L’ultima volta che ho mangiato pizza a New York è stato una settimana fa e l’ho preparata con le mie mani: bianca con mozzarella vegana e carciofini. Squisita. Quando vengono i miei amici a casa, mi chiedono sempre di preparargliela. A volte la ordino, e dopo vari “assaggi”, ormai la mia pizza al taglio preferita, da mangiare a casa è quella di “Mama’s Too” nemmeno un’inflessione napoletana nel nome, ma tanto sapore partenopeo nella fetta, sempre ben cotta e davvero squisita.
A New York, insomma, trovare una buona pizza non è affatto difficile; dopo Napoli, dicono le cifre, questa è la città con la più alta offerta di un prodotto ottimo e cucinato nel pieno rispetto della tradizione, forno a legna incluso. Personalmente, amo anche la tipica “pie”, cioè quella pizza gigante come si vede nei film, che puoi comprare a fette per strada, come la più classica “pizza da passeggio”. Che nessuno pretende di paragonare a quelle nostrane e che ha variazioni famose come quella di Chicago, con il bordo ripieno di mozzarella.
La ragione principale per cui a New York, più che in altre città, tutto il cibo del mondo è presente con poche sofisticazioni e restando molto fedele all’originale, è perché qui, per fortuna, ci sono milioni di immigrati che costituiscono l’anima della città.
Quando ho partecipato alla trasmissione della Nove, Little Big Italy (https://it.dplay.com/nove/little-big-italy/), dunque, non avevo dubbi che sarebbe stata una gara combattuta e che la lista di pizzerie avrebbe potuto essere molto più lunga. Spesso si sceglie un locale nel proprio quartiere per evitare spostamenti che a volte richiedono anche un’ora e questo, sempre a conferma che, trovare una buona pizza a New York, è più facile che trovare un taxi nell’ora di punta in un giorno di pioggia.
Da un lato, sebbene raramente frequenti ristoranti italiani quando esco (mi piace provare altri tipi di cucina), la cosa mi ha riempito di orgoglio perché, peraltro, le tre pizzerie scelte, tutte con un’ottima qualità di prodotti, hanno mostrato delle belle storie umane e anche la complessità della città che è stata la mia casa prima di New York.
E rispetto assolutamente l’idea che se partecipi a un “gioco”, rispetti le regole e, soprattutto, il “verdetto” finale anche quando può essere diverso dal tuo. Questo significa che quella scelta sia la pizza più buona a New York? O la pizzeria più napoletana a New York? O che lo fossero quelle tre scelte? No di certo. Ci mancherebbe. Dovremmo sempre ricordare che c’è una variabile importante nella scelta delle cose che è il gusto personale. E poi dovremmo decidere se stiamo parlando di una cucina rigorosamente italiana o di una italiana ma aperta alla sperimentazione. E per me vanno bene entrambe. Ma per un popolo come il nostro che sembra voler condannare all’ergastolo chi osa ordinare un cappuccino dopo mangiato (cosa che io faccio da quando vivevo ancora in Italia) o chi si azzarda a dire che l’ananas sulla pizza ci sta bene (che a me non è dispiaciuta) é facile farsi tentare dall’idea che ci sia un tempio della purezza quando si tratta di ciò che mangiamo.
L’esperienza della trasmissione, per me, resta estremamente positiva perché fa conoscere a chi non vive qui, dei luoghi in cui si può mangiare “all’italiana” in maniera più o meno tradizionale e, soprattutto, lo fa divertendo gli spettatori.
A new York, però, soprattutto se siete di passaggio, ricordatevi di lasciarvi tentare da altri sapori, altrettanto squisiti e, a volte, anche di più. Mangiate sushi, o pad thai o ramen oppure fermatevi da Gray’s Papaya e mangiate gli hot dog più buoni in città, e di questo credetemi sulla parola. Senza nemmeno bisogno di una gara.
Angela Vitaliano