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Martedì 6 Dicembre 2022




Associazione Le Kassandre: la vera emergenza al Sud è la violenza economica

coverDal primo gennaio 2021 ad oggi si registrano 99 femminicidi, un femminicidio ogni 3.3 giorni: i dati dell’Osservatorio campano sulla violenza sulle donne non lasciano spazio a dubbi. Il fenomeno della violenza contro le donne è tutt’altro che superato e occasioni come il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza di genere, restano importanti per sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere le donne a rompere il muro del silenzio.

A maggior ragione se a questi dati in aumento, complice anche la convivenza coatta dovuta alla pandemia, non corrisponde una maggiore attenzione istituzionale: per la prevenzione e al contrasto della violenza sulle donne, nell’ultimo anno e mezzo, sono stati stanziati solo 3 milioni a fronte di un fabbisogno di 48. Stando al dossier di ActionAid, anche quando i fondi ci sono, le erogazioni arrivano comunque in ritardo a causa dell’emergenza sanitaria e questo, di fatto, immobilizza i servizi. Uno stato generale che si rispecchia anche nel comune di Napoli, in cui, le attività dei Centri antiviolenza (Cav) sono state praticamente ferme. 

Le carenze e i ritardi che riguardano i Centri antiviolenza 

Una situazione denunciata più volte dall’associazione Le Kassandre impegnata da circa 17 anni in azioni di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne nel difficile territorio di Ponticelli. Parliamo delle carenze e dei ritardi dei finanziamenti destinati a questo delicato settore con una delle fondatrici, Elisabetta Riccardi: “Come associazione siamo in affanno, dobbiamo spesso sopperire con il nostro lavoro volontario alle mancanze del pubblico. Nei prossimi giorni si dovrebbero riattivare i Cav comunali, ma da circa un anno l’attività del pubblico è assente, il che è molto grave se pensiamo che, contestualmente, abbiamo assistito a un aumento delle richieste d’aiuto a seguito della pandemia”.

Consulenza telefonica (attraverso il numero 3380979950 e come punto di riferimento della rete nazionale 1522), accoglienza, accompagnamento, supporto legale e psicologico: questi alcuni dei servizi e interventi offerti dalla organizzazione sociale. Da inizio anno a settembre, si sono rivolte all’associazione in cerca di consulenza legale e di accompagnamento ai servizi 22 donne; hanno contattato lo sportello ai numeri utili 75 donne; hanno richiesto consulenza psicologica 16 donne.

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La vera emergenza riguarda la sudditanza economica, soprattutto nelle periferie 

Di fronte all’esplodere di questa escalation di violenza è stato fatto poco, intanto il tempo passa e le associazioni, spesso costrette a lavorare senza alcun aiuto concreto da parte delle istituzioni, si trovano a gestire un carico enorme. Dall’osservatorio de Le Kassandre, la cosa davvero preoccupante è l’inoccupazione femminile: “Dal 2004 – racconta la Riccardi – operiamo nella periferia est di Napoli, caratterizzata già di per sé da criminalità e da linguaggi di violenza che spesso appartengono alla quotidianità delle dinamiche familiari e relazionali. Da quello che vediamo il primo vincolo che ostacola una piena presa di coscienza delle donne è la mancanza di una autonomia economica. Quella che chiamiamo violenza economica, nel nostro caso è particolarmente presente e si rende evidente, ad esempio, nei casi di separazione in cui il marito-padre mette in atto un vero ricatto privando la moglie-madre, il più delle volte disoccupata, dell’assegno di mantenimento”.

Tra le attività che l’associazione napoletana sta mettendo in campo per sostenere queste donne ai margini sociali nei loro percorsi di autonomia lavorativa ed economica c’è, in questo momento, una campagna di crowdfunding finalizzata a finanziare borse lavoro.

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Un’altra piaga è la violenza psicologica: manca una presa di coscienza 

“Molte donne ci chiedono aiuto ma non sono ben consapevoli neanche loro di quello che accade – spiega Elisabetta Riccardi – ci sono situazioni in cui c’è una condizione di commistione di violenza fisica, psicologica ed economica. Ma spesso si tende a minimizzare le botte, le donne lo giustificano o minimizzano, tendendo a ricondurlo a problemi di chi le maltratta, come perdita del lavoro, dipendenza, ecc. Insomma si fa difficoltà ad uscire di casa, a rendersi conto delle condizioni reali che si vivono, ad entrare in contatto con l’idea del fallimento di un progetto di vita, di un legame, del concetto stesso di famiglia”.

Naturalmente è ancora più complicato, quando di mezzo ci sono minori. “Per loro e per le donne che devono attraversare tutto un processo di presa di coscienza e allontanamento dalle mura domestiche in cui la violenza si consuma, mettiamo in campo una serie di tutele legali e attiviamo una rete di supporto sociale”, dice la responsabile dell’associazione le Kassandre.

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Una battaglia da fare è quella culturale

Elisabetta Ricciardi nota anche: “Si deve fare ancora tanto per la sensibilizzazione e la formazione su questi temi, a partire dai più piccoli, dalle scuole, per riaffermare modelli culturali legati all’autodeterminazione e all’autonomia delle donne che sembrano scontati oggi ma che, soprattutto in alcuni quartieri della città, purtroppo ancora non lo sono”.

Un dato confortante è che, negli anni, è aumentata la sensibilità su questo tema e, quindi, anche la disponibilità a denunciare da parte delle vittime. Ma c’è ancora tanto da fare sul piano culturale: per questo, il 25 novembre, ormai data riconosciuta a livello internazionale per dire stop ad ogni forma di violenza di genere, resta una giornata importante.

Maria Nocerino

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