Viaggio negli orti sociali di Napoli.
Orto Sociale di Ponticelli: atto vandalico o intimidatorio?
L’Orto Sociale Urbano del parco De Filippo, a Ponticelli, è stato oggetto di un atto vandalico. Parti dello spazio di socializzazione, affidato l’anno scorso dal Comune di Napoli all’Unità Operativa Complessa Dipendenze Centro Diurno Lilliput dell’Asl Napoli 1 Centro - che lo gestisce attraverso la cooperativa sociale Era, del gruppo di imprese sociali Gesco – sono state bruciate.
“Abbiamo da subito pensato ad un ennesimo atto di vandalismo, ma le modalità con cui è stato appiccato il fuoco ci hanno fatto pensare ad un chiaro atto d’intimidazione” spiegano gli operatori che lo curano, insieme ai cittadini e alle famiglie del territorio.
Fino ad ieri sera i volontari testimoniano che era tutto in ordine, quindi il fatto deve essere avvenuto durante la notte, in più la forte pioggia aveva bagnato tutto e questo rendeva difficile appiccare il fuoco. Infatti, stando a quanto denunciato, sono state trovate molte bottiglie di plastica con residui di benzina proprio sotto l’ombrellone di paglia, i tavoli e i tronchi/sgabello bruciati, ad indicare chiaramente un atto di premeditazione, e non un atto di vandalismo estemporaneo.
L’Orto Sociale di Ponticelli non è nuovo ad episodi del genere. Circa un anno fa, proprio alla vigilia dell’inaugurazione, erano state rubate e danneggiate alcune attrezzature. Anche in questo caso il presunto atto intimidatorio avviene a pochi giorni da un altro evento (il Workshop Internazionale di Autocostruzione per i Sistemi di Gestione delle Acque), in programma dal 7 al 16 novembre 2016.
Ma come nasce l’Orto Urbano di Ponticelli?
L’idea di creare sul territorio un Orto Urbano che impegni non solo gli utenti, ma anche le famiglie, le associazioni, i cittadini, per sensibilizzarli alla tutela e alla cura degli spazi del quartiere, nasce dal confronto tra gli operatori, del pubblico e del privato, sulle nuove attività da promuovere e realizzare dentro e fuori al centro. “Dopo un lungo periodo di solleciti e attese – spiegano dalla struttura - siamo riusciti ad avere in affidamento un area verde all’interno del Parco De Filippo, situato a Ponticelli uno dei quartieri più degradati, sovraffollati e permeato di criminalità della zona Orientale di Napoli. Ovviamente, Ponticelli è anche abitato e vissuto da persone oneste e volenterose, che credono nel riscatto del loro territorio; questa iniziativa vuole arrivare al cuore di coloro che stanchi, demotivati e sopraffatti, sperano di poter vivere ancora in quartiere civile. Recuperando il senso civico, di appartenenza, la tutela ed il rispetto del bene comune, ci ribelliamo alla deturpazione e al brigantaggio. Piccoli segnali ci sono cellule di impegno e buoni propositi che lanciano scintille di speranza; uniti potremo ricreare quel tessuto sociale da troppo lacerato e lercio. I lavori di risistemazione dell’area in questione sono stati sabotati, ma non ci siamo fatti intimidire, andando avanti per la nostra strada”.
Gli orti sociali: il contatto con la terra che fa bene all’uomo
Gli orti sociali sono una realtà poco conosciuta qui da noi, eppure in lenta espansione. La declinazione ‘sociale’ ha una duplice motivazione: prima di tutto, a prendersi cura di queste aree a destinazione agricola è, in generale, una cooperativa, un’associazione, un gruppo di persone. Ma anche lo scopo dell’orto è “sociale”, che sia esso inteso come riabilitativo, terapeutico o, come più spesso accade, finalizzato all’inserimento sociale e lavorativo di persone in condizioni di svantaggio, come disabili, detenuti, giovani a rischio. Più in generale, gli orti sociali rappresentano uno spazio di aggregazione e socializzazione: prendendosi cura di un pezzetto di terra si fa qualcosa per l’ambiente e al contempo si sta insieme godendo, perché no, dei suoi frutti insieme e trasformando il raccolto anche in un momento di condivisione e convivialità. Quando gli orti nascono entro le cinta del territorio cittadino, diventano orti “urbani”.
A Napoli possiamo citare un’altra esperienza promossa dal gruppo Gesco: si tratta di un orto enorme, parliamo di circa 13mila metri quadri, realizzato nel carcere di Secondigliano attraverso la cooperativa sociale L’Uomo e il Legno che lo promuove con l’impresa sociale ‘Campo Aperto’.
“Il nostro tentativo – spiega il presidente della cooperativa sociale L’Uomo e il Legno, Enzo Vanacore – è quello di creare una terza via, andando oltre la definizione di orto sociale e di orto urbano. Noi parliamo di impresa di agricoltura sociale, la cui connotazione principale passa attraverso l’inserimento lavorativo e sociale di chi vive una situazione di disagio”. In quello che si trova a Secondigliano lavorano 5 detenuti, assunti con contratto a tempo determinato come braccianti agricoli. “L’ambizione – conclude Vanacore – è quella di creare osmosi tra carcere e territorio, estendendo il più possibile il nostro progetto. Ora, ad esempio, siamo alla ricerca di terreni nei Camaldoli e abbiamo già intrapreso, sempre nel carcere di Secondigliano, un laboratorio di trasformazione alimentate che ha dato vita ad alcuni prodotti sott’olio”.
M. N.