Un Posto al Sole ricorda alle persone come è la normalità, quella normalità a cui, prima o poi, ritorneremo. C’è molta speranza nelle parole di Michelangelo Tommaso, alias Filippo Sartori, alle prese in questo momento con una storia al limite. Nelle puntate che stanno andando in onda, il personaggio di cui veste i panni da 19 stagioni, è stato infatti sequestrato dai pusher che erano sulle tracce di Leonardo (Erik Tonelli) a cui lui doveva dei soldi.
Nonostante tutte le malefatte subite, Filippo, d’accordo con la moglie (Miriam Candurro) con cui sembra definitivamente tornato il sereno, decide di aiutarlo ad uscire dalla droga. Ce ne parla mentre è nella sua casa romana in cui vive con la moglie, Samanta Piccinetti (collega di set di Palazzo Palladini) e le loro bambine, una di 5 anni, l’altra di 6 mesi.
Filippo si è messo nei guai per Leonardo. Dopo tutto quello che gli ha fatto (anche rispetto a Serena), lui lo sta aiutando anche questa volta. Lei cosa avrebbe fatto al suo posto?
Filippo decide di aiutare Leonardo, Michelangelo forse non lo avrebbe fatto. Ma ci sono mille sfumature da cogliere. In questa storyline ci sono due ingredienti indispensabili che descrivono la personalità del mio personaggio: il fortissimo senso di integrità morale di Filippo, che è di fondo un altruista e, quando una persona si trova in difficoltà, al di là di tutto quello che possa avergli fatto, decide di fare la cosa giusta. D’altro canto, c’è anche qualcosa che lo fa assomigliare al padre: un po’ come Roberto Ferri, ha una specie di delirio di onnipotenza, questa forma di megalomania e controllo su tutto. Solo che lui la incanala diversamente, combatte per creare armonie, sistemare le cose, risolvere i problemi del mondo, non mettendo al centro se stesso, come fa il padre, ma gli altri. Da questo punto di vista, sono complementari. Io ho, certamente, come lui, questa voglia di creare armonia ed equilibrio ma mi pongo molti più limiti. Non arrivo così in là.
A parte questo, ci sono aspetti caratteriali del suo personaggio in cui si identifica?
Dopo tanti anni in cui si vive in simbiosi con un personaggio, si finisce per mescolarsi e sovrapporsi, per cui ci sono vari aspetti che condivido con Filippo. Siamo entrambi mediatori. Io sono sicuramente più giocoso, più scherzoso di Filippo, lui si prende un po’ troppo sul serio.
Come sta vivendo questo momento di pandemia?
Ho accettato la situazione. Ci siamo adeguati in famiglia, siamo molto ligi e responsabili. Ci siamo rimboccati le maniche e stiamo affrontando questo momento di difficoltà generale. Abbiamo cercato, attraverso i social, di restare in contatto con il pubblico, in un certo senso, producendo intrattenimento, ad esempio con la sitcom, pensata per la tv ma diffusa in questo momento proprio per tirare un po’ su di morale i fans. Insomma, abbiamo fatto quello che io personalmente identifico come il dovere di noi artisti: raccontare storie per portare la gente lontano dalla realtà che vive quotidianamente in questo periodo così difficile.
Quindi, condivide la scelta della produzione di non contestualizzare le vicende di Palazzo Palladini ai tempi della pandemia?
Inizialmente non ne ero convinto, ma adesso condivido pienamente questa scelta, perché, se è vero che la mission di Un Posto al Sole è far identificare le persone nelle storie nel rispetto del principio di verosimiglianza, poteva essere un ulteriore elemento di turbamento far rivivere a chi ci segue certamente per svagarsi, quello che già vive tutti i giorni, nella realtà. In questo momento, le persone hanno bisogno di percepire altro, sperare che si possa tornare alla normalità e Un Posto al Sole ricorda una normalità possibile.
Come è girare ciak ai tempi del Covid?
Non facile, anzi. Non possiamo spostarci, dobbiamo rispettare il distanziamento e limitare al massimo i contatti umani, sacrificando, da copione, baci e abbracci. Saltano molti elementi “essenziali” nel racconto, siamo costretti a rapporti davvero fugaci e a stare in spazi ristretti. Faccio l’esempio del rapimento di Filippo e Leonardo che di fatto si consuma in un’unica stanza, in cui siamo fermi e immobili, senza possibilità di interagire. Detto questo, siamo fortunati, perché lavoriamo senza mascherine, in un certo senso, senza bavaglio, questo anche perchè siamo sotto stretto controllo. Io personalmente sto al 24esimo tampone. La produzione ha fatto un grande sforzo per mettere su una task force di questa portata perché si potesse continuare a girare in sicurezza.
Cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime puntate?
Il rapimento durerà ancora un po’, non posso dire altro. Tutto bene quel che finisce bene, diciamo così. La cosa bella è che si stanno intrecciando di nuovo tutte le storie: ci sarà un bell’intreccio, con Roberto Ferri e Franco Boschi. Con Serena le cose vanno bene. Aggiungo soltanto che ho già letto i prossimi copioni e vi posso assicurare che sarà un anno denso di storie e pieno di sorprese molto coinvolgenti! Stiamo ripartendo con grande grinta, c’è in generale una voglia di rinascita dopo un periodo davvero brutto.
Ora state nuovamente affrontando, attraverso la storia di Leonardo, il tema delle droghe. Ci sono altre tematiche sociali che vorrebbe portare in scena?
Qualcuno ha notato questo parallelismo rispetto al tema della droga, tra Un Posto al Sole la docufiction “SanPa”, che affrontano in questo stesso momento un problema di cui non si parla da un po’. In entrambi i casi, parliamo di prodotti già pensati e confezionati da molto tempo. Per puro caso, sono usciti in contemporanea. Questo per dire che siamo sempre sul pezzo, le trame sono sempre di grandissima attualità.
A parte questo, uno degli argomenti che mi piacerebbe fosse trattato è quello delle differenze legate alla religione e sarebbe importante riportare in scena un argomento di cui abbiamo già parlato ma non è mai abbastanza: quello dell’omofobia e del body shaming. Sentiamo ancora storie di tanti ragazzini che si uccidono perché vengono bullizzati in quanto diversi. Sono problemi che coinvolgono ancora tante persone, di cui è sempre bene riparlare.
Maria Nocerino
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