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venerdì 27 Novembre 2020




Ciao Mario

mario petrellaMario Petrella ci ha lasciati. A causa di una brutta malattia che ha combattuto a testa alta e con la sua inossidabile gioia di vivere,  si è spento nel pomeriggio di sabato 10 dicembre 2016 nella casa di Santa Lucia, il quartiere natale che tanto amava. Era circondato dalla famiglia e dagli amici più cari.

Mario aveva 64 anni ed era, come sempre, proiettato al futuro. Aspettava con ansia l'uscita del suo nuovo romanzo, “Tre mustang azzoppati” che Homo Scrivens ha mandato in stampa a inizio dicembre. Un romanzo con spunti autobiografici dove uno psicoterapeuta sui generis incrocia donne e uomini dalla personalità inevitabilmente disturbata che si rendono protagonisti di triangoli amorosi e di vicende alquanto singolari. “Un romanzo che vuole far riflettere sul mestiere dello psichiatra e sul pericolo delle derive narcisistiche”, mi aveva detto qualche giorno prima di andarsene, progettando una video intervista che non si è poi potuta fare. E così lo ricorderemo, almeno in video, nel saluto pubblico alla festa dei venticinque anni di Gesco, dove con la complicità di amici aveva messo in scena la sua scomparsa e il suo ritrovamento, sulle tracce di Sergio D'Angelo, il fondatore di Gesco e l’amico di sempre. Come Rino Pastore, Stefano Vecchio,  Giovanni Attademo e gli amici più giovani Carmine Amato e Armando Palumbo, con cui aveva un rapporto di protezione e di scambio libero, paritario, sincero. Era così con tutti. Sincero, ti guardava negli occhi e ti diceva un'unica frase capace di schiudere il mondo.

E per il mondo sociale Mario Petrella è stato più che un amico, un fratello,  un padre protettore, un uomo che si è messo in gioco anche al di là del proprio ruolo, sempre. Ricordo che era accanto agli operatori sociali nelle battaglie del welfare a Napoli e non si è mai sottratto al confronto, esponendosi al rischio di critiche per la sua posizione di manager pubblico.

Nella breve biografia che ha consegnato all’editore Homo Scrivens la scorsa estate, quando è uscito "Aspettando il 112. L'azzardo, l'impegno, i dubbi", il libro che ripercorre la storia del mondo sociale a Napoli negli ultimi trent'anni, scritto con Giovanni Attademo e Sergio D'Angelo, Mario ha lasciato poche righe per descrivere chi fosse.

Attivo nel centro di Medicina Sociale di Giugliano negli anni ’70, si adoperò nelle iniziative per il superamento dell’ospedale psichiatrico Frullone. Gli anni '80 lo videro impegnato come responsabile pubblico del progetto Aleph.

Successivamente è stato direttore del Dipartimento delle Farmacodipendenze dell'Asl Napoli 1 e poi del Dipartimento socio-sanitario.

È stato  autore di vari articoli e studi di settore.

Ecco queste righe non ci parlano delle doti umane di Mario Petrella. Dei suoi progetti accanto alle persone in difficoltà, che ha portato avanti per trent’anni e che costituiscono un esempio e un’eredità al tempo stesso,  per chi resta a vivere e a combattere per questa città.

Appassionato di scrittura, Mario aveva il dono di saper raccontare storie interessanti con un linguaggio semplice e, tuttavia, mai banale. Vale la pena leggere “In viaggio con Stefano “ (Youcanprint edizioni) dedicato al figlio e di attendere l’uscita di un manuale sulla formazione degli operatori sociali curato con Gianni Attademo. Come pure ritrovarlo, tra nomi veri e personaggi di fantasia, nel nuovo romanzo che non ha fatto in tempo a presentare.

Vale la pena, soprattutto, ricordarlo come esempio di bontà, dolcezza e rigore. Tenersi stretti la sua empatia, perché colmi in qualche modo l’enorme vuoto che lascia in tutti quelli che l'hanno conosciuto.

Ciao Mario.

Ida Palisi

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