Nel dibattito sull’equità del sistema giudiziario, uno dei temi più urgenti è l’accesso alla giustizia per chi non dispone delle risorse economiche necessarie per sostenere una causa legale. Le spese legali possono infatti essere proibitive e, troppo spesso, la possibilità di far valere i propri diritti diventa un privilegio riservato a chi ha la disponibilità economica per affrontare lunghi e costosi procedimenti giudiziari.
In questo contesto si inserisce una soluzione innovativa e ancora poco conosciuta in Italia: il Litigation Funding. Si tratta di uno strumento che può contribuire in modo concreto a democratizzare la giustizia, offrendo la possibilità di fare causa senza anticipare i costi. Ma di cosa si tratta esattamente? E quali implicazioni comporta per il nostro sistema legale?
Il Litigation Funding (o terzo finanziatore del contenzioso) è un meccanismo con cui un soggetto esterno al procedimento legale – tipicamente una società specializzata – si fa carico delle spese del contenzioso in cambio di una percentuale sull’eventuale somma ottenuta in giudizio. In caso di sconfitta, è il funder a sostenere la perdita: l’attore non dovrà restituire nulla.
Questo sistema, nato nei paesi di common law come Regno Unito, Stati Uniti e Australia, si sta lentamente facendo strada anche in Europa continentale. In Italia è ancora poco diffuso, ma ha cominciato a guadagnare legittimità grazie a recenti orientamenti giurisprudenziali e a un crescente interesse da parte di professionisti e investitori.
Il vero punto di forza del Litigation Funding è l’abbattimento delle barriere economiche all’ingresso nei tribunali. Permette a cittadini, consumatori e piccole imprese di fare causa senza anticipare i costi, aprendo così le porte del sistema giudiziario a chi, fino a ieri, era escluso per mancanza di risorse.
In particolare, il Litigation Funding può rivelarsi fondamentale in contesti come:
Grazie a questo meccanismo, il diritto alla giustizia torna a essere, almeno in parte, un diritto concreto e non solo teorico.
In Italia, non esiste ancora una normativa organica che disciplini il Litigation Funding. Tuttavia, la pratica non è vietata, e anzi alcune decisioni della Corte di Cassazione hanno confermato la legittimità di tali contratti, equiparandoli sotto certi aspetti alla cessione del credito litigioso.
In ambito arbitrale, la Camera Arbitrale di Milano ha fatto un passo avanti introducendo l’obbligo di dichiarazione di eventuali finanziamenti da parte di terzi, un segnale importante in direzione della trasparenza.
A livello europeo, si sta lavorando a una regolamentazione condivisa: il Parlamento Europeo ha presentato nel 2023 una proposta per definire principi comuni che garantiscano il corretto uso del Litigation Funding, proteggendo al tempo stesso le parti coinvolte.
Il Litigation Funding porta con sé molti benefici, ma anche alcune criticità che non possono essere ignorate. Tra i principali vantaggi ci sono:
D’altra parte, esistono dei rischi:
Per queste ragioni, è fondamentale che l’Italia (e l’Europa) procedano verso una regolamentazione che protegga gli interessi dei cittadini e garantisca trasparenza, proporzionalità e supervisione.
In un’epoca in cui la giustizia rischia di essere appannaggio di chi può permettersela, il Litigation Funding si presenta come un’occasione concreta per riequilibrare il sistema. Permette a chi non dispone di grandi risorse di fare causa senza anticipare i costi, rendendo reale ciò che la nostra Costituzione proclama da sempre: l’uguaglianza davanti alla legge.
Naturalmente, il futuro di questo strumento dipenderà dalla capacità di legiferare con intelligenza, garantendo da un lato l’accesso alla giustizia e dall’altro la tutela delle parti più vulnerabili. Il messaggio è chiaro: una giustizia davvero democratica è possibile, ma va costruita passo dopo passo – anche attraverso innovazioni come il Litigation Funding.