A pochi giorni dal T-Dor, la giornata mondiale per ricordare tutte le vittime trans di violenza, che cade il prossimo 20 novembre, l’Associazione Trans Napoli (ATN) scrive alle istituzioni locali per chiedere più diritti e denunciare la condizione di discriminazione e disagio in cui vivono ancora le persone transessuali.
“Chiediamo al Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e al Sindaco della città di Napoli Luigi de Magistris – si legge nell’incipit della lettera che porta la firma della vicepresidente, Loredana Rossi - la possibilità di avere all’interno dei corsi di formazione professionale attivati dalla Regione Campania delle quote di partecipazione riservate alle persone transessuali, travestiti e trans gender”.
Di seguito il resto del testo.
Per avvalorare le nostre richieste vorremmo mettervi a conoscenza di quella che è attualmente la nostra condizione di vita e di ‘lavoro’ sulla strada, cosa questa che molti credono di conoscere o comunque di poter immaginare con molto facilità. Nulla di più sbagliato! Innanzitutto molte di noi sono costrette a vivere la strada a causa del rifiuto della famiglia, perché dal momento in cui si scopre o dichiariamo la nostra natura transessuale per rabbia ma soprattutto per la vergogna degli altri, della società la prima cosa che fanno le famiglie è mandarci via di casa, e non importa se abbiamo 30 anni o 15, per loro l’importante è allontanare l’oggetto della vergogna. Dunque molte di noi si trovano senza una casa e prive di tutela. L’essere transessuale ci determina non solo un danno psicologico perché abbandonate, derise, emarginate da molti, troppi, ma anche un danno economico notevole, in quanto ci taglia fuori dal mondo del lavoro, del lavoro, dalla possibilità di trovare un lavoro ”normale”, per noi è difficile trovare anche un lavoro a nero! Anche le transessuali mangiano, anche le transessuali pagano le bollette, per cui troppo spesso l’unica via per sostenerci economicamente è finire a lavorare in strada, a prostituirci per garantirci la sopravvivenza. La strada, al contrario di quanto si creda non è il punto di arrivo della nostra caduta morale, ma solo l’inizio di un calvario che non esitiamo a definire “da incubo”, in cui trascorrere la nostra vita, costantemente alla mercè di tutti i peggiori istinti repressi degli uomini, che ci fanno male, un male non solo psicologico ma soprattutto fisico. Basti pensare al nuovo “sport” che ha preso piede tra le bande di giovani negli ultimi tempi, il così detto “Sputo al Femminiello”, o la variante più completa “Dai le Mazzate al Femminiello“. Potete comprendere che in un simile contesto sociale, le nostre richieste non sono poi così assurde, chiediamo un po’ di ”normalità”, tutte noi vorremmo un lavoro che ci consenta di vivere con tranquillità e serenità la nostra vita. Siamo stanche di continuare a pagare i nostri errori perché di fatto la società ha preferito ignorarci, nasconderci, piuttosto che sostenerci, aiutarci ad inserirci in un contesto dignitoso e sano. Sicure che la sincerità espressa in questa nostra lettera non vi lasci indifferenti, osiamo contare su di un vostro impegno istituzionale affinché le nostre richieste non passino inascoltate, ma che abbiano un giusto rilievo presso di voi .