Alqali, musica, danza e multiculturalità nei quartieri alti

"L'idea, inizialmente, era quella di un'associazione culturale che fosse attenta alle forme d'arte a 360 gradi: un posto dove conoscere e imparare e far esperienza. La danza era uno dei punti cardine perché io stesso danzo, poi sono venute anche la pittura, la fotografia, ma questo non bastava. Ci siamo accorti che la chiave di lettura giusta era la multiculturalità di queste arti, il modo in cui vengono declinate nel mondo". Valentina Cotini, presidentessa dell'Ass. Alqali, ne é certa: "Le forme di integrazione consentono di avere uno sguardo più aperto e consapevole. Io sono laureata in Antropologia, e i possibili intrecci del sapere mi affascinano ma vedo tutti i giorni che non sono la sola".

L'Alqali è oggi una piccola realtà dell'Arenella: qui, ci si rintana nelle serate invernali tra cuscini e specchietti assaggiando couscous; qui si assiste a letture di classici della cultura beat, a presentazioni di libri e rappresentazioni teatrali di Bukowski; qui si ascolta musica live, dai tributi a chansonnier beffardi e anticonformisti come Rino Gaetano a nuovi talenti come Marco Smorra fino alle melodie gitane e balcaniche del "Costel Lautaru Quartet", al jazz del Forlani Trio, e ancora. Tutto per operare, con decisione e in forma concreta sul territorio, diffondendo le espressioni artistiche e musicali dei paesi mediterranei. Letture di tarocchi e prove gratuite di tango argentino, lezioni di pilates, di danza del ventre e di burlesque e il tutto a prezzi politici, un contributo basso per sostenere le iniziative e nel contempo venire incontro alle esigenze di una città che chiede, in maniera sempre più chiara, un vero e proprio tuffo nell'arte come via principale per accedere alla cultura altra, diversa da noi eppure così vicina. L'Alqali ha ospitato iniziative legate alle popolazioni rom e arabe alternando sia laboratori che spettacoli e tutto questo lavorando in piccolo: "Quando siamo partiti, nel 2004, per me e Andrea Arcella è stato un po' difficile ma mano a mano ci rendiamo sempre più conto che la gente ha voglia di luoghi di svago e di integrazione". Ancora di più se questo avviene in un quartiere lontano dai classici luoghi di multiculturalità napoletana, oltre il centro storico: "Io e mio fratello Fabrizio siamo vomeresi e affezionati al quartiere e volevamo proprio che qui dove siamo cresciuti, tra pub e pizzerie, ci fosse lo spazio per far cultura in una maniera diversa. E devo dire che sento che ci stiamo riuscendo".

Raffaella Ferré

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