha svolto anche servizio fornitura pasti e trasporto. I lavoratori sono inquadrati e hanno turni organizzati in base alla loro patologia. Ecco il valore di questa operazione: fare in modo che ogni percorso abbia un inizio, una fine, ma soprattutto uno sbocco. Avere un ruolo di socio lavoratore all’interno di una vera coop è anche terapeutico: non sei uno qualsiasi fra i tanti, ma sei un socio e quindi hai la possibilità di sognare e progettare  con altri il tuo futuro, dove magari il futuro neanche te lo immaginavi. Oltre alla costituzione di una cooperativa di inserimento lavorativo, abbiamo attivato nel corso di questi anni borse lavoro, progetti di formazione e avviamento al lavoro con un tempo limitato, che passano attraverso il recupero delle risorse della persona e possono portare anche a un vero e proprio inserimento lavorativo, con il riconoscimento da parte della famiglia e della società.

Quale accoglienza per le persone con problemi psichici?

Come Gesco co-gestiamo con la Asl Napoli 1 Centro le Strutture intermedie residenziali su tutto il territorio cittadino ma stiamo ragionando, pubblico e privato sociale insieme, su una loro trasformazione graduale verso un modello più comunitario e che sia più prossimo al territorio, capace di offrire risposte diversificate. Stesso discorso per i Centri diurni di riabilitazione che, secondo noi, come del resto prevede la legge 180 alla voce “prevenzione”, dovrebbero essere attraversati dai cittadini ed essere molto più conosciuti sul territorio per meglio rispondere ai nuovi bisogni, come quelli dei giovani, per cui si possa intervenire prima che certe situazioni diventino croniche o pericolose. Per aprire queste strutture al territorio, ad esempio, l’anno scorso ci siamo inventati “Cuboh”, incubatore di un pensiero di condivisione dei percorsi a diversi livelli, Asl, associazioni, parrocchie, scuole, Municipalità cittadine - nell’ottica di informare e sensibilizzare i cittadini, avvicinandoli ai servizi - che si è anche tradotto in un progetto artistico e in un evento musicale di piazza.

E cosa è stato fatto sul fronte dell’abitare?

Gesco, con i fondi del Comune di Napoli, assessorato alle Politiche sociali, e sollecitazione dell’Asl, ormai 8 anni fa, ha realizzato l’esperienza di un Gruppo-appartamento a Soccavo: una casa dedicata alle donne con problemi di salute mentale, con difficoltà economiche e senza famiglia. Il progetto è andato avanti per sei anni, dopo grandi difficoltà iniziali, come quella di trovare un condominio che superasse il pregiudizio legato alla malattia mentale, portando a grandi risultati in termini di autonomia e integrazione sociale delle persone coinvolte, che erano seguite dai nostri operatori costantemente, giorno e notte. Pensiamo che una di loro oggi ha addirittura un impiego. Peccato il progetto sia finito perché avremmo potuto dare questa opportunità ad altre persone.

Che altre esperienze innovative sulla salute mentale?

Oltre alle borse lavoro, nel 2016 e per un anno abbiamo gestito un servizio di assistenza domiciliare rivolto a persone con problemi psichiatrici in carico alle Uosm cittadine e promosso dal Dipartimento di Salute Mentale. Spiego meglio: nel caso di quelle persone che non arrivano direttamente ai servizi, ma si rinchiudono a casa e non vogliono più uscire, sono gli operatori che vanno ai loro domicili. Parliamo di operatori formati non ad offrire assistenza sanitaria, ma sociale, pronti anche a ricevere porte in faccia quando non duri rifiuti da parte di persone che spesso vivono in stato di abbandono, come dimostrano molti casi pesanti che abbiamo affrontato. Anche questo progetto è stato realizzato con fondi vincolati Cipe, sono stati 71 gli interventi domiciliari in un anno, ma bisognerebbe investire su questo fronte in maniera più capillare e strutturale. Risultato finale: l’utente si sente preso in carico, la famiglia non si sente sola e si lavora bene sul territorio, e se questo accade si riducono urgenze e Tso. Nella stessa direzione, sono stati organizzati i gruppi multifamiliari, che hanno visto la partecipazione di utenti, operatori, familiari, a incontri condotti da un responsabile pubblico insieme a un operatore del privato sociale.

Maria Nocerino