Per la Giornata Mondiale del Rifugiato facciamo due conti insieme e sfatiamo il mito dell’”invasione”
Ogni anno, da sempre, gli esseri umani si spostano cercando condizioni di vita migliori. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato sveliamo che i veri immigrati nel mondo sono gli italiani. I numeri degli emigrati dall’Italia sono più alti degli immigrati.
Il 4 dicembre 2000 in occasione del 50° anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati l’ONU ha designato con la Risoluzione 55/76 la Giornata Mondiale del Rifugiato. Dal 2001 dunque ogni 20 giugno si celebra questa giornata allo scopo di tenere viva l’attenzione sul tema della migrazione umanitaria che coinvolge ogni anno milioni di essere umani. Se leggiamo la definizione di “Rifugiato” sul vocabolario è chiara: “Persona che ha trovato rifugio in luogo sicuro”. E’ quindi, una volta approdato in un altro paese, al sicuro dalla morte, dalla fame, dalla violenza. La condizione di rifugiato non può essere oggettiva né etero definita, poiché infinite sono le condizioni di sofferenza o le motivazioni che possono condurre un essere umano ad abbandonare i suoi affetti, i suoi luoghi familiari e correre il pericolo di morte, di abuso, di perdita dei figli pur di cambiare vita, perché restare nel proprio paese non è più possibile. Per questo in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, più che di rifugiati, uno status attribuito spesso frettolosamente in modo arbitrario da una commissione che non parla la lingua del migrante che a sua volta non può riassumere la sua vita in un colloquio, vogliamo parlare semplicemente di migranti ovvero coloro che in modi diversi e per motivi diversi cercano rifugio altrove.
D’altra parte è dell’essere umano migrare, dagli albori della storia, perché è dell’essere umano cercare una vita degna: la stima dell’IDOS è di 253 milioni di persone migranti nel Mondo. Come scriveva l’attivista e reporter scomparso Vittorio Arrigoni nel libro “Gaza Restiamo Umani”: “A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità. Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna. Restiamo umani anche quando intorno a noi l'umanità' pare si perda”. A questo appello si legano le iniziative del 20 giugno a Napoli, come la maratona fotografica organizzata dalla Less o la visita guidata organizzata dall’associazione 3 Febbraio al Museo Archeologico. Il punto però non è parlare di accoglienza e solidarietà con chi già fa di questi valori pensiero e pratica ma farlo con chi discrimina tra essere umano ed essere umano perché evidentemente non si può convincere chi ha valori qualitativamente diversi e che fa finta di non conoscere neanche quelli espressi dalla Costituzione Italiana. Perciò oggi vogliamo parlare di migrazioni proprio utilizzando il metro del Primo Ministro, quello della quantizzazione (quanto mai fredda e inopportuna quando si parla di vite umane) proprio perché il grave clima di intolleranza alimentato dalle forze politiche al potere fa spesso leva su una presunta “invasione” degli migranti in Italia. Facciamo un piccolo viaggio a ritroso nel tempo e due conti insieme.
Gli immigrati stranieri in Italia
Secondo i dati del Ministero degli Interni, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.247 persone (se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono arrivati via mare in tutta Europa 171.332 migranti). Un dato in netta diminuzione rispetto al 2016, quando arrivarono 181.436 persone (mai così tante), a fronte di 5.022 che non sono mai riuscite a toccare terra perché sono morte nel Mediterraneo. Se andiamo a vedere i nuovi assunti dall’estero sono 232.728, ma questi provengono sono in parte dai paesi “bannati”, mentre, come sappiamo da tantissimi altri paesi “buoni” si può giungere in Italia liberamente senza dover affrontare il deserto, gli abusi e le carceri libiche o la traversata in mare. I nuovi assunti in Italia provenienti dall’Asia e dall’Africa nel 2016 sono stati in totale 83.386. Tanto è vero che dei 5.047.028 milioni di stranieri residenti in Italia nel 2016, solo 3.716.671 sono non comunitari, e tra i non comunitari ci sono oltre che le persone provenienti dai paesi reietti anche tutti quelli provenienti ad esempio dagli USA o dall’Oceania infatti i residenti africani in Italia nel 2016 sono 1.047.254, quelli originari dell’Asia sono 1.019.714. Continuando a calcolare il dato degli sbarchi (non delle persone in seguito rimaste in Italia che evidentemente sono solo una parte di quelle arrivate) dal 1997 al 2017, in dieci anni hanno soltanto messo piede in Italia (per poi in gran parte andare altrove) 1.068.961 persone. I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono stati: Nigeria (16% degli arrivi, circa 18 mila persone), Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (tutti tra l’8 e il 9% degli arrivi, circa 9-10 mila persone a paese). Seguono Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia. Dunque si tratta di persone di paesi diversi con problematiche diverse: guerre, povertà assoluta, persecuzioni politiche, violenza. Esseri umani alla ricerca di un rifugio, di terra vivibile sotto i piedi, abitanti di un unico pianeta umano, nati per puro caso in Africa o in Oriente piuttosto che in Europa o negli USA. Persone che cercano di sopravvivere o semplicemente di vivere dignitosamente come hanno cercato di fare i nostri antenati e continuiamo a fare noi italiani.
Facciamo un viaggio a ritroso nel tempo nell’emigrazione italiana
Sono stati tre i periodi durante i quali l'Italia ha conosciuto un cospicuo fenomeno emigratorio destinato all'espatrio. Il primo periodo, conosciuto come Grande Emigrazione, ha avuto inizio nel 1861 con l'Unità d'Italia ed è terminato negli anni venti del XX secolo con l'ascesa del fascismo. Il secondo momento di forte emigrazione all'estero, conosciuto come Migrazione Europea, è avvenuto tra la fine della seconda guerra mondiale (1945) e gli anni settanta del XX secolo. Nei tre periodi migratori, tra il 1861 e il 1985 hanno lasciato il Paese, 29.000.000 di italiani e, al netto dei rimpatri ne sono rimasti all’estero 18.725.000. I loro discendenti, che sono chiamati "oriundi italiani", possono essere in possesso, oltre che della cittadinanza del Paese di nascita, anche della cittadinanza italiana e oggi ammontano nel mondo a un numero compreso tra i 60 e gli 80 milioni. Avete capito bene, stiamo parlando dell’Italia uno dei paesi più piccoli d’Europa che ha visto emigrare ogni anno migliaia di persone per un arco temporale di oltre 100 anni. Eppure parlare solo al passato non è corretto.
L’emigrazione italiana all’estero oggi
L’emigrazione degli italiani all'estero, dopo gli intensi movimenti degli anni '50 e '60, è andato ridimensionandosi negli anni '70 e fortemente riducendosi nei tre decenni successivi, fino a collocarsi al di sotto delle 40.000 unità annue. Invece, a partire dalla crisi economica del 2008 e nell’ultimo triennio i trasferimenti all'estero secondo l’Istat hanno raggiunto le 102.000 unità nel 2015 e le 114.000 unità nel 2016, benché questi dati calcolati in base alle cancellazioni all’anagrafe in realtà dovrebbero essere aumentati almeno di 2,5 volte poiché molti italiani non si sono cancellati; infatti se andiamo a guardare l’anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero il numero dei nuovi registrati nel 2016 è 225.663 unità, un livello quasi pari ai flussi dell'immediato dopoguerra e a quelli di fine Ottocento. Secondo l’AIRE, il numero di cittadini italiani che attualmente risiedono fuori dall'Italia è passato in 10 anni dai 3.106.251 del 2006 ai 4.973.942 del 2016, con un incremento pari al 60,1%. Secondo l'Ocse, l’Italia è ottava nella graduatoria mondiale dei paesi di emigrazione. Al primo posto nella classifica c'è la Cina, poi la Siria, la Romania, la Polonia, l’India, il Messico, il Vietnam e l’Afghanistan.
Immigrati e Immigrati in Italia: un conto impari
Ricapitolando: nel 2016 in Italia sono sbarcate 181.436 persone (mai così tante e comunque poi smistate anche in altri paesi) a fronte di 225.663 italiani emigrati all’estero. Dei 232.728 stranieri che invece si sono stabiliti regolarmente in Italia nel 2016 solo 83.386 provengono dai continenti “reietti” Africa e Asia (benché anche in questi continenti si dovrebbe fare la distinzione tra i paesi da cui si può emigrare liberamente come il Sud Africa e quelli da cui si deve fuggire affrontando mille pericoli).
Sempre nel 2016, risultano 5.047.028 milioni di stranieri residenti in Italia di cui 3.716.671 non comunitari e solo 2.066.968 provenienti da Africa e Asia. Sono invece 4.973.942 gli italiani residenti all’estero, cui andrebbero aggiunte le seconde, terze e quarte generazioni di oriundi che sommate fanno quasi 80 milioni di persone di origine italiana nel mondo.
Insomma la temuta “invasione” degli immigrati che approdano ogni anno in Italia (che come abbiamo visto provengono da tanti paesi differenti) è compensata da quasi il doppio di soli italiani che ogni anno si trasferiscono all’estero. Certo i sostenitori del Governo adesso potrebbero arrampicarsi agli specchi dando la colpa ai migranti del fatto che gli italiani siano costretti a emigrare perché gli stranieri “rubano il lavoro”. Ammessa che fosse vera questa tesi assurda i posti guadagnati dagli italiani alla ricerca di fortuna all’estero sarebbero compensati da chi viene in Italia ad occupare i posti più infimi pur di sopravvivere. Resta la questione del diritto ad essere migrante. Insomma, l’unica differenza tra emigrati italiani all’estero e immigrati di altri paesi in Italia la fa il razzismo che divide gli esseri umani tra quelli che hanno il diritto di spostarsi per il mondo e quelli privati della libertà di farlo.
Alessandra del Giudice
Ph. Donne sbarcate a Lampedusa- Alessandra del Giudice