“Via col Vento è un prodotto del suo tempo e raffigura alcuni dei pregiudizi etnici e razziali che, purtroppo, sono stati all'ordine del giorno nella società americana. Queste rappresentazioni razziste erano sbagliate allora e lo sono oggi. Abbiamo ritenuto che mantenere questo titolo senza una spiegazione e una denuncia di quelle rappresentazioni sarebbe irresponsabile”.
Con questa dichiarazione la piattaforma streaming HBO Max rimuove dal suo catalogo il famoso film del 1939 (titolo originale “Gone with the wind”), vincitore di ben otto premi Oscar, che racconta della storia d’amore fra Rossella O’Hara, interpretata da Vivien Leigh, e Rhett Butler, interpretato da Clark Gable, sullo sfondo di un’America del Sud tormentata dalla guerra di Secessione. La decisione, che ha come scopo principale quello di appoggiare i movimenti di protesta antirazzisti per la morte dell’afroamericano George Floyd, ha sollevato un polverone mondiale, raccogliendo dissenso soprattutto da parte dei cinefili, critici e operatori del settore che considerano tale decisione una inutile censura e un ingiusto torto nei confronti di quello che è considerato un autentico capolavoro cinematografico.
“Quella della HBO è stata una decisione conformista ma, nei fatti, priva di una reale utilità – dichiara Titta Fiore, giornalista e presidente della Film Commission della Regione Campania – i simboli vanno presi per quello che sono e inseriti nel loro contesto storico, anche perché possono, al contrario, insegnare a non commettere gli errori del passato. A chi verrebbe mai in mente che Via col Vento possa amplificare nello spettatore un sentimento razzista? È un film incentrato su una tormentata storia d’amore, ambientata in un periodo storico specifico. Racconta con verità e senza false ipocrisie uno spaccato importante della storia Americana”. Si associa al biasimo per tale decisione anche Mario Franco, regista e storico del cinema. “In Svizzera la Migros, la più grande catena di supermercati ha tolto dalla vendita i dolcetti “Moretti”. A Napoli allora dobbiamo ribattezzare le "testa di moro" come babà bruciacchiato con capigliatura riccioluta? Che facciamo? abbattiamo anche le statue dei Mori di Venezia, e bruciamo tutto Shakespeare, razzista e antisemita? E mandiamo al rogo quello schiavista di Robinson Crusoe. È ridicola ogni censura ed è grave che i dem americani si stiano facendo la campagna elettorale in questo modo. Cose curiose avvengono anche in Italia: tutte le nuove edizioni di classici della letteratura americana, a partire da Furore, hanno sostituito il termine negro con nero, senza capire che da noi i due aggettivi sostantivati sono equivalenti e non hanno il significato dispregiativo americano. Fino agli anni Settanta tutti i giornalisti Rai dicevano "negro" e non "nero", vedi le corrispondenze da "Nuova York" di Ruggero Orlando. Che facciamo, distruggiamo tutto l'archivio Rai? Tra “nigger” e “black” c'è una differenza che in italiano non c'è. Non dimentichiamo che Via col Vento è anche quel film che ha premiato Hattie McDaniel, la prima donna afroamericana a vincere l'Oscar come attrice non protagonista. Il più importante film della storia del cinema, “Nascita di una nazione” quello che ha inventato e regolamentato il linguaggio cinematografico, a partire dal montaggio, è indubbiamente un film sul razzismo. David W. Griffith può giustificare la sua adesione al KKK con le sue disgrazie familiari, ma come dimenticare la carica a cavallo, gli “arrivano i nostri” che sono gli incappucciati che vengono a salvare gli assediati dai negri?” commenta Franco.
La responsabilità del cinema nel forgiare i punti di riferimento e i valori etici nel pubblico rimane quindi un discorso complicato, che non può certamente esaurirsi o essere archiviato eliminando un titolo dall’offerta “on demand”. Soprattutto quando il tema “Crisi del Cinema” è al centro di dibattito particolarmente caldo come lo è in questo periodo di chiusura legata all’emergenza Coronavirus e di tentativi di riapertura, nella maggior parte dei casi miseramente falliti.
“Con la normativa vigente è chiaro che riaprire le sale cinematografiche è antieconomico – prosegue Titta Fiore – così come è evidente che il Cinema attraversa un periodo di crisi non solo legato alla pandemia da covd-19. Il Cinema ha bisogno di innovazione, di tenersi al passo con i tempi, non può essere considerato alternativo al “cinema in streaming”, a cui il pubblico può accedere semplicemente accendendo il televisore. Il pubblico deve tornare ad affollare le sale cinematografiche perché cosciente che quella esperienza è unica e non riproducibile in nessun altro luogo”.
Chiara Reale