In Un Posto al Sole interpreta un personaggio che riesce sempre a tirare fuori il buono dalle situazioni: Ugo de Carolis, un ragazzo che, dopo la tragica perdita del padre e di una serie di privilegi legati alla sua condizione, deve farsi strada da solo nel difficile mondo del lavoro. Una caratteristica che Raffaele Imparato ha anche nella vita privata, lui che crede nella capacità del piccolo schermo e del teatro di arrivare alla gente con messaggi positivi, come quello di far comprendere che la diversità è una risorsa.
Da qualche giorno rivediamo Ugo nei panni di un giovane rampante avvocato che apre uno studio con il suo collega e amico Niko? Che difficoltà sta affrontando?
Ugo è un ragazzo che ha vissuto per 25 anni potendo contare su un grande appoggio materiale e affettivo, anche con certi privilegi, cose come una casa con maggiordomo, cose che in alcuni quartieri di Napoli se li sognano. Ora che non c’è più il padre, è solo sia sul piano pratico sia sul piano umano. Certo, ha l’amore di Cristina e ha la grande amicizia con Niko, a cui è legatissimo, al punto da voler condividere ora con lui anche l’avventura professionale. Per lui è un periodo complessivamente sereno: nonostante quello che ha vissuto, Ugo ha reagito bene, in maniera costruttiva, non facendosi fagocitare dalla rabbia. L’unica gatta da pelare riguarda il lavoro e le difficoltà legate a una serie di aspetti tecnici necessari ad avviare lo studio legale, che, come ogni attività che sta nascendo, deve farsi conoscere…Ma il messaggio che spero arrivi alla gente è che, in questa giungla di tutti contro tutti, di competizioni anche sleali, di fronte a questo deserto lavorativo, Ugo e Niko si mettono insieme perché credono nel potere dell’amicizia. Sono soci, soci nel senso più nobile del termine.
Intanto il problema del nome l’avete risolto…
Infatti, poiché il cognome de Carolis avrebbe creato problemi per lo studio, visto che il papà di Ugo era invischiato suo malgrado in una serie di attività illegali, Ugo e Niko decidono di chiamare lo studio prendendo a prestito il cognome del vecchio avvocato Navarra, sperando che questo possa attirare di più i clienti. Ma i due ragazzi sono fiduciosi: dopo i primi ostacoli, la situazione andrà a loro vantaggio.
Insomma, è un mondo difficile, soprattutto quando si parla di lavoro…
Assolutamente. Oltre alla mancanza di opportunità oggettive, io vedo questa spia, questo sospetto, questa ostilità tra i giovani, che Ugo e Niko, invece, non hanno: sanno, davanti a tutto questo e nella peggiore delle ipotesi, che alla fine ci si può compensare e confortare a vicenda.
Quali sono gli ostacoli maggiori oggi per un giovane che si affaccia al mercato del lavoro?
Il problema maggiore è che le competenze non sono sufficienti, molto spesso serve un contatto, un aggancio, non si riesce ad andare avanti da soli, per merito. Cinquanta anni fa ci si occupava facilmente con quelle stesse competenze e si diveniva persone tranquille sul proprio futuro. Oggi non ci si può proprio rilassare, un giovane deve arrangiarsi e fare mille cose precarie e non è detto che arrivi dove vuole e soprattutto merita. Se senti quello che sanno fare oggi i giovani, sempre più in gamba, sempre più preparati, e vedi quello che poi fanno per sopravvivere, ti cadono veramente le braccia.
Dall’ultima puntata si intuisce che, grazie allo zampino di Giulia Poggi, c’è un certo interesse nel riprendere in mano la causa di Denis Lamberti (Corrado Tedeschi), abbandonata dall’avvocato Enriquez (Rodolfo Corsato)…Sarà quella la carta vincente?
Forse, non posso anticipare nulla, ma diciamo che Denis, essendo l’ex direttore di un locale che era di proprietà del padre di Ugo, è una persona a lui vicina, l’ha visto crescere, quindi, oltre alla componente giurisdizionale, c’è anche quella affettiva.
Ora siamo nella prima fase, quella più giocosa e divertente, ma tra poco li vedremmo lavorare sodo …
C’è un argomento sociale che vorresti fosse approfondito?
Mi piacerebbe molto che si sviluppasse meglio il personaggio di Claudio, il compagno di Sandro, che è un attore teatrale, per affrontare la tematica del teatro come strumento per avvicinare le persone a questioni importanti, come la diversità, per nazionalità, religione, gusti sessuali. O far riscoprire il valore educativo del teatro come gioco, momento non solo ludico ma anche formativo.
Maria Nocerino
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