Interpreta il portiere più popolare di Italia, da sempre tra i personaggi più amati di Un Posto Al Sole, complice anche la sua vena comica, ma Patrizio Rispo ha alle spalle una carriera artistica lunga quasi 45 anni. Il suo debutto come attore avviene nel 1978, con un ruolo “Nel regno di Napoli” del tedesco Werner Schroeter, mentre l’anno dopo lo ritroviamo in “Ricomincio da tre” di Massimo Troisi, in cui è uno degli amici di Gaetano, che si chiama proprio Patrizio.
Oggi si considera fortunato, perché, in un momento davvero buio per il mondo dello spettacolo, produzioni di lunga serialità come Un Posto Al Sole resistono e lui è tutt’altro che stanco di interpretare Raffaele. “Posso fare la stessa scena in tre modi diversi, perché mi diverto ad improvvisare e metterci del mio” ci racconta l’attore napoletano, da sempre molto impegnato in ambito sociale. È stato, tra le altre cose, ambasciatore dell’Unicef e testimonial per la onlus CBM Italia, associazione che sostiene i bambini disabili nel mondo.
In questo momento Raffaele è soprattutto un papà, molto preso dai problemi dei suoi ragazzi…Anche lei li ha vissuti con i suoi figli?
I miei sono più piccoli, per il momento non mi stanno facendo agitare come i figli di Raffaele. C’è Viola, la figlia acquisita, che è lontana da casa e non si sa come va con suo marito, Diego che non trova pace sia dal punto di vista sentimentale che lavorativo e Patrizio che pure sta dando qualche preoccupazione perché vive un momento di grande travaglio. Ma, al di là di tutto, sono tutti giovani di gran cuore e Raffaele è sicuro del loro valore e della loro onestà. Credo che, in generale, questo non sia un momento facile per i genitori che sono alle prese con questi ragazzi annoiati, che stanno vivendo un periodo di vuoto, cui sono stati di fatto tolti due anni di vita, confronto, esperienze. Sono molto vicino in questo momento ai ragazzi.
Che stagione sta vivendo Patrizio?
Sono fortunato perché Un Posto Al Sole non si è mai fermato, è una manna dal cielo per noi ma risento del nervosismo di tutta la categoria. Come attori, stiamo cogliendo questa opportunità per unirci nella battaglia per il riconoscimento del registro degli attori, una legge che andrà sia a normare la figura giuridica dell’attore sia a tutelarne i diritti, in un momento in cui questa categoria, in particolare quella degli attori teatrali, è messa in ginocchio. Aspettiamo novità a breve perché se ne dovrebbe parlare nei luoghi deputati: se approvata, la legge cambierebbe completamente i parametri, che attualmente sono completamente inadeguati, per questa tipologia di lavoratori. Sono impegnato in prima persona su questo fronte, anche per l’osservatorio che posso avere come membro del Consiglio di Amministrazione del Teatro Mercadante, e noto con piacere come questa battaglia stia compattando molto la categoria.
Raffaele è volto storico di Un Posto Al sole, una colonna portante, un’istituzione. Dopo tanti anni di convivenza, è difficile stabilire dove finisca Patrizio e dove cominci Raffaele o i confini restano netti tra i due?
La lunga serialità ti dà l’opportunità di non raccontare episodi ma far crescere un personaggio giorno dopo giorno, è importante non sedersi, non adagiarsi, non dare per scontato ma giocare con le possibilità che ti dà un prodotto come Un Posto Al Sole. Io ci metto sempre il mio colore, non mi percepisco come passivo interprete della scrittura ma sempre in fase creativa. E poi si sa che l’incidente, la sorpresa, l’improvvisazione, l’azione adrenalinica, la vivacità, la spontaneità, danno il sale alla scena. Io riesco a fare una scena in tre modi diversi, questo è quello che rende diverte e non noioso fare questo lavoro.
Parliamo delle grandi passioni del suo personaggio: il calcio Napoli e la cucina. Le ha ereditate da lui o le ha trasmesse lei a Raffaele?
Patrizio ha trasmesso la passione per la cucina a Raffaele, mentre Raffaele ha trasmesso a Patrizio l’amore per il calcio, lui che è anche ex calciatore: io ho sempre amato farlo più che vederlo lo sport. La cucina è una altra fase creativa della mia vita, anche lì, un po’ come sulla scena, mi piace contaminare, cambiare, improvvisare, creare cose nuove.
In oltre 40 anni di carriera lei ha lavorato con tanti giganti ma c’è stato un incontro che le ha cambiato davvero la vita?
La verità è che ho sempre cercato un maestro ma non sono mai stato scelto da un maestro, ho sempre inseguito e ammirato i grandi capocomici, io mi sono sentito discepolo ma non ho trovato un riferimento. Ho lavorato con tanti registi importanti come Corbucci, Castri. Forse chi mi ha insegnato davvero molto di come fare questo mestiere è stata Valeria Moriconi, una iperagitata e ipercuriosa come me, con lei sono stato in compagnia per sei anni.
Dopo oltre 20 anni, con chi ha legato di più del set di Un Posto Al Sole?
Veramente con il gruppo storico abbiamo condiviso tutto, sempre insieme mattino, pomeriggio e sera, abbiamo partecipato alla messa in scena della versione italiana del format australiano. Ad esempio, nei giorni scorsi è stato il compleanno di Alberto Rossi e siamo andati a cena fuori con Germano Bellavia, Luisa Amatucci ed altri della “vecchia guardia”. Poi io sono legato ai miei “figli”, Ilenia Lazzarin, Francesco Vitiello, Lorenzo Sarcinelli, insieme a Marina Giulia Cavalli, la “mia” Ornella, perno fondamentale della famiglia, ma sono molto amico anche di Maurizio Aiello e Marzio Honorato.
Quale è l’argomento sociale a cui è più legato e perché?
Io sono da sempre impegnato nel sociale, sono stato ambasciatore Unicef e testimonial dell’associazione CBM che si occupa di disabilità, sono da sempre vicino all’ospedale Pausilipon e ai ragazzi del rione Sanità. Una delle cose che oggi mi gratificano di più è questo mio impegno sociale. Per quanto riguarda Un Posto Al Sole, ha il grande merito di raccontare il sociale anche attraverso alcuni luoghi, come il centro sociale che ci permette di amplificare delle campagne sociali, o il ruolo di medici e assistenti sociali, per cui possiamo spaziare. Credo che siano stati toccati un po’ tutti i temi in questi anni. Certo ci sono argomenti che è molto difficile trattare, penso allo scontro Israele-Palestina o allo stesso Covid, che alla fine, dopo una lunga discussione e non pochi dubbi, si è deciso di abbandonare non potendo raccontare il fuori in pandemia, raccontare solo il dentro sarebbe stato come fagocitare il problema. In più la gente è già martellata dalla informazione unica, con noi trova una mezzora di svago la sera. Ma manca la grande attrice che è Napoli.
Ecco, che rapporto ha con Napoli?
Soffro moltissimo, Napoli è stata ed è un grande focolaio di creatività. C’è una Napoli, borghese, colta, illuminata ma viene poco raccontata, fa più brand la Napoli aggressiva, disastrata. Per fortuna si sta facendo tanto anche in questo senso.
Altri progetti?
Il mio impegno al Mercadante nel CDA, ora abbiamo riaperto con una buona risposta del pubblico che, giustamente, aveva sete di cultura e rapporti umani, ci auguriamo di non fermarci più. Mi diverte molto lavorare con i giovani, ora devo partecipare a un videoclip con un duo di cantanti emergenti Fede e Marlen.
Maria Nocerino
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