di Maria Nocerino
Spesso sono giovani e alla loro prima volta in carcere. I detenuti con diversi problemi di dipendenza che si trovano nel carcere di Poggioreale costituiscono circa il 30% della popolazione reclusa nella casa circondariale di Napoli e sono tra quelli più a rischio per tendenze all’autolesionismo perché più fragili.
Ma da circa due anni c’è IV Piano, un progetto all’avanguardia, di riabilitazione sociale realizzato grazie all’integrazione tra il servizio pubblico (Unità Operativa Complessa Dipendenze della Asl Napoli 1 Centro e Direzione di Poggioreale) e il privato sociale costituito dalla cooperativa Era del gruppo Gesco e dall’associazione Il Pioppo.
Ideato dalla psichiatra Marinella Scala, responsabile del centro diurno Palomar, IV Piano si trova al quarto piano del Padiglione Roma della Casa Circondariale di Poggioreale: qui vengono accolti detenuti prevalentemente tossicodipendenti insieme con persone affette da Hiv, sex offender e persone transessuali. Il Padiglione è anche la sede del SerD, il Servizio Dipendenze della Asl Napoli 1 Centro, che esiste da circa dieci anni. “Poggioreale è uno dei pochi modelli di grande carcere - spiega Marinella Scala – dove c’è un SerD esclusivamente dedicato. Normalmente si segue il criterio della territorialità, vale a dire che il SerD della zona di Poggioreale avrebbe dovuto occuparsi anche dei detenuti tossicodipendenti”.
Al SerD del carcere afferiscono circa 250 persone recluse con problemi di dipendenze. “Con il servizio pubblico – spiega ancora Marinella Scala – si riesce a offrire un livello di assistenza minimale, di tipo sanitario e tratta mentale, per la somministrazione del farmaco sostitutivo, i prelievi ematici, gli esami tossicologici. Ma non si riescono a garantire in senso pieno tutti quei diritti alla salute intesa come potenziamento e restituzione di dignità umana. IV Piano agisce proprio su questo fronte”.
Realizzato nei locali un tempo adibiti ad asilo nido per i figli delle donne detenute, il progetto nasce da una costola del centro diurno Palomar e da una riconversione delle ore della cooperativa Era dal Palomar al servizio di Poggioreale.
IV Piano offre a circa 100 persone detenute ogni settimana cinque laboratori di attività: bricolage, teatro, scrittura creativa, basket (due volte a settimana), percussioni. “Sono tutte attività caratteristiche del privato sociale – spiega Marinella Scala – noi non avremmo mai potuto chiedere al SerD di sviluppare questo tipo di operatività come non lo chiediamo nei servizi territoriali, non ce la farebbero. Altrettanto significativa è l’implementazione dei servizi di misure alternative che fanno pare dei Livelli Essenziali di Assistenza ma in generale vengono poco seguite. Qui, invece, grazie all’azione degli operatori del terzo settore vengono addirittura implementate”.
In due anni di attività i risultati del progetto IV Piano sono più che positivi, come spiega anche lo psicologo e psicoterapeuta familiare Armando Palumbo del gruppo Gesco, referente dell’Unità Operativa Complessa Dipendenze Asl Napoli 1 Centro per il progetto. “La frequenza settimanale di tanti laboratori all’interno del padiglione Roma ha costituito una piccola comunità – afferma Palumbo – e si è ridotto il numero delle punizioni per cattiva condotta. Inoltre sono stati stipulati protocolli di intesa con la Magistratura di Sorveglianza, per garantire percorsi efficaci per le misure alternative alla detenzione, e con il Giudice per le indagini preliminari (Gip) per una più stretta collaborazione finalizzata ad evitare atti autolesionisti o suicidi”.
Un progetto, dunque esemplare, che anche il nuovo direttore di Poggioreale, Maria Luisa Palma, subentrata da pochissimo ad Antonio Fullone, non solo conferma con forza ma intende il più possibile incoraggiare, insieme a tutte le buone prassi di integrazione sociale realizzate dal terzo settore all’interno della casa circondariale. “Non è pensabile – spiega il direttore, già responsabile del carcere di Benevento - che solo un attore possa prendersi la cura delle persone che vivono forme ulteriori di disagio, oltre alla privazione della libertà personale; la presa in carico deve avvenire in maniera allargata”. Una cura che significa anche non criminalizzare in continuazione ma dare opportunità e dire a queste persone che hanno del bello dentro, come ci racconta suor Lidia, un’esperienza di 40 anni a fianco dei più fragili tra le mura del carcere.
Da incentivare, secondo il neodirettore Palma, anche le misure alternative alla detenzione per questa particolare fetta di popolazione carceraria. Una popolazione che in carcere non dovrebbe proprio finirci, secondo il Garante dei Detenuti della Regione Campania, Samuele Ciambriello, convinto che vada fatto molto di più per restituire dignità a chi è già privato della libertà personale.