Plurale Femminile

I collettivi in lotta aperta per i servizi e i diritti

collettivi-e-coDegeneri, Pachamama, Donne dello Ska, sono alcuni dei collettivi di donne napoletane “alternative” che combattono la loro lotta al di fuori e spesso in aperto contrasto con istituzioni e partiti. Ogni collettivo ha una propria specificità, ma ciò che li unisce è la convinzione che il terreno di battaglia sia quello dei diritti e dei servizi.

Le Flat. La marcia del 25 novembre del 2007 per la giornata internazionale contro la violenza vide nelle strade di Roma il movimento delle donne unito nella volontà di “buttare giù dal palco” la Turco e la Melandri. Nascono le Flat: femministe e lesbiche ai tavoli.

“Quella è stata una delle ultime volte che il movimento era così coeso. Io donna, non avevo nulla da condividere con Livia Turco che ha creato i Cie, un luogo dove vengono commesse atroci violenze ai danni delle donne immigrate. Non sono le quote rosa a cambiare le cose. Parlare di “donne” non ha senso, ci sono tante donne e tanti modi di intendere la lotta per il cambiamento” spiega A. del centro sociale Ska di Napoli, attivista del collettivo femminile della “Sora Rossa” che si è sciolto e ora della “Mine Rosse”, neo nato collettivo nomade.

Il percorso delle Flat si è perso in questi anni mettendo in evidenza l’impossibilità di tenere uniti tanti gruppi di donne quanto storicamente numerosi sono i “femminismi”.

Non ci sono donne per “bene” e donne “non per bene”. Il 13 febbraio 2011 ha visto le strade di Napoli trasbordanti di donne e uomini “indignati” dall’immagine delle donne veicolata dal comportamento e dalle parole dall’ex premier.

La marcia ha evidenziato la demarcazione tra il movimento “Se non ora quando”, che sotto lo stesso cartello riuniva associazioni, partiti e donne singole prevalentemente di sinistra, e i collettivi che non condividevano la “strumentalizzazione delle donne” a fini politici e l’utilizzo degli stereotipi: “donna che accompagna i figli a scuola” e “donna escort”.

“Non ci sono donne “per bene” e “non per bene” - spiega Chiara delle Degeneri-, esiste la libertà sessuale e di gestire il proprio corpo, altra cosa è la violenza. Noi siamo scese in piazza insieme a sex workers e trans. Quello che ci interessa, non è come tratta le donne un singolo politico, ma come le politiche nazionali o regionali totalmente insufficienti si ripercuotono sulle donne. Penso ai consultori che chiudono, a quelli dove viene negata l’interruzione di gravidanza o ai pronto soccorsi che non prescrivono la pillola del giorno dopo. Penso alle insegnanti costrette a tornare a vivere con i genitori. Si parla di famiglia, ma le donne non possono sposarsi o diventare madri perché precarie. Poi ci sono i tagli alla spesa sociale di Comune e Regione che si ripercuotono sull’attribuzione di tutto il lavoro di cura sulle madri”.

I diritti delle donne a Napoli sono di tutti. “Siamo in una città in cui ci sono ancora forti forme di subordinazione e patriarcato, basti pensare alla pressione per fare firmare la lettera di dimissioni alle donne incinta. Eppure molti collettivi si sciolgono. Spesso è il fatto di dover fare più lavori per sopravvivere che non lascia il tempo per impegnarsi nella battaglia per ottenere i diritti. Insomma un cane che si morde la coda”- denuncia Eleonora dell’ex collettivo Pachamama di Insurgentia.

Donne campane sono le precarie senza futuro, le operatrici sociali con stipendi arretrati da mesi, le madri e le mogli di Pomigliano, le donne vulcaniche che lottano per strappare con i denti i pochi brandelli di terra non ancora avvelenata da discariche, le donne in nero che  si battono per la pace.

“Siamo sicure che se le donne potessero scegliere vorrebbero ancora dei fiori o che le istituzioni spendano i soldi in eventi?- conclude A.- La crisi ha svelato che non esiste la “famiglia del Mulino Bianco” perché dietro una donna che lavora c’è nascosta quella immigrata che fa la baby sitter o le pulizie a nero. Oggi la fascia del disagio economico si è allargata e anche una coppia che lavora non può permettersi aiuti, così come la maternità, anche la paternità viene negata. Oggi la battaglia delle donne è una battaglia che include i compagni, è una lotta per gli asili, i sostegni economici alle famiglie, ma anche a fianco degli operatori sociali che si occupano dei servizi di cura là dove prima c’era il lavoro non pagato delle donne”.

 

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