A un anno giusto dalla chiusura i teatri si sono illuminati il 22 febbraio. Anche a Napoli, come in una sorta di via crucis, i cittadini hanno compiuto il percorso nelle varie stazioni serrate dalla pandemia per la manifestazione “Facciamo luce sul teatro”. Intanto con la zona arancione le mostre e i musei si sono fermati di nuovo. La riapertura dei luoghi di arte e cultura è più che mai possibile e necessaria.
Ad Diana Peppe Villa ha proposto il suo menu culturale mentre in una lunga fila gli spettatori aspettavano il proprio turno per scrivere sul quaderno esposto; fuori al Teatro Sanità allievi e attori negli hula hop illuminati hanno realizzato un distanziamento creativo nell'ottica del rispetto delle norme anti-Covid; in un teatro Bellini aperto- che sta dimostrando già una forza di re-esistenza con il progetto Zona Rossa – gli attori hanno recitato brevi testi con Giovanni Block alla chitarra e in tanti hanno risposto all’appello sul “cosa manca del teatro?” scrivendo a rossetto sugli specchi del foyer. E poi il Mercadante illuminato con le maschere frementi sull’uscio, ad attendere il pubblico futuro, il San Carlo, il teatro Nuovo e tanti altri piccoli e grandi teatri in differita.
Gabriele Russo, direttore artistico del Bellini, è lapidario “Non ce la facciamo più a stare chiusi” mentre gli fa eco il fratello, l’attore Daniele Russo: “Ma siamo qui”. Il teatro è una linfa vitale che manca disperatamente a chi lo fa e a chi lo fruisce, basta leggere alcuni messaggi nella bacheca del Bellini: “Il teatro è un luogo sicuro per l’anima e la salute” “Aprite! Siamo affamati di arte”.
Richiama l’attenzione sui piccoli teatri sotto i 100 posti il direttore artistico del teatro Sanità Mario Gelardi: “Non abbiamo ricevuto alcun tipo di ristoro, siamo preoccupati per il nostro futuro. Abbiamo acceso le nostre luci con le nostre forze, simbolicamente, sperando che presto arrivi anche il pubblico. Il teatro è un luogo sicuro, in cui tutti abbiamo investito per far stare al sicuro gli spettatori e perché anche noi vogliamo sentirci al sicuro”.
E con la zona arancione hanno richiuso i musei e le mostre appena riaperti.
Chiude SISMA80 l’importante mostra appena inaugurata a San Domenico Maggiore a cura di Luciano Ferrara sul terremoto dell’Irpinia a quarant’anni da quel terribile accadimento le cui dolorose conseguenze sono ancora tangibili. Non fa in tempo a riaprire la mostra internazionale Marina Abramovic / Estasi installata a Castel dell’Ovo ‘imprigionata’ nelle sale delle Carceri. Non riesce a inaugurare (per la seconda volta) la mostra Troisi Poeta Massimo anch’essa a Castel dell’Ovo che doveva celebrare il rapporto dell’attore con la città a 26 anni dalla sua scomparsa. ‘Non ci resta che aspettare’…
Slitta al 20 marzo l’apertura al PAN della mostra fotografica e multimediale FRIDA KAHLO EXPERIENCE “ojos que no ven corazon que no siente”. Terminano, causa passaggio a zona arancione, invece, “Linea d’ombra”, fotografica di Mario Panizza e LUCE 1 di Assunta Saulle allestita nella Cappella Palatina al Maschio Angioino.
Si auspicano invece le aperture di Cathie Brousse, “La profondità delle superfici" in Cappella Palatina l’8 marzo (se non ci dovessero essere altre restrizioni causa Covid19 altrimenti alla prima data utile). Il progetto espositivo è improntato sul rapporto tra "l'Essere e l'Apparire", condizione umana in perenne confronto/scontro. Brousse, l'artista d'oltrAlpe, mette in evidenza la ricerca esasperata che si fa dell'essere in ognuno di noi ma che, alla fine, viene esternato in modo stravolto nel modo di apparire. L’artista ci esorta con le sue opere, che definisce "Paesaggi dell'Anima" a cercare dentro di noi, a mostrare le vere emozioni che teniamo nascoste per paura di non piacere al mondo che ci circonda; e cosmic bullets di Nicola Rivelli in programma il 27 marzo. La mostra tematicamente più appropriata per la auspicabile riapertura interpreta la precarietà della condizione umana nella sua interezza, sulla costante presenza del binomio bene/male e del loro incedere parallelo nella vita di ognuno, esposta, trapassata da momenti dolorosi, conservandone i segni, i colpi- bullets.
È dunque drammatico lo scenario delle attività espositive previste in città. Eppure proprio venerdì scorso, nella conferenza stampa nazionale condotta insieme ai colleghi delle principali città italiane, l’assessore alla Cultura e al Turismo, Eleonora de Majo aveva auspicato e chiesto al Governo, la garanzia dell’apertura dei luoghi di cultura con un protocollo unico che miri a evitare la reversibilità delle aperture, a meno di situazioni particolarmente gravi, garantendo la continuità del presidio culturale sul territorio, assicurando lavoro e fiducia, dando sostanza al diritto inalienabile alla cultura e fornendo ai cittadini alternative controllate e sicure, invece di obbligarli a una socialità compressa in pochi, e poco controllati, luoghi pubblici o privati.
“L'esperienza delle città – spiega l’assessore -, la serietà con cui teatri, musei e luoghi di cultura hanno mostrato di saper gestire i periodi di apertura, l'elasticità del servizio, la disponibilità ad adattarsi ai vincoli che di volta in volta si rendono necessari, rendono questo obiettivo realisticamente possibile”.
Oltre che possibile, necessario come dimostra la sentita partecipazione a Facciamo luce sul teatro.
ADG