Nella Napoli di notte insieme alla Comunità di Sant’Egidio
La fase 1 della quarantena è stata molto pesante per chi vive in strada: tutti i servizi di assistenza chiusi, nessun bar aperto, pochissimi passanti che lasciano una moneta. Tuttavia la fase 2 non si preannuncia migliore, soprattutto perché la chiusura delle attività lavorative sta lasciando intere famiglie senza casa. Benedetta Ferone, responsabile dei servizi per i senza dimora della Comunità di Sant’Egidio di Napoli (che ho accompagnato nel giro di distribuzione dei pasti serale), ci racconta le conseguenze della pandemia su chi vive in strada e per chi in strada ci sta finendo in questi giorni.
C’è Anna che dall’Africa è arrivata sotto i portici del Plebiscito, sembra essersi portata una zattera dietro, circondata come è di roba vecchia e sudicia, per arrivare qui ha fatto tappa a Torino “perdendo” per strada un figlio e il senno, non si capisce bene in quale ordine. Non si separa da una bambola anche essa dilaniata dalla vita e spesso accende un braciere a rischio dell’incolumità sua e del prossimo. C’è Marco, anche esso afflitto dall’accumulo compulsivo, che ha lasciato in un passato recente, una laurea e una famiglia forse troppo incombente. Ci sono tre amici dell’est Europa con i cani che, usciti da un film di Kusturica, si sono incastonati come pietre nella Galleria Umberto. Ci sono coppie di trentenni e coppie non abbastanza anziane per la pensione sociale. C’è chi giura di avere soldi e proprietà e di aver scelto di stare in strada per amore. C’è Gigi che è stato operato alla gola e non ha paura di morire. E ci sono tanti che un tetto bene o male ce l’hanno, ma i soldi per mangiare no. Così quando con Benedetta e altri cinque volontari arriviamo con i pasti caldi a piazza Trieste e Trento si crea una fila di persone che chiedono anche due o più pasti per se, per i parenti e per gli amici.
Incontrare queste storie di notte è compiere un viaggio tanto surreale quanto materica è l’atmosfera che le avvolge. Queste presenze brillano nella loro disgraziata bellezza nel deserto di una Napoli in cui la maggior parte delle mense sono chiuse e le poche aperte, come quella del Carmine (circa 700 pasti al giorno da asporto), hanno file lunghissime. A farmi da cicerone Benedetta Ferone, in Sant’Egidio da quando aveva 14 anni, che distribuisce parole, sorrisi e cioccolatini oltre ai pasti completi, preparati o assemblati con amore dal fitto gruppo della Sant’Egidio: primo, secondo o panino, frutta, acqua e un dolcino. Il suo arrivo è salutato con grandissimo affetto dagli amici di strada.
Sono circa 2000 i senza dimora a Napoli e provincia, 1500 i pasti distribuiti solo dalla Comunità di Sant’Egidio in questo periodo, circa 250 a sera, inoltre 2000 spese. Per la paura del contagio sono venuti meno la metà dei circa 60 gruppi della rete di solidarietà (di cui fa parte la Sant’Egidio) che in varie zone della città e della Provincia preparano i pasti per i senza dimora, al contrario è cresciuta la richiesta di cibo e di vere e proprie spese da parte di famiglie molto povere. Così la Sant’Egidio ha fatto fronte all’incremento dei bisogni con più turni e grazie al contributo di singoli e di imprenditori che stanno fornendo pasti caldi come Mimì alla Ferrovia, il Poggio delle Imprese Sociali Gesco, Concettina ai Tre Santi, Poppella, supermercati Piccolo, caffè Borbone e Rotary Club. Ma se c’è tanta solidarietà c’è anche l’insofferenza e la rabbia repressa, “la settimana scorsa- denuncia Ferone – una donna che viveva sotto la Galleria Umberto è stata ferita dal proprietario del bar a fianco che le ha spaccato una mazza di legno sulle gambe mentre la polizia che era vicina non è intervenuta. Siamo riusciti a trovare per lei una sistemazione protetta, ma al momento mancano i posti letto. L’unico luogo che attualmente offre alloggio è la Tenda, ma ha una lista d’attesa di 20, 30 giorni. Più che mai in dobbiamo vigilare sulle persone in strada: con la riapertura degli esercizi, potranno essere cacciati anche in modo brutale. Man mano che riprende l’accoglienza notturna bisognerà capire se ci sono posti disponibili e come indirizzare le persone”.
Spesso i senza dimora soffrono di gravi problemi psicologici o psichiatrici, come nel caso di Anna, la donna che vive sotto il porticato di Plebiscito. “Stiamo cercando di trovare una soluzione insieme al Camper, l’Unità di Strada del Comune di Napoli – spiega la responsabile della Sant’Egidio-, ma non è facile. Alla chiusura dei manicomi non è corrisposta l’apertura di strutture adeguate per sofferenti psichici, d’altra parte la strada, che è già una situazione pericolosissima soprattutto per le donne, è incompatibile con qualsiasi terapia medica. Sarebbe necessario trovare in modo urgente un posto in una casa di accoglienza protetta, come già è accaduto per un’anziana che viveva sotto la posta centrale che fortunatamente ora è al sicuro”.
Intanto le persone in strada sono in aumento esponenziale a causa degli sfratti: a Napoli il bacino del lavoro sommerso è profondo e chi non ha lavorato in questo periodo e non ha potuto pagare l’affitto è stato sfrattato o lo sarà a breve. Tantissimi che lavoravano a nero o in modo indipendente non hanno di che mangiare, infatti se la Sant’Egidio prima non aveva mai distribuito spese, adesso che le persone povere ne hanno bisogno ne raccoglie e distribuisce tantissime a settimana.
“Solo negli ultimi due giorni ho saputo di cinque stranieri– conclude Ferone -, tra i quali uno col Parkinson, sfrattati e finiti per strada e, visto che erano impiegati a nero, non possono neanche chiedere il contributo all’affitto, inoltre ho conosciuto una famiglia di italiani con un bambino che dorme in auto. Questa povertà profonda era latente, forse non evidente a tutti. Ora esploderà e sarà terribile”.
Alessandra del Giudice