Una gravidanza che procede senza problemi, nessuna complicanza, nessuna nota di rilievo dai test di routine, tutto nella norma.
Ma Lorena, all’epoca 30 anni, quando dà alla luce il suo Samuel, affronta un parto difficilissimo. Il bimbo nasce con una grave sofferenza fetale e una ipotonia del tronco.
È subito chiaro che qualcosa non va e più il piccolo cresce, più sono evidenti i problemi: a nove mesi Samuel non regge la testolina e gira gli occhi, dopo un anno non dà segni di lallazione e, più avanti, non riesce ad esprimersi a parole, secondo le “normali” tappe di sviluppo di un bambino.
Ma solo oggi, oggi che Samuel ha 5 anni e dopo un calvario che ha visto la famiglia girare l’Italia in lungo e in largo senza mai arrendersi, finalmente la famiglia ha una diagnosi: Samuel ha una grave anomalia genetica detta NALCN, più che una malattia rara, quasi un caso unico. Indirizzati e consigliati male, i genitori, fanno il test genetico soltanto l’anno scorso e scoprono di essere i portatori sani di questa anomalia congenita, rarissima, di cui non si sa quasi nulla.
“Nel corso degli anni – spiega Lorena Bisogni, la mamma di Samuel, originaria di Macerata Campania (CE) – abbiamo fatto ogni possibile analisi, tac, risonanza, test del sudore, ma solo l’anno scorso ci hanno consigliato di fare il test genetico, che, incrociando i dati del nostro DNA, ha dato i suoi risultati dopo molti mesi. Abbiamo scoperto di essere noi genitori i portatori sani di questa sindrome genetica di cui si sa poco o nulla”. Da Caserta, dove abitano, Lorena e suo marito girano diversi ospedali, dal Santobono di Napoli arrivano al Bambin Gesù, dove Samuel viene inserito in un programma sperimentale ma, dopo un anno e mezzo, il bambino, non si sa bene perché, viene escluso “per mancanza dei requisiti”.
Samuel ha un ritardo cognitivo e psicomotorio, soffre di una encefalopatia epilettica farmacoresistente che lo porta ad avere crisi molto frequenti, crisi che i genitori e chi gli sta accanto nel tempo hanno imparato a gestire. La cosa che adesso preoccupa di più i familiari, accanto alle crisi epilettiche, è che dorme per quasi tutto il giorno e le sue funzioni vitali sono espletate, con molta fatica, nei pochi momenti in cui è sveglio. Per questo, il piccolo non va a scuola e ha dovuto interrompere la terapia. “Per i suoi bisogni, ha il pannolino e facciamo fatica ad alimentarlo perché dorme quasi sempre, per farlo bere utilizziamo l’acquagel”, spiega Lorena. “C’è stato un periodo in cui Samuel era sveglio e riuscivo a farlo mangiare. All’età di un anno e mezzo, ha anche detto qualche parolina – racconta la donna – ma subito dopo è stato ricoverato e, forse per il trauma subito, ha avuto una regressione”.
Per capire le ragioni delle sempre più frequenti crisi epilettiche e di questa strana sonnolenza, questi genitori coraggiosi approdano all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze (dove il primario è un esperto in epilessia), senza però riuscire, neanche in questo caso, a venire a capo del problema. “Per il momento, stiamo usando un farmaco per la narcolessia, il cortisone e vari farmaci per mantenerlo attivo. Ora siamo in attesa di una chiamata dal Bambin Gesù perché dovrebbe essere ripreso in cura”.
Lorena racconta anche che l’unica volta che ha visto davvero bene il figlio è stata quando gli ha somministrato, di sua spontanea volontà - dopo avere fatto delle ricerche on line e dopo avere consultato un neurologo per essere certa che non avrebbe avuto conseguenze naturalmente - un farmaco a basa di cannabinoidi, che si era dimostrato efficace in alcuni casi simili. “Per tre mesi, le crisi erano meno frequenti, gli improvvisi spegnimenti erano diminuiti, ma poi abbiamo dovuto interrompere, in assenza di indicazioni su un dosaggio preciso”, spiega la donna.
Non mancano conseguenze sulla vita non solo quotidiana ma anche sociale della famiglia.
“Praticamente stiamo tutto il tempo in casa – racconta la madre di Samuel – Io riesco a distrarmi grazie al mio lavoro che comunque è part-time, sono fortunata a lavorare in una azienda che mi permette grande flessibilità. Purtroppo mio figlio non è stato vaccinato per quello che ha, io sono per le vaccinazioni ma con queste crisi epilettiche, dobbiamo stare attenti a qualsiasi cosa. Io e mio marito ci supportiamo a vicenda e possiamo contare su una famiglia molto unita”. Il piccolo è circondato dall’affetto dei nonni.
Per fortuna, i farmaci sono passati dall’Asl, dal momento che Samuel soffre di una patologia conclamata e riconosciuta. Ma ci sarebbero costi elevati, laddove ci fossero da affrontare viaggi e spostamenti alla ricerca di una cura. Si pensi che di casi come quello di Samuel ce ne sono solo venti al mondo, ma la sua anomalia si presenta con caratteristiche del tutto differenti dalle altre, ciò lo rende di fatto un caso unico.
“L’aiuto che chiediamo – precisano i genitori di Samuel, entrambi trentacinquenni – non è di tipo economico. Ora chiediamo di diffondere il più possibile la nostra pagina Facebook perché finisca nelle mani di medici che abbiano interesse a studiare il caso di Samuel e di altri genitori che si trovano a vivere una situazione come la nostra, magari possano riconoscere gli stessi sintomi e finalmente capire di cosa soffrono i loro piccoli. Dobbiamo fare rete”.
Insomma, serve fare rumore e la rete in questo può aiutare. “Più persone ci conoscono attraverso la circolazione di notizie, più casi vengono alla luce, più aumentano le possibilità di avviare una ricerca. Questa è la nostra speranza, e che dalla ricerca possa essere trovata una cura”.
Ecco l’appello sulla pagina Facebook
Maria Nocerino