Nella notte tra il 29 e il 30 settembre, un bambino di 11 anni si è suicidato gettandosi dal balcone della sua abitazione in zona Chiaia. Prima di buttarsi ha lasciato un messaggio ai genitori in cui manifestava uno stato di paura e parlava di un uomo nero. Sulla base di ciò gli inquirenti non escludono l’istigazione al suicidio e stanno analizzando i dispostivi informatici del bambino.
L’identità dell’uomo nero è ancora da stabilire però tra le varie ipotesi quella più accreditata è che si tratti di un certo Jonathan Galindo, creatore di una challenge dell’orrore sulla falsa riga della Blue Whale e della Momo challenge.
In rete si racconta che Jonathan Galindo, travestito da una inquietante versione di Pippo, adeschi sui social dei bambini minacciando di rintracciare il loro indirizzo IP (codice informatico da cui si può ricavare la posizione di dove ci si è collegati alla rete) e di rivelare online i dati privati contenuti sui loro dispositivi se non si sottopongono alla sfida. Tuttavia la minaccia è infondata: anche per un hacker non è possibile rintracciare l’IP attraverso conversando sui social ma soltanto se la vittima apre dei link appositamente creati con questo scopo (ed anche in quel caso sarebbe difficile rintracciare con precisione l’indirizzo di casa della vittima ma solo risalire a una zona mediamente ampia da cui si è collegata).
Nonostante la notizia di questa challenge dell’orrore sia diventata virale, in realtà non esiste alcun Jonathan Galindo e le immagini inquietanti che vengono utilizzate sono quelle di una maschera creata da Samuel Canini, un produttore di effetti speciali per il cinema, totalmente estraneo alla vicenda. La storia di Jonathan Galindo quindi è una inquietante storia di finzione come ne girano molte sul web, tuttavia non è da escluderne completamente il coinvolgimento col suicidio della notte scorsa. Sui social si trovano numerosi profili che utilizzano il nome di Jonathan Galindo: la maggior parte sono scherzi di cattivo gusto che però alimentano l’allarmismo intorno alla vicenda che diventa sempre più virale. Quindi non è da escludere che possano essere nati fenomeni di emulazione che trasformano la bufala in realtà come successe già per la Blue Whale e la Momo challenge.
Per essere ulteriormente sicuri di evitare casi di questo genere le precauzioni da adottare sono l’utilizzo di sistemi di VPN (una sorta di schermatura del proprio indirizzo IP) e di Parental Control per i dispositivi informatici dei bambini soprattutto bloccando le chat con sconosciuti.
Vincenzo Gargiulo