Appello alla politica a favore degli immigrati
Sentiamo la necessità di non chiudere le porte al futuro
Stiamo assistendo ad un esodo di umanità che assume spesso la caratteristica di un olocausto senza nome. Migliaia di uomini e donne, di bambine e bambini, in fuga da guerre, discriminazioni, fame e povertà, disastri ambientali, diseguaglianze che si ammassano in un tutt'uno indistinto su improbabili e disastrosi barconi nel tentativo di poter ritrovare la possibilità di avere una vita degna per se e per le proprie famiglie
Arrivi che sono la denuncia evidente di un mondo ingiusto e che non funziona. Dove quattro soli uomini al mondo hanno in mano un quinto della ricchezza mondiale. Dove paesi potenzialmente ricchissimi sono ridotti a miseria da regimi corrotti che tutelano gli interessi dei mercati e i privilegi di poche parti di umanità in overdose di benessere e agio. Dove le guerre tornano ad essere regolatrici delle dinamiche internazionali e primo serbatoio di profitto per l'industria delle armi uccidendo milioni di persone, quasi sempre incolpevoli e civili, troppo spesso bambine e bambini
E invece di indignarci per tutto questo e di aprire le porte a chi prova a sopravvivere, le nostre comunità, l'Italia e l'Europa, sembrano essere più attratte dal rifiuto che dall'accoglienza. Dal rancore piuttosto che dalla cura. Fino ad arrivare ad un dibattito politico che discerne senza vergogna sul fatto se sia giusto o meno salvare chi rischia di annegare in mare.
Con la vergogna di una politica, quella italiana, che ancora una volta rinuncia al coraggio, alla lungimiranza, alla memoria delle proprie radici sacrificando la normativa sulloius soli ai meri calcoli elettorali e alla rincorsa degli umori più negativi del Paese spaventato e incattivito.
Ed è dentro a questo serbatoio di paura e indifferenza che l'Europa sta rinnegando la propria cultura. Quell'attenzione alla pace e alla tutela e promozione dei diritti che ne aveva fatto il continente più avanti su tali temi
Ci sono soglie che non possono essere superate, pena la perdita di noi stessi. Una di quelle è la soglia che separa l’umano e il disumano. L’affermazione di quella comunità di genere che ci accoglie tutti e ci fa degni di riconoscimento reciproco, o la sua negazione.
Per questo non possiamo rimanere in silenzio, rischiando alla fine di colludere con chi propone muri, parla di eserciti alle frontiere, nega l'umanità dei volti e dei corpi trasformando una moltitudine di persone in fuga in categoria preoccupante e pericolosa, sacrificabile in nome della nostra tranquillità.
Non possiamo rimanere in silenzio anche se ci rendiamo conto che paure e preoccupazioni non vanno sottovalutate. Che un continente come il nostro, con tassi di inoccupazione elevati, con migliaia di giovani che non lavorano, con diseguaglianze strutturate e sempre meno spiegabili, con ampie aree di povertà e vulnerabilità economica può oggettivamente faticare a riconoscere nella solidarietà una priorità.
Per questo siano convinti che ogni richiamo all'accoglienza e convivenza tra differenze debba essere accompagnato da proposte politiche sostenibili e sagge. In tal senso, in primisva chiesto con forza di tornare ad investire sulla programmazione di politiche di inclusione e cittadinanza, abbandonando il solo mantra dell'emergenza che non solo non risolve ma finisce per determinare mero assistenzialismo, spreco di risorse, conflitto sociale.
Ancora, approvi la legge sulla cittadinanza. Si programmi e si realizzi un sistema di accoglienza fondato sul coinvolgimento di tutte le comunità e le istituzioni, la trasparenza, la qualità, il sostegno ai soggetti più fragili (i minori, le donne, i vulnerabili), la cultura dei diritti e della responsabilità».
Ma c’è un secondo punto altrettanto decisivo senza il quale la pratica dell’accoglienza è inevitabilmente limitata e la sua proclamazione rischia di essere in gran parte retorica. Il salto di qualità, la svolta della politica deve intervenire anche con riferimento ai più recenti provvedimenti legislativi (in particolare i decreti Minniti sui richiedenti asilo e sulla sicurezza, recentemente convertiti in legge dal Parlamento) che contraddicono in modo clamoroso lo spirito di accoglienza limitando le garanzie e i diritti per chi è in fuga da guerre e persecuzioni, incentivando risposte alle richieste di soccorso fondate sulla contenzione, creando improprie divisioni tra migranti, trasformando i sindaci in sceriffi e le istituzioni locali in presìdi a tutela degli inclusi contro i più deboli e i marginali.
Solo nella capacità di ospitare e di assumere la responsabilità di governo dei flussi migratori si può immaginare di costruire un futuro di benessere collettivo, di convivenza civile e democratica, di sicurezza per tutte e tutti
Con questa consapevolezza e per non essere complici di chi vorrebbe chiudere le porte al futuro, chiediamo ai napoletani, nel solco della tradizione di civiltà e accoglienza della città, di mobilitarsi in autunno per proporre un'idea alternativa di convivenza civile e democratica
Proponiamo a tutte le persone e organizzazioni interessate di incontrarci martedì 5 settembre alle ore 17.30 al centro interculturale "Officine Gomitoli", piazza Enrico De Nicola, 46, Ex lanificio Porta Capuana.
Per aderire mandare una mail a "andreamorniroli@libero.it" o "gesco@gescosociale.it"
Primi firmatari
Gennaro Carillo, Sergio D'Angelo, Elena de Filippo, Alfredo Guardiano, Lasaad Azzabi, Simonetta Marino, Andrea Morniroli, Jamal Qaddorah, Marinella Pomarici, Maria Teresa Terreri