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Mercoledì 27 Gennaio 2021




Il distanziamento sociale? Lo viviamo da anni nei confronti dei migranti

Il Dossier Statistico Immigrazione compie 30 anni

copertina DossierIl Dossier Statistico Immigrazione celebra, con il volume del 2020, la sua 30ª edizione raccontandoci di un’Italia dove gli stranieri sono sempre più radicati nel sistema economico e sociale sebbene i loro diritti e le loro condizioni di vita non sono ancora assolutamente equiparate a quelle degli italiani.

Curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS, in partenariato con il Centro Studi Confronti e realizzato grazie ad una serie di studiosi, esperti e operatori il Dossier rende omaggio, con questa edizione, a Lidia Pittau e ad Andrea Stuppini, entrambi scomparsi nel 2020. A sostenere questo patrimonio di ricerca, informazione e disseminazione è il Fondo Otto per mille della Chiesa Valdese - Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi. “La parola d’ordine di questo 2020 è “distanziamento sociale”: un’espressione tanto infelice, nella misura in cui mette in discussione il senso stesso di comunità all’interno del Paese, quanto tuttavia “sintomatica” di una mentalità e un clima culturale che hanno preso piede e si sono diffusi molto prima della pandemia. La raccomandazione, se riferita agli immigrati che vivono con noi in Italia, non ha avuto e non ha difficoltà a venire osservata, perché si innesta su un atteggiamento già abbondantemente radicato: con gli stranieri è bene mantenere le distanze e soprattutto tenerli a distanza” denuncia Luca Di Sciullo, coordinatore del Dossier statistico immigrazione e presidente del Centro studi e ricerche Idos, che questa mattina ha presentato il nuovo Rapporto.

“La mancanza ultradecennale di programmazione degli ingressi per lavoro- continua il ricercatore-, congiunta all’abolizione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari stabilita dal Decreto “sicurezza” del 2018, e alla politica dei porti chiusi e dei respingimenti, ha concorso in maniera strutturale a produrre irregolarità tra gli immigrati: contribuendo a svuotare i centri di accoglienza. E’ incredibile che, in un Paese di immigrazione da quasi 50 anni, in cui 3 non comunitari su 5 hanno ormai maturato un titolo di soggiorno di durata illimitata (e, tra i restanti, l’80% soggiorna per un motivo che sottintende comunque un insediamento stabile); in cui i matrimoni misti sono arrivati a rappresentare ben il 12% del totale, più di 1 neonato ogni 7 ha genitori stranieri, 3 alunni stranieri su 5 sono nati in Italia e che conta oltre 1,3 milioni di minorenni con un background migratorio, contiamo ancora oltre 800 mila nati in Italia che qui vivono, studiano, lavorano, prendono casa, costituiscono una famiglia e tuttavia non hanno la cittadinanza italiana”.

“Dall’inizio del 2017 abbiamo assistito a un incremento sostanziale delle operazioni di intercettazione in mare da parte della Guardia costiera libica: dal 2% al 55%. Ed è aumentato notevolmente il tasso di mortalità dei migranti, dal 2% annuo tra il 2016 e il 2017 a oltre il 6% negli anni successivi”, ha denunciato Nancy Porsia, giornalista freelance e autrice di un capitolo del Dossier statistico immigrazione.

“Il Covid è stato la rappresentazione di disuguglianze stratificate nel tempo ma anche una torsione ulteriore dei diritti dei migranti”, ha osservato Marco Omizzolo, sociologo ricercatore di Eurispes, esperto di immigrazione e autore di un capitolo del Dossier sullo sfruttamento degli stranieri in agricoltura. “Durante la pandemia si è registrato un aumento del 15-20% dei migranti e delle migranti sfruttati nelle nostre campagne, circa 40-45 mila persone che hanno visto non solo una contrazione della loro retribuzione oraria, da 4,50 a 3 euro. Inoltre sono aumentate le ore di lavoro (tra 8 e 15 ore giornaliere, molte delle quali non registrate) e abbiamo registrato decine di nuovi infortuni, senza che i braccianti migranti venissero forniti di dispositivi di protezione sanitaria”.

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