Le donne vittime della "Buona Scuola"

insegnantePubblichiamo il comunicato congiunto su "Donne e buona scuola" firmato da: Coordinamento Precari Scuola Napoli, Cobas Scuola Napoli, Coordinamento Regionale per la difesa della Scuola pubblica.

"Sul DdL “La Buona Scuola”, i docenti in lotta, gli studenti, gli attivisti dei movimenti, i genitori e alcuni sindacati di base hanno detto tutto ciò che potesse risultare utile a suscitare la giusta indignazione del Paese contro l’inusitato tentativo di smantellare la Scuola pubblica, la Scuola tendenzialmente garante dell’uguaglianza e strumento di quella mobilità sociale sempre più osteggiata dai governi di “nominati” che si sono succeduti, senza voto né legittimazione popolare, da Berlusconi ad oggi. L’introduzione del preside-padrone che licenzia e dispensa premi o castighi a suo capriccio; il regime concorrenziale tra scuole che dovrebbero garantire, in ragione dell’art. 33 della Costituzione, condizioni di apprendimento uguali per tutti, e che verranno invece abbandonate agli appetiti di privati interessati a finanziare solo quei processi formativi funzionali all’accrescimento dei loro profitti; le prestazioni d’opera (200 o 400 ore) dovute dagli studenti e dalle studentesse, ridotti a manovalanza schiavile per le imprese; la morte della libertà di insegnamento: tutto questo è stato finora sufficientemente denunciato e proscritto.
Poco, invece, si è parlato del colpo mortale che questa legge infligge al lavoro, all’indipendenza e all’autonomia delle donne, in questo caso docenti e funzionarie amministrative già umiliate e penalizzate dalla lunghissima attesa di una stabilizzazione che non verrà neanche ora che l’Unione Europea l’ha finalmente e perentoriamente ordinata, condannando l’Italia per abuso di contratti a tempo determinato (sentenza della Corte Europea del 26/11/2014).

Perché Renzi non ha dato esecuzione alla sentenza europea ed ha, invece, arrogantemente deciso di subordinare il riconoscimento di un diritto finora negato all’accettazione di condizioni vessatorie quali la mobilità su tutto il territorio nazionale e il demansionamento? Si sarebbe comportato allo stesso modo se il comparto Scuola fosse stato composto al 70% da uomini anziché da donne? Perché, fin dal 2008, i governi, di destra come di sinistra, hanno scelto di fare proprio della Scuola il “bancomat della crisi”? Quanto incide, sui calcoli dei governi servi della finanza internazionale, la percentuale di donne occupate nel settore da massacrare?

Tutti ricordano il vergognoso caso delle lavoratrici della Mavib di Inzago, i cui padroni, nel nuovo, “sdoganante” clima di austerity, non ebbero ritegno a dichiarare pubblicamente che avrebbero licenziato le donne in quanto “stipendio accessorio” delle loro famiglie, ergo sacrificabili. Il ragionamento del governo padronale di Renzi riguardo al personale della scuola è esattamente lo stesso!

Il  DdL 2994 è stato finora frettolosamente e dilettantescamente rettificato, integrato e modificato almeno quattro volte. Ad ogni revisione, le condizioni di assunzione delle precarie e dei precari sono diventate più onerose. La versione del DdL che verrà esaminata dalla Camera il 7 luglio prossimo contiene un ricatto bell’e buono per quante e quanti non saranno immesse/i nella prima tranche di passaggi in ruolo (ridotti, peraltro, a un terzo di quelli promessi): o disponibilità immediata a fare le valigie e ad andare da Gela a Pordenone e viceversa, oppure estromissione definitiva dal mondo della Scuola! I nuovi contratti, poi, saranno solo triennali; il loro rinnovo dipenderà dal “gradimento” del preside-padrone! E’ più che evidente che il governo voglia incentivare il “ritorno a casa” delle donne, imponendo loro, dopo anni di sacrifici e di attesa, una vera e propria deportazione, e mortificando la loro alta professionalità! Il governo, insomma, lascia alle donne la felicissima scelta tra un esilio perpetuo, perché senza speranze di rientro e… la calzetta del classico insulto patriarcale!
Se a ciò aggiungiamo il licenziamento già previsto di 2020 “Ata”, cioè personale amministrativo e tecnico di segreteria anch’esso per lo più costituito da donne, possiamo senz’altro concludere che La Buona Scuola, oltre ad essere un piano di asservimento della Cultura ai voleri del Mercato, è anche un tentativo vigliacco e inconcepibile di relegare in una sfera esclusivamente privata centinaia di laureate, immesse da tempo nel circuito della produzione e diffusione di idee, donne nel pieno della maturità professionale ed esistenziale, molto motivate, che svolgono il loro lavoro con grande passione.

Le precarie della Scuola hanno “già dato”. Imporre loro una mobilità forzosa su tutto il territorio è una vera, sadica ignominia, presupponendo l’abbandono coatto di quella famiglia quotidianamente evocata e santificata ma mai sostenuta, col risultato di trasformarla nella tomba della dignità delle donne, annullate come individualità e costrette a recitare i ruoli di fattrici e badanti.   

Le docenti precarie e i docenti in lotta di Napoli e della Campania chiedono solidarietà e sostegno, in vista del 7 luglio e delle battaglie che seguiranno, a tutte le altre lavoratrici che lottano per non essere ricacciate nella gabbia della dipendenza economica e della deteriorità civica.

Il DdL Scuola va assolutamente rigettato non solo perché configura processi incompatibili con la funzione della Scuola, ma anche perché ad esso è sottesa una ratio discriminatoria, finalizzata al taglio dei posti di lavoro ricoperti dalle donne e al loro utilizzo come “welfare” a costo zero. Le manovre indegne dei burattini dei poteri finanziari rivelano di essere chiaramente dettate anche dalla smania di vendetta contro i processi di emancipazione.

Le lavoratrici della Scuola respingeranno, con la lotta e la disobbedienza, quest’ennesimo attentato alla loro libertà di espansione, espressione e scelta. Lo faranno non solo per se stesse, ma per le future generazioni, per le studentesse senza prospettive, e, infine, perché il monopolio della parola “valore” sia strappato agli ipocriti che si adoperano per associarla ad una subordinazione spacciata per “naturale e necessaria” e che, invece, è artificiale e storicamente determinata da poteri che fanno del determinismo biologico la base della loro propaganda", Marcella Raiola (Coord. Precari Scuola Napoli).