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Martedì 1 Dicembre 2020




Vele di Scampia. Cosa risolviamo?

vele di scampiaDa intenzioni virtuose a riuscita fallimentare: al cospetto delle vele di Scampia si ha la sensazione che si concretizzi il motto “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Sorte sulla base di una legge promulgata nel 1962 per la costruzione di case popolari, il progetto originario firmato dall’architetto Franz Di Salvo è molto lontano da ciò che vediamo venir giù in questi giorni, a seguito della disposizione di abbattimento degli ultimi due edifici rimasti. Verde pubblico, aree pedonali, servizi fra cui presidi ospedalieri, aree gioco e centri commerciali avrebbero dovuto contornare gli spazi abitativi, creando delle isole felici che molto attingevano alla “Città del Sole” di Le Corbusier. Dei sette edifici eretti fra il 1962 e il 1975, cinque sono stati abbattuti fra 1993 e il 2005 proprio per le condizioni di degrado in cui versavano. E con  l’opera di demolizione degli ultimi due che, complice la fiction Gomorra, sono divenuti il simbolo estremo di degrado e illegalità, sarà sancita la loro totale sparizione. Eppure un insieme di palazzoni bianchi molto simili alle “famigerate” Vele si godono intonse il sole della Costa Azzurra a Villeneuve-Loubet, paese marittimo a pochi chilometri da Nizza. Quello che sembrerebbe un abuso edilizio è infatti oggi considerato un gioiello di architettura moderna: eretto agli inizi degli anni ’60 su un progetto di Andrè Minangoy, le quattro piramidi che compongono il complesso residenziale ospitano oltre 1500 abitazioni.

Cosa è andato storto quindi a Scampia? I fallimenti sono da individuare soprattutto nell’approssimazione con cui è stata interpretata l’idea originaria, non solo da un punto di vista concettuale ma anche strutturale. Il progetto originario fu infatti rispettato solo in parte: elementi trasparenti e leggeri che avrebbero dovuto conferire alle strutture una maggiore luminosità sono stati sostituite con materiali a basso costo e la parabola a vela fu trasformata ziggurat (quindi una struttura chiusa). Ma il vero colpo di grazia è stato la mancanza delle infrastrutture promesse e mai state create: le vele sono divenute ben presto una città dormitorio anziché un luogo in cui vivere.

Il “Grand Zero” che ne deriverà cancellerà un esempio di fallimento sociale e architettonico, ma non è automatico supporre la fattiva riabilitazione di Scampia nell’immaginario collettivo. Sono tante le associazioni che operano virtuosamente sul territorio: dalla Scugnizzeria di Rosario Esposito La Rossa al centro anti-violenza Dream Team – donne in rete, passando attraverso l’ormai consolidato Carnevale sociale del Gridas. Attività che sono nate e cresciute anche con le vele ancora in piedi e che non facevano notizia come i regolamenti di conti narrati in Gomorra.

Con il completamente dell’abbattimento delle vele di febbraio 2020 non finisce realmente  un’epoca se non si ha la reale intenzione di aprirne un’altra.

Chiara Reale

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Mercoledì, 26 Febbraio 2020
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