Anche la fertilità maschile ha subito una significativa riduzione. Secondo molti studi, la percentuale di milioni di spermatozoi per millilitro si sarebbe quasi dimezzata negli ultimi 50 anni. Per questo motivo circa il 35% dei casi di infertilità ha una causa maschile.
Oggi, nel mondo occidentale la conta spermatica media è 20 - 40 milioni al millilitro; è diminuita dell'1 - 2% all'anno rispetto ai valori ben maggiori riscontrati qualche decennio fa, tanto che i valori di riferimento normali per valutare lo spermiogramma stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono stati recentemente modificati: dal valore “normale” di 20 milioni di spermatozoi per ml si è scesi al valore normale di 15 milioni. Inoltre, sono ormai sempre più numerosi gli studi che dimostrano un declino della fertilità maschile correlata all’età. Un prima riduzione della qualità dello sperma inizia già dopo i 35 anni (ed è significativa dopo i 40 anni) ed è correlata spesso ad una maggiore incidenza di aborti spontanei, indipendentemente dall’età della donna. Gli studi più stringenti sono stati condotti sulle coppie infertili, ma anche le prime ricerche condotte sulla popolazione generale hanno dimostrato un aumento del tempo di attesa di una gravidanza nelle coppie in cui l’uomo ha più di 35 anni.
Ci sono cause di infertilità maschile che hanno una rilevanza strettamente medica come le infezioni, spesso asintomatiche negli uomini e quindi trascurate troppo a lungo, e tutte le patologie in grado di alterare la struttura e la funzione del testicolo o del pene. Il tumore al testicolo, in particolare, è sia un fattore di rischio in se stesso che in conseguenza del trattamento chemioterapico o radioterapico utilizzato (solo il 40% recupera la funzione riproduttiva).
D’altra parte l’infertilità maschile riconosce sicuramente una grossa componente sociale. Gli ultimi studi evidenziano che nel 60% dei casi sia causata dall’esposizione ad agenti inquinanti come le polveri sottili. Anche l’esposizione a fonti di calore o radiazioni mette a rischio la fertilità maschile, soprattutto per le professioni dove c’è maggior esposizione.
“Anche la geografia può condizionare la fertilità – aggiunge il Dr. Luca Gianaroli, Direttore Scientifico di S.I.S.Me.R. - Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione, con sede principale a Bologna - e non solo da un punto di vista di inquinamento. Ad esempio l’alta temperatura influisce negativamente, soprattutto nell’uomo, come accade nei Paesi Arabi. Per quanto riguarda l’Italia, invece, non ci sono aree geografiche più a rischio, ma emergono attività, stili di vita e professioni maggiormente interessati da queste problematiche. Tra i lavoratori più esposti ci sono per esempio i cuochi, spesso a contatto con fonti di calore, ma anche tutti quegli operai che lavorano presso le fonderie o quelli esposti a radiazioni”.
Il professor Luca Mencaglia, medico specialista in ginecologia e ostetricia e direttore dell’unità operativa complessa centro Pma dell’Asl Sud-Est Toscana, spiega: “Alcuni ambienti particolarmente sottoposti a inquinanti, come l’area di Pescia (Pistoia), dove sono presenti strutture che fanno uso di concimi e fertilizzanti, possono mettere a rischio la fertilità maschile. Qui è stato riscontrato che gli uomini hanno seri problemi legati alla fertilità”. Inoltre, secondo uno studio dell’Università di Copenaghen alcune sostanze chimiche contenute nelle creme solari potrebbero compromettere la fertilità maschile: le sostanze incriminate imitano il progesterone, che è l’ormone femminile, in grado di alterare la funzionalità spermatica. Se bere una birra al giorno è un toccasana per la fertilità maschile, gli uomini dovrebbero quindi fare attenzione a quali creme solari scelgono per proteggersi dai raggi ultravioletti. (AdG)