Gabriele Anagni: “Non si dovrebbe avere paura di essere quello che si è”
Giovane, bello e con quel pizzico di mistero che lo rende ancora più affascinante. Gabriele Anagni, l’attore toscano che in Un Posto Al Sole interpreta Claudio Parenti, il ragazzo gay che sta con Sandro Ferri, in questi giorni è tornato prepotentemente sulla scena.
Ingaggiato dal padre di Serena Cirillo per sostituire un attore nel suo spettacolo, Claudio è spesso a Napoli per stare vicino al padre ammalato. Ma stranamente scopre una bellissima sintonia con “Serenella”.
Nelle ultime puntate, Claudio pare volerci stupire con effetti speciali… Addirittura potrebbe esserci qualcosa con Serena?
Non posso anticipare nulla, come sapete… Posso però dire che il mio personaggio si svilupperà sempre più e si conoscerà finalmente l’animo profondo di questo ragazzo.
Tu interpreti un ragazzo gay: ti sei preparato in qualche modo per affrontare questo ruolo?
Non ci si prepara ad essere gay, io ne conosco tantissimi, ce ne sono tanti in ambito artistico.
Secondo te, quali problemi deve affrontare un ragazzo oggi nel fare coming out?
Sono stati fatti passi avanti ma c’è ancora tanto da fare. L’Italia è ancora molto indietro, qui si devono fare ancora i Pride per farsi accettare e rivendicare diritti che sarebbero scontati altrove. Le difficoltà sono legate soprattutto, credo, a pregiudizi e stereotipi ancora molto radicati nella nostra cultura. Ci vorrà molto più tempo perché la cosa diventi “normale”.
Cosa consiglieresti a un tuo coetaneo che vuole fare outing?
Di farlo, oggi ci sono tutte le opportunità. Nessuno dovrebbe nascondersi o vergognarsi per quel che è: gay o no, non dovrebbe succedere. Quindi la prima cosa da fare è uscire allo scoperto, senza avere paura.
Credi nel potere “terapeutico”, in questo senso, del teatro?
Sì, credo che il teatro debba essere presente in tutti i licei. Tutti dovrebbero farlo, è l’unica cosa che ti mette in contatto con il tuo corpo. Questo è il motivo per cui nel campo artistico si trovano più omosessuali, è accettato di più. Come ha detto recentemente in un’intervista Elio Germano, il teatro è il mettersi nei panni dell’altro. Mettersi nei panni dell’altro significa capire le altre persone, non avere degli equivoci, tollerare l’altro.
Parliamo di teatro, che tu frequenti da sempre. Che cosa significa interpretare un attore sulla scena?
Non sono figlio di un attore ma sono nato e cresciuto in quell’ambiente. Interpretarlo sulla scena è divertente, perché è più vicino a te come personaggio. Anche se quando lo trasponi sullo schermo, c’è il filtro, non è mai come nella vita. In un certo senso, devi fare più lavoro e meno lavoro al tempo stesso, non puoi esser te stesso e basta.
Tu sei toscano, che rapporto hai con Napoli?
Non era mai esistito un rapporto prima, è cominciato con Un Posto al Sole, ma sinceramente non ci vivrei. In generale, non è che l’abbia mai vissuta tanto la città. Certamente è affascinante, ha una sua poesia, però, è un po’ caotica per i miei gusti, anche per il posto da cui provengo.
C’è una tematica sociale che ti piacerebbe fosse approfondita o un argomento che vorresti fosse affrontato dagli autori?
Le hanno affrontate un po’ tutte, di anno in anno. Forse solo il tema religioso non è stato tanto trattato, mentre in Italia è molto forte. Io non sono cattolico, ho una mia idea sulla Chiesa, questo potrebbe essere un tema nuovo, ma magari veniva affrontato prima che io entrassi nel cast.
Maria Nocerino
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