“La shoah non si trasformi in falsa coscienza”

Intervista a Moni Ovadia sul Giorno della Memoria

moni-ovadia-2Il musicista, scrittore e attore di origini ebraiche condanna violenze e discriminazioni di oggi: “I sommersi furono quelli ridotti in cenere, triturati. Chi sono i sommersi attuali?Li vediamo mentre mangiamo la nostra zuppa. Quattordicimila cosiddetti clandestini annegati a ridosso delle nostre coste grazie a una legge che ha trasformato la clandestinità in un reato”.

Parte dall’origine ebraica, il “vagabondaggio culturale” di Moni Ovadia, ricercatore, musicista e attore nato in Bulgaria nel 1946 e cresciuto in Italia.

E’ quel suo essere di tutti i luoghi e di nessun luogo, di tutti i tempi e di nessun tempo che mette in scena ogni volta, attraversando i secoli e i confini imposti dalle leggi, raccontando le “memorie” quale materia viva del presente e del futuro. Grazie al suo linguaggio umoristico e sagace fa riflettere il pubblico su eventi atroci, ma lascia sempre aperta la porta alla speranza e alla bellezza.

Perché oggi è importante ricordare i campi di sterminio?

“Il giorno della memoria è partita come idea molto buona, ma io ritengo che questo giorno stia diventando sempre più il giorno della falsa coscienza. Sempre di più la shoah viene strumentalizzata a fini molto poco nobili, si arriva addirittura a fare una sorta di industria della shoah.

Ci sono politici, secondo me farabutti, che si mettono lo zucchetto ebraico il 27 gennaio e vanno a visitare il lager di Auschwitz. Poi escono dal lager e dicono “mi sento israeliano”. Cosa vuol dire?Perché non dicono mi sento ebreo, mi sento rom o sinti, omosessuale, antifascista, menomato. I primi ad essere sterminati nei campi furono i disabili. Perché non dicono mi sento slavo?Tre milioni e mezzo sono stati sterminati dai nazisti. Perché vogliono solo accreditarsi, cogliere la foto opportunity. A fare i carini con gli ebrei e soprattutto con gli israeliani costa poco, anzi, si guadagnano punti. Questa è una cosa disgustosa. E’ come strumentalizzare le ceneri dei morti.

Faccio questa proposta da anni: che quello della memoria diventi il giorno delle memorie.

Bisogna cominciare con lo sterminio degli armeni, dobbiamo parlare dei campi della morte in Cambogia, dei tutsi, degli stermini etnici nella ex Jugoslavia mentre l’Europa stava a guardare, anzi, cercava di fare affari.

Se la memoria della shoah non si lega alla memoria di tutti gli stermini e di tutte le violenze allora diventa solo falsa coscienza”.

Dunque come rendere “viva” la memoria?

“Primo Levi, ha fornito la testimonianza più alta sulla shoah nel capolavoro “I sommersi e i salvati”. I sommersi furono quelli inghiottiti dalla violenza, imputriditi, ridotti in cenere, triturati. I salvati sono quelli come lui e gli altri superstiti. Noi oggi siamo dei salvati. E sa invece chi sono i sommersi?Li vediamo mentre mangiamo la nostra zuppa. Quattordicimila cosiddetti clandestini sono annegati a ridosso delle nostre coste grazie a una legge, degna dei nazisti, che ha trasformato la clandestinità in un reato. Sono stati rimandati ad essere torturati e massacrati, le donne violentate e uccise dal dittatore di cui si baciavano le mani prima di condannarlo perché il petrolio tornava comodo. Poi l’Europa sgancia quattrini per l’emergenza e qualcuno ci pappa sopra.

Nella così detta Terra Santa, i sacerdoti ultraortodossi poiché vorrebbero imporre una sharia contro lo stato laico cioè mettere le donne separate, misurare i centimetri di pelle scoperta, si sono vestiti da deportati. E’ una cosa ripugnante cui ho assistito. Invece di fare queste pagliacciate bisognerebbe occuparsi del destino del popolo palestinese”.

Spesso non sono state adottate politiche sociali e edilizie per rom e sinti perché considerati “nomadi”.

“E’ una menzogna, è una strumentalizzazione. I nomadi sono nomadi non per vocazione, ma per persecuzione. I miei amici, collaboratori musicisti rom rumeni sono sempre stati stanziali.

Quello che caratterizza la cultura rom lo ha riassunto un mio amico rumeno un giorno: “la mia vita finirà tra la mia gente, non in uno ospizio o con una badante”. Centrali sono la famiglia, l’essere insieme, l’essere umano. I rom vivono la vita nella sua immediata urgenza. E il virtuosismo della musica rom esprime proprio questa esplosione di vita”.

Perché, nonostante sia vivo il ricordo della shoah, l’odio razziale è ancora così forte?

“Nasce dal privilegio. Oggi i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Molti poveri cadono nella trappola psicopatologica del dare la colpa allo “straniero che ti rubail lavoro”. E così per chi ha il potere è facile scaricare la colpa su qualcun altro. E’ facile ma funziona sempre.  Funzionava  anche con gli italiani quando noi eravamo noi gli zingari e ci chiamavano “dingos” (cani) e venivano considerati “negri” perché avevamo la pelle scura. Quattro milioni e mezzo di clandestini su 30 milioni di emigranti. Negli Stati Uniti il più grande linciaggio dopo quello degli afro americani è stato quello degli italiani. Da privilegiati ci dimentichiamo che siamo stati i pezzenti della terra. Che memoria corta abbiamo!

Ci vuole un lungo  lavoro di educazione. Purtroppo si torna indietro, è un’illusione che i diritti vengano conquistati una volta per tutte. Il concetto di dignità deve essere struttura educativa ogni istante della nostra vita, altrimenti torneremo nel baratro”.

Alessandra del Giudice

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