di Maria Nocerino
Una copertura pubblica del 5,5%, spazi gioco inesistenti o devastati, aree verdi abbandonate, strade e ristoranti inaccessibili: viaggio nella città 0-3 anni
Napoli è “a’ voce d’e’ criature”, come recita una popolare canzone di Pino Daniele. Ma nella città più giovane d’Europa, nei cui vicoli la voce dei bimbi ci fa sentire meno soli, come crescono i più piccoli? Quali opportunità ci sono per loro? E quali punti di riferimento per le loro famiglie? Napoli è davvero una città a misura di bambino e, ancora di più, a misura di genitore con figli piccoli? Cercheremo di rispondere a queste domande, attraverso un viaggio all’interno del mondo dei piccoli, dai nidi e gli altri servizi educativi e di cura destinati ai bambini fino ai tre anni, all’offerta di tempo libero e verde presenti in città, dove qualcosa pure si sta muovendo, negli ultimi anni.
A parlare saranno i dati, la fotografia reale dell’offerta educativa e i protagonisti diretti: gli operatori, gli esperti, i decisori istituzionali e soprattutto le mamme, che avrebbero molte idee per migliorare il futuro della città.
Il NIDO, UN SERVIZIO ANCORA PER POCHI
L’impegno del Comune: “Internalizzare gli asili nati con fondi PAC a ogni costo”
Negli ultimi anni, per bambini e famiglie di Napoli molte cose sono cambiate, e in positivo. Il numero dei nidi è cresciuto ed è destinato ad aumentare, grazie soprattutto ai finanziamenti che sono arrivati dall’Europa e che sono stati gestiti, in un modo o nell’altro, direttamente dalle Municipalità cittadine.
Napoli ha tutte le carte in regola per diventare una città a misura di bambino, ma si deve ancora lavorare sulle aree verdi e sulla cultura del nido non da intendere come luogo di custodia ma come spazio educativo. La città ci sta provando eccome, secondo l’assessore alla Scuola e all’Istruzione del Comune, Annamaria Palmieri, a cui abbiamo chiesto lo stato dell’arte dei servizi per la prima infanzia a Napoli e soprattutto cosa sarà dei nidi aperti con i fondi della Comunità europea.
La felicità di un bambino passa attraverso il suo diritto ad essere accolto in un ambiente pensato sulla base delle sue esigenze. Il nido è anzitutto questo, poi subentra la necessità di farne uno strumento di conciliazione per le famiglie. È l’elemento su cui fa riflettere Michele De Angelis, esperto di politiche per l’infanzia nonché presidente della cooperativa sociale Prisma che gestisce i principali servizi per la prima infanzia di Sorrento, fiore all’occhiello della Penisola.
A Napoli manca una regia unica dei servizi per la prima infanzia; di contro il massiccio ricorso alla scolarizzazione anticipata si configura come l’unica strategia per la cura dei figli. Lo sostiene la sociologa dell’università di Napoli Federico II Dora Gambardella, che ha curato il capitolo napoletano dell’ultima indagine comparata sullo stato dei nidi e degli altri servizi da 0 a 36 mesi in Italia (contenuto nel volume “Investire nel sociale. La difficile innovazione del welfare italiano” a cura di Ascoli, Ranci e Sgritta, pubblicato da edizioni Il Mulino nel 2015).
Il vicesindaco Del Giudice: “Manca una comunità educante”
Sullo sfondo dei servizi alla prima infanzia c’è anche la questione degli spazi pubblici verdi. Parchi, aree verdi attrezzate, e ancora di più giochi e giostre per i più piccoli a Napoli sono cosa rara. Di certo, non c’è un’aria verde ad ogni angolo di strada, come in altre città, e anche quello che c’è non gode di buona salute.
La difficile impresa dello stare insieme genitori e figli fuori casa
Nel contesto della città a misura di bambino rientrano anche gli spazi “baby friendly”. Non solo luoghi educativi, un bimbo piccolo ha soprattutto bisogno di giocare, avere a disposizione spazi dove poter sperimentare le sue abilità, la sua fantasia, socializzare con altri bambini, ancora di più in questo tempo di calo di nascite, in cui semmai è figlio unico e i nonni, se i genitori lavorano, sono l’unico riferimento forte.
Abbiamo deciso di chiudere questo nostro viaggio nella prima infanzia a Napoli, lasciando la parola alle mamme, di diversa provenienza e quartiere, perché fossero loro a raccontare le opportunità o i limiti della città. Per quasi tutte le donne intervistate, Napoli non è a misura di bambino, almeno nella fascia 0-3 anni; la situazione cambia se parliamo di bambini in età scolare.