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Martedì 4 Ottobre 2022




Violenza di genere, la prima ancora di salvezza è in pronto soccorso

Panchina rossaIl 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Una giornata che deve far riflettere, perché in Italia (e la Campania non fa certo eccezione) di donne che vengono picchiate, vessate e purtroppo anche uccise, ce ne sono moltissime. Abbiamo voluto fare un giro nei pronto soccorso cittadini per capire, ma soprattutto per raccontarvi, quali siano a Napoli le ancore di salvezza per quante sono vittime di violenza fisica o psicologica.

Da un paio d’anni le linee guida del ministero della Salute hanno portato all’istituzione dei cosiddetti “percorsi rosa”, creati nei pronto soccorso per gestire al meglio queste situazioni di grande difficoltà. Uno dei percorsi rosa più recenti è quello del Cto, affidato alla responsabilità del primario Mario Guarino e legato al lavoro appassionato di due donne medico: Graziella Castellano e Claudia Sara Cimmino. Evocativo il nome che l’Azienda ospedaliera dei Colli (della quale il Cto fa parte) ha scelto per il percorso rosa, si chiama “Femmena ‘e mare”, omaggio evidente alla sirena Partenope.

Ma come funziona? Ad accogliere le donne sono gli infermieri del triage, formati proprio per identificare i campanelli d’allarme che possono svelare una violenza di genere e per entrare rapidamente in empatia con la vittima di questa violenza.

«Alle donne in difficoltà - spiega Guarino - viene sempre assegnato un codice giallo o rosso. Con l’entrata in vigore dei nuovi codici di priorità sarà un codice 4 o superiore. Il nostro scopo è quello di mettere subito al sicuro la donna e farla sentire protetta».

Ecco perché quando si attiva il “codice rosa” la donna entra immediatamente in un percorso blindato, viene accompagnata in una stanza riservata e accogliente dove ha la possibilità di raccontare il proprio vissuto. Chiaramente i medici e gli infermieri si preoccupano di portare a termine tutte le analisi cliniche necessarie ma, in aggiunta a quest’attività, la donna vittima di violenza riceve anche un referto psicologico. Un documento che potrà essere utilizzato dal giudice nel corso di un processo penale per commisurare la sentenza. La squadra del Cto si arricchirà presto con un team di psicologi propri, intanto - quando necessario - si sfrutta la stretta collaborazione con il centro antiviolenza Dafne, ospitato al Cardarelli. 

È importante ricordare che il personale dei percorsi rosa effettua anche una valutazione del rischio femminicidio, e in caso di rischio alto la donna viene dimessa solo in condizioni di sicurezza. Quanto ai numeri di questa straordinaria attività, quelli del Cto sono di 55 donne accolte in un anno e mezzo. Tutte vittime di violenza psicologica alla quale (nel 60% dei casi) si è affiancata violenza fisica o  violenza economica (nel 30% dei casi).

Restando sui numeri, anche il Centro Dafne (come accennato, ospitato al Cardarelli) ha molto da dire. Nel 2016 il Centro ha accolto 70 donne, nel 2017 il numero è salito a 113, nel 2018 si è arrivati a 141 e il dato del 2019 è in linea con questo trend. «Per la maggior parte - spiega Elvira Reale, responsabile del Centro - si tratta di donne tra i 35 e i 44 anni, quasi tutte (il 79%) con figli. Molte anche con un discreto livello di istruzione (37% con un diploma e 22% con la laurea) e con un lavoro (nel 40% dei casi)». Reale ribadisce poi l’importanza del referto psicologico che «amplia l’osservazione medica. Guarda allo stato psichico della paziente, l’attuale stato della relazione con il partner e le determinazioni future della donna. Tiene conto dell’episodio per cui la donna si è fatta refertare (valutazione del tipo di violenza patita, in genere ultima di una lunga serie) e altri episodi presenti in anamnesi con particolare riferimento all’ultimo anno (presenza o meno di escalation ed indicazioni delle tipologie di violenza subite). Il referto - continua - tiene conto della presenza di minori (violenza assistita) e offre una valutazione del rischio secondo più indicatori codificati dalla ricerca internazionale». Anche il Centro Dafne nasce sulla scorta del lavoro strepitoso fatto a monte dal pronto soccorso del Cardarelli, che vede nella coordinatrice infermieristica Flora Verde un punto di riferimento imprescindibile. Basti pensare che le donne per le quali in pronto soccorso è stato attivato il percorso rosa sono state 172 nel 2017 e addirittura 267 nel 2018.

Altri due percorsi attivi a Napoli, dove tutte le donne vittime di violenza di genere possono trovare aiuto concreto, sono quelli dell’Ospedale Loreto Mare (collegato allo sportello antiviolenza affidato alla responsabilità della dottoressa Sara Bozzaotra) e quello dell’Ospedale San Paolo (dove lo sportello antiviolenza è sotto la responsabilità della dottoressa Maria Grazia Vinti). Come sempre, i percorsi rosa sono ideati per fornire alle donne un soccorso immediato nell’ambito di una “corsia” protetta. Gli sportelli sono invece attivi di solito due o tre giorni a settimana e permettono di ottenere anche il referto psicologico. Al Loreto Mare, ad esempio, lo sportello antiviolenza è attivo il lunedì e il mercoledì mattina dalle 9.00 alle 13.00. All’Ospedale San Paolo al momento la giornata deputata a questa attività è il martedì mattina, anche se poi nei fatti Maria Grazia Vinti è quasi sempre presente in ospedale e non di rado riesce a dedicarsi ai casi che le vengono sottoposti con la massima urgenza. «La violenza di genere  - dice con amarezza - è purtroppo diventata una delle attività preponderanti». Al San Paolo l’attenzione su questo tema c’è sin dal 2009, è stato il primo ospedale di Napoli ad attivare quello che allora era solo un progetto pilota.

Il 28 novembre la direzione generale dell’ASL ha scelto di realizzare un evento per inaugurare la panchina rossa, una buona occasione per lanciare un messaggio forte, alle donne perché si affidino alle cure del personale del San Paolo, a tutti gli altri affinché riflettano su ciò che ancora oggi è un vero e proprio allarme sociale.

Raffaele Nespoli

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