La festa della donna: le riflessioni di una scrittrice

Patrizia Rinaldi racconta di un processo culturale necessario ma non privo di difficoltà

patrizia-rinaldi“Il passato – dice - può apparire naif, ma il presente ha perso significato”. Patrizia Rinaldi vive a Napoli e da qui scrive e si occupa della formazione di ragazzi grazie a laboratori di lettura e scrittura, insieme ad Associazioni Onlus operanti nei quartieri cosiddetti "a rischio". Ha scritto molti romanzi e racconti, tra cui di “Blanca” (Dario Flaccovio Editore) e"Rock Sentimentale" (Edizioni EL). E’ tra le autrici della raccolta “Non è un paese per donne” (Mondadori)

“Del mio percorso ricordo l’atmosfera. Sono nata a marzo del 1960, nel 1978 frequentavo la facoltà di Filosofia. Avevo molte amiche impegnate e la cosa strana è che erano quasi tutte fuorisede, forse per questo più dirette. Partecipare, all’epoca era normale perché ci si incontrava e si discuteva, si esponevano le proprie idee e le si confrontavano con quelle degli altri. Farlo era un nodo cruciale e necessario, un percorso di crescita che veniva naturale”. Patrizia Rinaldi parla quasi con tenerezza di questo passato in cui  prendere parte a dibattiti, far sentire la propria voce, condividere le proprie idee ed impressioni era normalissimo: “A raccontarlo ora può sembrare naif. Invece, in quell’ambito universitario, tanto ricco e stimolante, riunirsi, parlare di politica, del ruolo della donna rientrava nelle nostre attività quotidiane”.

E oggi, cosa ci è successo? Per Patrizia, parlare di Festa della Donna, otto marzo, ha perso quasi significato: “Lo perde, ad esempio, quando al telegiornale sento parlare di delitto passionale dopo l’assassinio di una donna. Lo perde perché il processo culturale è venuto a mancare. Quando i libri erano pochi, bisognava cercarli, ma c’era forse più cura e attenzione alle parole. Oggi c’è un accumulo, un mostrarsi, e questa confusione non permette di avere una guida o di trovarla”.

“Sul corpo della donna noi, parlo della mia generazione, abbiamo fatto un grande errore - continua - . L’abbiamo coperto, nascosto, e non capivamo che in fondo negando di essere solo un corpo negavamo anche le differenze e le bellezze di quel corpo. Volevamo essere forti, e non abbiamo capito subito che essere dolci è una possibilità che non ci si può negare, non per principio”.

Possibile che non ci siano dei miglioramenti, rispetto a qualche anno fa? “Vedo un miglioramento nel dibattito, certo. Ma se il punto della questione femminile è liberare la donna dal bisogno, allora c’è ancora moltissimo da fare: l’indipendenza passa, ad esempio, dalla capacità di mantenersi economicamente, e siamo purtroppo lontani dal dare questa possibilità a chiunque”.

Rrf

© RIPRODUZIONE RISERVATA