Intervista a Pietro Ioia, nuovo Garante dei detenuti
Ha denunciato la Cella Zero del carcere di Poggioreale ed altre violenze perpetrate all’interno delle mura delle case circondariali, facendosi portavoce dei diritti dei reclusi e delle loro famiglie, avendo lui vissuto sulla propria pelle lo stigma dell’ex detenuto cui venivano sbattute le porte in faccia.
Pietro Ioia era lo spacciatore di riferimento di Forcella, per la sua pena ha scontato 22 anni di carcere e, successivamente, ha fondato l’associazione Ex D.O.N Detenuti Organizzati Napoletani, che oggi presiede: ieri è stato nominato Garante dei detenuti dal sindaco Luigi De Magistris. Ioia, 60 anni, da 15 è impegnato nel reinserimento sociale e lavorativo dei giovani che escono dal carcere, troppo spesso marchiati e costretti, dalla stessa società che dovrebbe rieducarli, a ritornare a delinquere. In questa intervista, ci racconta come la sua esperienza di vita sia stata la molla per un cambiamento di rotta che dovrebbe portare la società a vedere diversamente chi sbaglia e paga. Dalla sua storia è stato anche tratto uno spettacolo teatrale ispirato al suo libro “La Cella Zero”.
Come nasce l’esperienza dell’associazione Ex Detenuti Organizzati?
Nasce dalla mia esperienza di vita. Io ho scontato 22 anni di carcere e, una volta uscito, ho provato a cercare lavoro. Sono andato a Modena ma ho avuto solo porte sbattute in faccia perché quando venivano a sapere che ero stato in carcere, mi rifiutavano il lavoro. Così ho capito che bisognava far qualcosa, tornato a Napoli, ho fondato l’associazione che oggi presiedo e che è diventata una sorta di punto di riferimento per i detenuti e per le loro famiglie. Ci troviamo a Gianturco, offriamo supporto ai giovani ex detenuti e ai ragazzi a rischio che vogliono trovare un lavoro, stabilendo contatti, ad esempio, con le pizzerie e i ristoranti.
Come risponde la società civile?
Purtroppo non bene, la maggior parte delle realtà che contattiamo non riesce a capire. C’è ancora molto da fare contro lo stigma. Bisogna dire all’opinione pubblica che i ragazzi a rischio dei quartieri e anche chi esce dal carcere deve essere aiutato a reinserirsi, non deve essere marchiato dalla società, altrimenti c’è il rischio che ci rimetta piede presto.
Nella sua esperienza il carcere ha avuto un valore rieducativo?
No, assolutamente, io mi sono rieducato da solo, la mia esperienza personale è stata la molla che mi ha spinto a cambiare vita e a fare qualcosa per gli altri. Quando una persona entra in carcere deve essere trattata come persona, con una sua dignità, come prevede la Costituzione. Il problema è che le carceri attualmente sono vere e proprie scuole di criminalità e, senza rieducazione e reinserimento, producono solo altri criminali.
Lei è stato l’unico ex detenuto in Italia a fare visite ispettive in carcere…Cosa ha visto?
Ho trovato carceri sovraffollate, dove venivano chiaramente violati diritti fondamentali, ho fatto varie denunce, la più importante è stata quella della Cella Zero a Poggioreale, grazie alla quale oltre venti persone sono indagate dalla Procura, tra cui decine di guardie penitenziarie e anche medici.
Lei è anche attore di cinema e teatro. Ha avuto un ruolo ne “La paranza dei bambini”. Secondo lei che effetto hanno film del genere?
Sì, sono attore anche se mi definisco sempre attivista. Al cinema, ho interpretato Alvaro, uno spacciatore del rione Sanità che alla fine viene ucciso. Il film, secondo me, ha avuto un buon effetto, il messaggio che passa è che i giovani di adesso vogliono tutto e subito e, prendendo questa strada, fanno una brutta fine.
Guarda l’intervista a Pietro Ioia
Maria Nocerino