Ius Soli Temperato e Ius Culturae: chi sono i nuovi cittadini italiani?

italia sono anch ioL’Italia è tra  i Paesi europei con le regole più severe per l’acquisizione della cittadinanza. Il Parlamento sta esaminando le nuove norme in merito, una discussione che, a fasi alterne, tiene banco da dieci anni : il nuovo testo che si presenta come un mix tra ius soli 'temperato' e ius cultura e riguarda i minori nati in Italia, o arrivati in tenera età. Ma cosa cambierà con questo ddl? È davvero un passo avanti?

Entro la fine del mese di ottobre le disposizioni per ottenere la nazionalità italiana dovrebbero essere riformate e riguardare i figli di cittadini immigrati nati  - o cresciuti -  in Italia. Se lo ius soli sta ad indicare l'acquisizione della cittadinanza di un Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio  (indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori) lo Ius Soli Temperato di cui si discute in Parlamento prevede, invece, l’attribuzione della nazionalità italiana sulla base non solo del luogo di nascita ma anche del legame della persona con esso.  

Per fare domanda per l’attribuzione della cittadinanza ad un bambino nato in Italia, la nuova legge pone due condizioni:  in primo luogo almeno uno dei genitori del bambino nato sul territorio italiano deve essere in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Ciò significa che le norme non riguardano e non possono essere applicate ai cittadini europei. Il permesso dell'Unione Europea, infatti, riguarda solo i cittadini di Stati non membri in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno valido. Se in un primo momento nel testo proposto in Parlamento la condizione per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di bambini figli di stranieri nati in Italia era che almeno uno dei due genitori fosse “residente legalmente” e  “senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita” con un riconoscimento diretto e automatico al momento dell’iscrizione alla anagrafe del bambino, oggi, in un periodo di forti migrazioni, l’intenzione di vedere il proprio figlio riconosciuto come cittadino italiano va chiaramente espressa: bisognerà esplicitare tale volontà attraverso una dichiarazione, presentata da uno dei genitori o da chi esercita la responsabilità genitoriale nel Comune di residenza del minore, prima che compia 18 anni (una volta raggiunta la maggiore età, il ragazzo ha due anni di tempo per rinunciare alla cittadinanza – questo se è in possesso di un’altra cittadinanza – oppure, se i suoi genitori non hanno rilasciato la dichiarazione di volontà, fare domanda per ottenerla).

In ogni caso, il nucleo famigliare deve, inoltre, dimostrare di avere un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, avere la disponibilità di un alloggio idoneo e provare attraverso un test la buona conoscenza della lingua italiana. Ci saranno, dunque, bambini meno italiani di altri in base all’ammontare dello stipendio che mamma e papà riescono a portare a casa?  È un discrimine adatto, quello economico, se il  lavoro sommerso e irregolare riguarda, in Italia, ancora troppi stranieri?

Altra novità riguarda lo Ius Culturae.  Già un anno fa il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini riteneva essenziale legare la cittadinanza all'istruzione, un provvedimento importante nel senso più ampio del termine, poiché i ragazzi con cittadinanza non italiana ma nati nel nostro Paese che completeranno il I ciclo scolastico con l'esame di terza media a giugno del 2016 raggiungono quota 25.940. Per tutti loro, i bambini nati in Italia senza i requisiti o arrivati qui prima del compimento dei 12 anni, il nuovo testo prevede l’acquisizione della cittadinanza se la permanenza sul territorio è stata accompagnata da una frequenza scolastica regolare per almeno cinque anni e per uno o più cicli scolastici (ovvero elementari e medie) portati a conclusione  - nel caso delle elementari - senza bocciature. E chi è arrivato in Italia tra i 12 e i 18 anni? La loro cittadinanza si lega alla residenza legale per almeno sei anni e di nuovo ad un ciclo scolastico o di formazione che veda il conseguimento di un titolo definitivo. Un ulteriore punto di dibattito è quello circa la retroattività di queste norme: riguarderanno le persone nate e arrivate al momento dell’entrata in vigore o anche chi era già qui e in possesso dei requisiti?

Per approfondire: in foto una maglietta della campagna “L’Italia sono anch’io” che sostiene la riforma del diritto di cittadinanza. È promossa da 22 organizzazioni della società civile: Acli, Arci, Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca-Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, Comitato 1° Marzo, Emmaus Italia, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche In Italia, Fondazione Migrantes, Libera, Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Rete G2 - Seconde Generazioni, Tavola della Pace e Coordinamento nazionale degli enti per la pace e i diritti umani, Terra del Fuoco, Ugl Sei, Legambiente, UIL, UISP e dall’editore Carlo Feltrinelli. Presidente del Comitato promotore è il Sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio. 

Raffaella R. Ferré