Aspettando un miracolo al tempo della pazienza
Erano venticinquemila, erano bambini, erano anziani, erano gente comune, normale, di quella che puoi incontrare a qualsiasi angolo di strada, fermata d'autobus o metropolitana. Erano arrivati dalla città e dalle sue strade, dalla periferia che degrada verso la provincia, dalle autostrade, Milano, Torino, Bari, Italia, e anche dall'estero, raccontano, erano lì per lei, la Madonna e la sua interprete.
Mirjiana Dragicevic, la bionda veggente di Medjugorje, ha alzato gli occhi al cielo alle 8,45 del 2 febbraio: la Madonna è a Ponticelli, periferia napoletana, est della città equatore, e il suo è un messaggio di speranza e amore messo di canto, non ha scelto una grande chiesa per manifestarsi, non il Duomo, non un altare consacrato dalla tradizione religiosa, ma il Palavesuvio di via Argine. Come a dire che la chiamata di Cristo arriva, bisogna saper aspettare. Se poi c'è un autobus che t'accompagna, se il messaggio si diffonde sul web, è tutto più friendly: la religione, il credo, sia suggestione o fede, è una coperta che riscalda anche quando dice: "Figli miei, siete ancora sordi e ciechi". In tempi di crisi, le parole forse assumono un'importanza diversa, svolgono una funzione fàtica, Dicono presenza prima ancora di dire altro. Il silenzio dell'attesa è tollerabile solo per un certo periodo di tempo, quello adatto a far proponimenti, prima c'è la veglia, poi il rosario, poi l'adorazione eucaristica, infine l'apparizione.
Aspettare un miracolo è un esercizio che riesce meglio se non è quotidiano: per quello c'è la pazienza, di solito riservata a ciò che non va nelle nostre vite e che non possiamo cambiare, non subito, siamo incudini tra le paure, le assenze, le insicurezze, i problemi e i drammi portati in dote dal quotidiano. Dovrebbe esserci anche dell'altro, ma di questi tempi è meglio se qualcuno ce ne dà la sicurezza. C'è, dunque, chi racconta di sensazioni forti, tangibili, chi del vento che si è levato al momento dell'apparizione di Maria, chi di Maria, non vista eppure presente.
Ravvedersi è un processo fondamentale a Napoli. La città che, dicono, non ha storia, ha però fede: negli inizi costanti, nelle rapide prese di coscienza, nella speranza che è prodigio di per sé, il solo pensiero di avere un'alternativa rende quell'alternativa possibile. Bisognerebbe, forse, pregare lo Spirito Santo perché doni anche concretezza, piedi per terra e voglia di fare, proprio come ha detto la Vergine nel messaggio diffuso per bocca della veggente di Medjugorje: "Non state pregando lo Spirito Santo affinché vi illumini. Figli miei, la superbia sta regnando. Io vi indico l’umiltà. Figli miei, ricordate: solo un’anima umile brilla di purezza e di bellezza, perché ha conosciuto l’amore di Dio. Solo un’anima umile diviene un paradiso, perché in essa c’è mio Figlio".
«È un messaggio un po’ triste – ha spiegato la Dragicevic – perché siamo teste dure e non vogliamo capire cos’è importante in questo mondo". Eppure, e lo dicono i tanti fedeli accorsi al Palavesuvio, la volontà di ascolto c'è: "Ognuno di noi cerca qualcosa alla fine", dice una giovane donna.
Raffaella R. Ferré
© RIPRODUZIONE RISERVATA