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Mercoledì 23 Ottobre 2019




Emergenza: Napoli non è una città per bambini

plateaIl grande merito dell’Atlante dell’infanzia a rischio che Save the Children realizza da 10 anni è di essere bussola e pungolo per le amministrazioni locali e gli operatori sociali e culturali. La presentazione partenopea è stata in questo senso un’occasione unica per guardare e discutere la situazione dell’infanzia a Napoli, una città dove a causa di risorse economiche e servizi scarsi il gap tra bambini deprivati economicamente e culturalmente è in terribile aumento.

“I danni provocati in quest’ultimo decennio dall’inerzia della politica, dai mancati investimenti nei servizi per la prima infanzia, nella scuola, nelle politiche sociali, dall’incapacità di varare una norma per riconoscere la cittadinanza ai bambini di seconda generazione sono sotto gli occhi di tutti e hanno colpito anche la Campania. A minori servizi corrisponde una maggiore povertà economica e culturale. Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro”, spiega Luigi Malcangi, referente territoriale di Save the Children in Campania. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha sottolineato come a Napoli gli adulti trascorrano sempre meno tempo con i figli (secondo l’Istat il tempo dedicato ai bambini in Italia è di 6, 24 h per le madri e di sole 2,03 h per i padri): “Molti bambini deprivati li incontro anche tardi per strada, figli di persone in carcere, abbandonati a sé stessi. È responsabilità degli adulti fare in modo che un talento potenziale si sviluppi fornendo opportunità di crescita alternative alla strada. Proprio in questi giorni abbiamo attivato un protocollo nazionale con l’INPS per la creazione di uno sportello per informare le famiglie più povere e fragili sui loro diritti. Va sottolineata anche l’incapacità degli adulti di comunicare le cose belle, c’è una declinazione di Napoli in negativo nella narrazione dei media che affascina i ragazzi, mentre va mostrato un modello alternativo”.

Di fatto là dove la povertà economica e culturale colpisce maggiormente ci sono meno servizi, infatti gli asili nido sono assolutamente insufficienti in Campania. “Solo 1 bambino ogni 27 è accolto in un servizio. Basti pensare che la spesa pro capite in Campania per bambino è di 200 euro mentre in Lazio se ne spendono 1600, è chiaro che ad una spesa più alta corrisponde una maggiore qualità e quantità dei servizi. Inoltre nonostante in Campania si stia compiendo uno sforzo molto alto contro la dispersione, 1 ragazzo ogni 5 lascia la scuola prematuramente”, racconta Diletta Pistonio, curatrice dell’Atlante.

Gli adolescenti mancano di opportunità di fare sport e di accedere a stimoli culturali: non è un caso che i campani siano tra gli ultimi in Europa nelle materie scientifiche secondo i risultati al test scientifico PISA 2015: se l’Italia è già al di sotto della media OSCE di 12 punti la nostra regione è 30 punti sotto la media OSCE. “Fortunatamente c'è una galassia di associazioni pronta ad intervenire- spiega Annapaola Specchio, Capo Dipartimento Povertà di Save the Children -. Ma, non basta, deve esserci una presa di coscienza collettiva in una prospettiva di bene comune ad esempio impegnandosi nel recupero di spazi abbandonati, di impianti sportivi spesso non accessibili, nella messa in sicurezza di strade senza protezione che riducono la mobilità”.

Drastico Luca Bianchi, Direttore Svimez – Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno che ha rimarcato il fatto che in Campania 2 bambini su 5 si trovino in povertà relativa e che in 10 anni in Italia siano triplicati i minori in povertà assoluta. “Il rapporto sull’economia e la società del Mezzogiorno degli ultimi anni parla chiaro: tra il 2014 e il 2018, sebbene l’occupazione sia cresciuta è aumentata la povertà questo significa che le politiche pubbliche non hanno aiutato i perdenti, ma chi già non era in una situazione di fragilità. C’è infatti un continuo calo della spesa sociale e il reddito di cittadinanza è tarato male per le famiglie numerose essendo poco generoso rispetto a quello per le famiglie con un solo figlio. Al contempo lo sviluppo sarà arrestato dal calo sistematico delle nascite: la Campania che era la regione più giovane oggi ha il peggior saldo tra nuovi nati e morti e se le regioni del nord hanno la fortuna di avere i migranti, in Campania abbiamo invece solo la fuoriuscita di ragazzi che si trasferiscono altrove. È necessario modificare il modello di intervento pubblico: bisogna aprire nuovi asili ma anche sostenerli con aiuti alle famiglie e pensare ad un programma per l’infanzia e l’adolescenza, con tempo pieno, dal momento che se si iscrivono più ragazzi al liceo, sono in aumento quelli che non prendono il diploma. Erri de Luca ne “Il giorno prima della felicità” diceva che la scuola permetteva il pari, là dove il dispari iniziava fuori. Temo che oggi il dispari, la diseguaglianza, stia entrando anche nella scuola”.

L’assessore Annamaria Palmieri, intervenuta sul tema della scuola ha chiarito come il Comune di Napoli, che pure ha raddoppiato gli asili negli ultimi anni, ha necessità di essere supportato con un piano nazionale in particolare rispetto alla costruzione di nuovi nidi e nuove scuole e alla ristrutturazione degli edifici scolastici non sicuri (uno su due a Napoli non è agibile).“È assurdo che un’opportunità essenziale come l’educazione vada a bando”, denuncia la Palmieri che sottolinea pure come la spesa pro capite a bambino sia la più bassa d’Italia non permettendo alle famiglie più povere di accedere agli asili nido.

Lo scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci, da anni impegnato in progetti di teatro sociale, come Arrevuoto, ha messo l’accento sulla diseguaglianza nell’accesso alle opportunità culturali e sulla necessità di trovare modalità di coinvolgimento a misura dei ragazzi più deprivati. “L’ignoranza serve a quelle élite che vogliono ancora un mondo diviso tra padroni e schiavi- ha detto Braucci-. Napoli è metafora del Mezzogiorno in cui tutti commettiamo l’errore di accettare lo status quo come fosse immodificabile. Il modello della deprivazione va stravolto. I ragazzi napoletani più poveri, sono caratterizzati dalla ferocia di chi deve essere pronto ad andare in guerra, crescono troppo in fretta passando direttamente dall’infanzia alla giovinezza senza avere diritto all’adolescenza, età che permette la valorizzazione e l’emancipazione del proprio talento. Così come i giapponesi sono bravissimi nel costruire edifici antisismici perché hanno i terremoti, qui a Napoli siamo bravissimi a fare gli educatori poiché abbiamo tanti ragazzi fragili. Lavorando attraverso la creatività, l’arte, il teatro ed esperienze di grande qualità possiamo restituire ai ragazzi cresciuti in contesti difficili il diritto ad immaginarsi diversi dai loro genitori”. Esperienze come Arrevuto, Mammut, o Maestri di Strada, solo per fare qualche esempio, sono realtà di altissimo livello culturale che pur coinvolgendo tanti ragazzi non possono ovviamente arrivare a tutti, poiché un programma per l’infanzia generalizzato per la città, manca il tempo pieno e benché ci siano tanti progetti non ci sono le risorse perché diventino servizi.

Save the Children sta compiendo un investimento enorme in città soprattutto nelle zone periferiche con l’apertura dei Punti Luce. L’ultimo progetto attivato è SottoSopra che ha lo scopo di invertire la bussola attraverso il protagonismo e l’ascolto attivo di ragazzi e ragazze di 14/22 anni. Sono stati Luca e Imma protagonisti e beneficiari di SottoSopra Napoli, a presentare il senso del progetto partenopeo finalizzato al recupero degli spazi pubblici: “I ragazzi sono i reali protagonisti di questo tempo, abbiamo avuto la terra in prestito dai nostri figli e dobbiamo preservarla. Per questo siamo partiti dal piccolo: con Mappi-NA abbiamo mappato i luoghi abbandonati della città, abbiamo realizzato attività e laboratori di recupero in particolare del parco De Filippo di Corso Malta e abbiamo lanciato una petizione per riaprire il Parco San Gennaro al Rione Sanità”.

Un aspetto, finalmente, molto positivo dei giovani campani è la grande partecipazione al movimento Fridays for future. “Vogliamo essere un megafono del monito scientifico che propone un modello di sviluppo diverso- racconta Gianmarco Silvano di Fridays for future Napoli-. Abbiamo sposato il movimento con la consapevolezza che la Terra brucia, ma la nostra Campania brucia già da 20 anni. Ci battiamo per le questioni ambientali, ma anche per la vivibilità della città e il diritto al lavoro. Oggi i diritti fondamentali degli studenti non sono garantiti e bisogna impegnarsi per una riconversione didattica e occupazionale. Crediamo che le amministrazioni dovrebbero riassumere un ruolo trasformativo. Ad esempio è assurdo che Largo Giusso dell’Università Orientale sia una delle più grandi piazze di spaccio della città. Invitiamo tutti alla manifestazione del 29 ottobre in cui presenteremo un manifesto con gli intenti del movimento. Questo secolo sta cercando la sua rivoluzione e noi l’abbiamo trovata dietro un cestino dell’immondizia”.

Alessandra del Giudice

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