La situazione emergenziale che stiamo vivendo, con la chiusura delle scuole e il ricorso alla Didattica a distanza, rischia di aumentare in maniera significativa la vulnerabilità sociale delle famiglie napoletane, andando a scavare ancora di più nel solco delle già forti diseguaglianze tra Nord e Sud. Ne parliamo con Rosaria Lumino, ricercatrice del Dipartimento Scienze Sociali dell’università di Napoli Federico II: “Il dibattito pubblico si è finora concentrato solo sulle soluzioni organizzative per ovviare al problema, ma poco si è parlato di modelli pedagogici che consentano di raggiungere anche i ragazzi più vulnerabili, soprattutto nei territori più a rischio della Campania”.
Povertà educativa e digital divide: Campania maglia nera
I dati di partenza non sono certo rosei. Dall’ultimo rapporto Irps pubblicato nel luglio 2020, emerge che la Campania è la regione con l’indice di povertà educativa più alto d’Italia (su una scala da 70 a 130, registra un valore di 128), dopo ci sono solo la Calabria e la Sicilia. “La povertà educativa è un fenomeno complesso – spiega Rosaria Lumino – perché non fa solo riferimento al divario di competenze ma anche alla qualità dell’offerta didattica e alla partecipazione dei minori alla vita scolastica, sociale, culturale, oltre che all’accesso ai servizi educativi territoriali”. La Campania è maglia nera. “Come è già stato messo in evidenza da Save the Children, la situazione attuale sta portando a un decisivo peggioramento della qualità di vita delle famiglie, soprattutto di quelle che già vivevano un disagio”, nota la sociologa napoletana.
Un altro dato, strettamente connesso al primo e non certo incoraggiante per la nostra regione, riguarda la situazione abitativa e familiare degli studenti. In base al più recente rapporto Istat (su base dati 2019) che indaga questo indicatore, il 42% degli studenti italiani in casa non ha uno spazio adeguato per studiare, il 41% non ha neanche strumenti tecnici per poterlo fare, circa il 30% non ha competenze adeguate e il 26% delle famiglie non possiede comunque un numero sufficiente di attrezzature. “Anche laddove c’è un pc, non è detto che basti – spiega la ricercatrice - Quando si ovvia poi al problema dei dispositivi, ci può essere però una mancanza di padronanza delle competenze tecniche anche da parte dei genitori, che diventano ancora più scarse per gli strati sociali più vulnerabili”.
In Campania questi dati, già allarmanti a livello nazionale, sono anche peggiori, soprattutto nei quartieri più a rischio, dove accanto a un gap di competenze digitali e alla scarsità di opportunità di una connessione internet, c’è una difficoltà che riguarda, ad esempio, i bambini stranieri. “In alcune zone del centro vive una elevata quota di immigrati, i cui figli hanno già difficoltà a seguire le normali lezioni in presenza, figuriamoci quelle a distanza, ammesso che ne abbiano gli strumenti tecnici”, nota la Lumino.
Le conseguenze della Dad tra abbandono scolastico e rischio diseguaglianze
Insomma, la Didattica a distanza rischia davvero di lasciare indietro una gran fetta di studenti, soprattutto della scuola primaria e secondaria. “Gli addetti ai lavori delle scuole che stiamo sentendo, soprattutto in quartieri come Ponticelli e centro storico – sottolinea Rosaria Lumino – ci dicono che si rischia di perdere i due terzi di studenti, molti dei quali sono stati riconquistati in classe mettendo in atto strategie anche concordate dal basso con le associazioni impegnate sul territorio. Ovviamente si tratta di una percentuale non omogenea ma racconta uno spaccato importante”.
Oltre al fatto che i ragazzi si possono perdere per strada, esiste anche un reale problema di privazione di opportunità, anche ludiche e di socializzazione oltre che didattiche, per tutti gli studenti più vulnerabili, che hanno magari un background familiare negativo o poco stimolante per il loro sviluppo. Non dimentichiamo, infatti, che la Campania è tra le regioni con il più alto tasso di abbandono scolastico che rischia solo di aumentare in queste condizioni, così come potrebbe aumentare il divario Nord-Sud. “In questa situazione emergenziale, la vulnerabilità sociale e le diseguaglianze non possono che crescere” conclude la ricercatrice universitaria.
Maria Nocerino