Campo Rom di Scampia: vivere tra montagne di rifiuti

rifiutiNiente di nuovo sotto il cielo grigio di cemento e acciaio del campo Rom di Scampia. Al di sotto dei bassi cavalcavia della superstrada, tra casette di mattoni, baracche di legno e vecchie roulotte, più di ottocento persone continuano a vivere in un’enorme discarica di immondizia: rifiuti di ogni tipo sommergono la strada principale e le viuzze interne. Si accumulano da mesi, forse anni. A dirla tutta si ha l’impressione che non siano mai stati rimossi da quando, sul finire degli anni ottanta, nacque l’insediamento. Non ci pensa di certo l’Asia che pure da alcune settimane ha stabilito di fronte al campo il quartier generale dei suoi compattatori. Dall’enorme parcheggio, circondato da un alto muro e presidiato dalla vigilanza, i mezzi escono e si dirigono verso la città, indifferenti alle montagne di “monnezza” che si lasciano alle spalle e alle tante persone costrette a conviverci. “I nostri bambini giocano all’aperto, non possiamo tenerli sotto controllo, c’è chi è stato morso dai topi”, raccontano gli abitanti. Un disastro igienico sanitario, “qui ci si becca malattie come la scabbia. E’ un ambiente a dir poco malsano”, denunciano i volontari dell’associazione “Chi Rom e chi no” che qui lavorano da dieci anni.

I rifiuti vengono a scaricarli a camionate. Di notte raccontano. Centinaia di pneumatici, carcasse di automobili, polveri e cementi provenienti da cantieri edili, legname, plastica, indifferenziato. Uno smaltimento illegale cui a volte contribuiscono bruciandoli per pochi euro alcuni fra gli stessi Rom, che non ne fanno mistero. Ma quel combustibile serve anche ad alimentare tante stufette domestiche che riempiono il campo di un intenso odore acre. “Non abbiamo bagni, acqua, talvolta l’elettricità, figurarsi il riscaldamento”: qualcuno ha provato a regolarizzare le utenze, un proposito vanificato dalla mancanza di documenti e di un’attestazione di residenza. E così si va avanti con gli attacchi abusivi.

Dei permessi di soggiorno tanto agognati neppure l’ombra. Per ottenerli tre anni fa avevano aderito al censimento disposto dalla Prefettura e si erano lasciati prendere le impronte digitali, ma di quel pezzo di carta che gli consentirebbe di cercarsi un regolare contratto di lavoro neppure l’ombra. Anche chi si arrangiava come rigattiere, raccattando ferri vecchi, oggi rischia per questo di finire nei guai. La norma è giunta inesorabile a regolamentare anche questo lavoro e per poter ottenere i permessi servono i documenti. “Così per la legge noi neppure esistiamo: si fa l'elemosina ma è inevitabile che si debbano fare dei lavoretti fuori dalla legge per sopravvivere. Sono pochissimi gli adulti in questo campo a non aver avuto a che fare con i tribunali. Questo è il mondo in cui viviamo, ma non ce lo siamo scelti”, spiega Patraska battagliera, che però tiene a sottolineare, “Piccoli furti, non certo rapine. Non facciamo del male alle persone”. E ad esempio porta la sua storia: "Ho studiato da mediatrice culturale, mi sono rotta la testa sui libri di diritto, ma nessuno può assumermi". Si è messa in contatto con funzionari del Parlamento europeo, invia resoconti sulle condizioni del campo: "riuscirò a far sentire la nostra voce a Bruxelles. Ci arriverò", assicura.

Forse un sogno che suona però come una certezza. Ma per la maggior parte degli abitanti è il desiderio di una vita normale, aperta alle possibilità, a essere mortificato da più di vent’anni. I Rom qui sono alla terza generazione. I ragazzini si sentono napoletani a tutti gli effetti. Il rapporto con il quartiere è forte quanto quello con le radici serbe e macedoni dei nonni che si sono stabiliti qui ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia. sempre più frequenti i fidanzamenti con ragazzi e ragazze italiane . C'è anche un'italiana che per amore si è trasferita qui, con il consenso reciproco delle famiglie.Un risultato reso possibile attraverso il lavoro di tante associazioni impegnate da anni nel campo: Chi Rom e chi no..., Sant'Egidio, i Gesuiti, per citarne alcune, che hanno contribuito in modo decisivo all'apertura all'esterno, dopo anni difficili di dure incomprensioni. E' un allegria contagiosa quella dei bimbetti che al grido di "scola, scola" circondano l'auto di Enzo Somma di Sant'Egidio che viene a prenderseli per il doposcuola pomeridiano, come il sorriso dei ragazzini che apprendono della riapertura a gennaio dei laboratori di teatro per portare in scena l'ormai tradizionale "Arrevuoto". Sono un pugno nello stomaco, invece, le parole di uno di loro: “Vorrei che sui pezzi di carta con cui siamo identificati ci fosse scritto un indirizzo vero e non più via Campo Nomadi”.

Luca Romano


Diciamo no al Campo: le proposte dei rom allo studio del Comune

Per cominciare non vogliono che il loro futuro somigli a quello che vivono oggi i Rom del campo autorizzato di Secondigliano. Dicono no a prefabbricati e recinzioni. In generale chiedono che sia superata la logica stessa del campo. Gli oltre ottocento abitanti Rom dell’accampamento di via Cupa Perillo a Scampia hanno in mente altro. Vivono qui da oltre vent’anni, i loro figli sono napoletani a tutti gli effetti, di nomade resta solo il fatto di essere spesso indicati come tali. Per questo hanno avanzato una serie di proposte e correttivi agli interventi progettati dalla precedente amministrazione per il futuro dell’area e dei suoi abitanti. Vogliono essere riconosciuti come parte integrante del quartiere, non essere più relegati come ora in una sorta di terra di nessuno.

I fondi per la realizzazione delle opere edilizie ed urbanistiche a favore dei Rom provengono da finanziamenti europei. Il progetto non è toccato quindi dalla decisone del Consiglio di Stato che ha recentemente bocciato la legge sull’emergenza Rom e i trasferimenti di soldi agli enti locali per farne fronte.

Nel 2012 dovrebbero cominciare i lavori, termine ultimo per la realizzazione il 2013, ma può essere prorogato se eventuali ritardi fossero finalizzati a un intervento più efficace. Non c’è fretta dunque. E il Comune vuole prendersi tutto il tempo necessario per valutare le richieste dei Rom. Pochi giorni fa hanno ricevuto una bozza di progetto e i tecnici ne stanno valutando la fattibilità.

Il progetto presentato al Comune è stato realizzato attraverso mesi di confronto. Laboratori cui hanno preso parte rappresentanti della comunità Rom e referenti di associazioni che da anni lavorano a Cupa Perillo. In cima ai desiderata l’idea di una casa vera. Non container giustapposti come prevedeva il piano iniziale. Nei disegni presentati all’amministrazione grande importanza viene attribuita alla distribuzione delle aree condominiali: attività commerciali, luoghi di condivisione, spazi gioco per i bambini. Per farsi un’idea di come potrebbe essere il quartiere che immaginano basta farsi un giro nel campo, e visitare il cosiddetto campo rosa. Qui i primi abitanti, negli anni, si sono ritagliati nel degrado una piccola area verde tra le case, con una piazza e stradine ordinate.

Inoltre vorrebbero che nei cantieri fossero impiegati anche gli stessi Rom. Ancor prima degli interventi edilizi, però, si fa sempre più pressante la condizione igienico sanitaria del campo, sommerso da ogni tipo di rifiuti. E per questo chiedono con urgenza una bonifica ambientale.

I lavori, però, non sono neppure iniziati e già si presenta un problema: nel quartiere che verrà potranno essere realizzate case sufficienti per circa la metà degli attuali abitanti. E gli altri? Nel documento sono previste soluzioni ponte in attesa di ulteriori investimenti. Non ci saranno trasferimenti. L’attribuzione degli appartamenti sarà disposta sulla base di graduatorie che terranno conto delle condizioni di maggiore bisogno. “Succederà un casino, sarà difficile accordarsi su chi abbia situazioni più urgenti di altri. Gli esclusi non la prenderanno bene”, spiega una donna parlando a nome di chi nutre scetticismo sulla soluzione. “Siamo abbandonati da anni e adesso c’è la possibilità di ottenere risultati concreti“, rispondono i sostenitori del piano, “E’ solo un inizio, ma è pur sempre un inizio” .