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Giovedì 2 Dicembre 2021




La Napoli di sotto: misteri e progetti

La storia, che sembra tratta da un romanzo, di Clemente Esposito.

clemente-espositoClemente Esposito presidente del Centro Speleologico Meridionale a settanta anni ha l’indole del fanciullino e continua ancora a cercare meandri sconosciuti. Ascoltare lo speleologo, che ha censito oltre 800 cavità partenopee, raccontare la sua vita significa appropriarsi di un pezzo importante della storia del sottosuolo di Napoli.

Clemente Esposito ha incanalato la passione dell’infanzia per la discesa nei pozzi di Airola, sua città natale, andando alla scoperta del sottosuolo napoletano. “Mio padre- racconta Esposito-, mi picchiava ogni qualvolta sparivo alla ricerca del buio, e poi i proprietari dei pozzi, mi davano il resto. Ma io non smettevo: sfidare l’ignoto fa parte di ogni essere umano, in ognuno di noi c’è Ulisse”. Trasferitosi con la famiglia a Napoli, Clemente riesce a rendere un lavoro la sua passione, trovando nei giovani del CSM, validi compagni di ricerca e di viaggio nelle cavità naturali e  artificiali di tutto il sud Italia. “A via Anticaglia nel teatro romano- ricorda Esposito-  stabilimmo la sede partenopea del Centro Speleologico Meridionale dove fu creata anche la prima stazione biologica d’Europa: studiavamo, raccoglievamo e mettevamo in mostra in alcuni contenitori le strane forme di vita presenti nell’acqua del sottosuolo”.

Le cavità turistiche. Le prime cavità a diventare turistiche furono quelle dei Quartieri Spagnoli, con accesso da via S. Anna di palazzo. Era il 1980. “Aprimmo per una settimana facendo pagare 20 mila lire e inaspettatamente avemmo un pubblico di 200 persone a sera, provenienti anche da altre regioni”. Visto il successo, il sito restò aperto sempre e seguì l’apertura della Napoli del sottosuolo di piazza S. Gaetano. “Per liberare dalle macerie la cavità ci volle un anno e mezzo. Entravamo con grande fatica dal pozzo di S. Gregorio Armeno, mentre sarebbe stato molto più semplice l’accesso dal negozio di un falegname di piazza S. Gaetano che però non voleva farci passare. Così una sera gli feci uno scherzo: accesi tutti gli interruttori delle macchine della bottega e quando lui arrivò la mattina dopo e attaccò la corrente, le macchine partirono da sole lui scappò via terrorizzato, pensando che si trattasse del Monaciello”.

SRilievo-Casalnuovo-04-11-0302ottosuolo, radar del benessere della superficie. Oltre ad essere una fonte di emozioni, la conoscenza del sottosuolo è uno strumento essenziale per prevenire i disastri provocati dall’incuria dell’uomo, quali la mancata manutenzione delle fogne e degli acquedotti.
“Nel 1968- ricorda Clemente-  un palazzo crollò nel vuoto sottostante via Catullo. Si istituì una commissione che prese atto del fatto che non esisteva una cartografia precisa delle cavità napoletane e si pensò che l’amministrazione Lauro l’avesse distrutta, in verità non era mai esistita. Infatti, ad inoltrarsi nei meandri tufacei della città erano stati gli addetti alla manutenzione degli acquedotti, i pozzari, le cui testimonianze erano state raccolte da Celano, Galante, Melisurgo, che tuttavia non erano mai scesi personalmente sotto terra”. Prima del 1939, ovvero quando 400 cavità furono utilizzate dall’Unione Nazionale Protezione Antiaerea per far rifugiare l’intera popolazione napoletana durante la guerra, non c’erano neanche scale di accesso al sottosuolo. “La commissione del Comune iniziò a proporre conti esorbitanti per il lavoro di censimento. A quel punto si alzò Pietro Parenzan, allora presidente del CSM, e disse “Noi possiamo farlo anche gratis. Basta che mi diate i permessi”. Si decise che il gruppo del CSM fosse pagato 100 lire a mq per le cavità accessibili con la scala e 200 lire per quelle accessibili dai pozzi. Eravamo convinti che bisognasse fare presto perché se fossero morti gli anziani, memoria dei rifugi antiaerei, le cavità non si sarebbero più trovate. Io stesso andai casa per casa a chiedere ai condomini se c’erano dei pozzi o delle scale nei palazzi antichi. Ricordo una portiera ormai in pensione che prese una grossa chiave e mi portò lei stessa nel sottoscala del suo palazzo”.
Dall’antica Grecia fino al 1884 non si è mai smesso di scavare nel sottosuolo napoletano, inizialmente per estrarre il tufo per costruire, poi usando i vuoti come cisterne per l’acqua. Ogni cisterna era collegata alle altre, ma nel 1884 le cose cambiarono. “Se entravi in un pozzo potevi girare tutta Napoli sottoterra, fino a che nel 1884 ci fu una tracimazione dei liquami dalle fogne all’acquedotto antico e il colera decimò la popolazione. Fu allora che gli acquedotti greco e romano furono sostituti dal moderno sistema con le tubature. Mentre durante la guerra furono chiusi i varchi tra una cisterna e un’altra così che i rifugiati non si perdessero sotto terra”.
 

Incurabili-44Il progetto de “La Macchina del Tempo”. Oggi non esiste un sistema di monitoraggio costante del sottosuolo napoletano a causa dei costi elevatissimi che avrebbe un tale servizio. “Il sottosuolo affascina perché rinasce in ognuno di noi il fanciullino, l’Ulisse- spiega Esposito, consulente per 50 anni del Comune di Napoli-. Ma non ha audience per quanto riguarda i lavori che costano soldi e fatica. La competenza del sottosuolo è del Demanio, ma il controllo della sicurezza dei cittadini e dunque la manutenzione spetta al Comune, che in questo modo ha solo gli oneri e non gli onori del sottosuolo. Sotto terra non vuole scendere nessuno a lavorare perché è complicato e i risultati sono invisibili. Eppure prevenire è necessario: conosciamo solo a due terzi del sottosuolo e ciò che non conosciamo potrebbe rivelare situazioni pericolose: tutte le cavità andrebbero monitorate almeno ogni 4 anni. L’acqua che scorre da una falla dell’acquedotto produce un danno immediato, più subdola è la perdita di liquami dalle fogne”.
Proprio per ovviare alla carenza di controlli,  l’associazione speleo archeologica culturale “La Macchina del Tempo” ha stipulato una convenzione gratuita con la II Municipalità di Napoli per il controllo delle oltre 200 cavità sotterranee municipali. “Attraverso il rilievo, la documentazione video fotografica dei fenomeni del sottosuolo si può intervenire immediatamente riparando eventuali disfunzioni in superficie. Gli scopi del progetto sono: identificare perdite idriche di acquedotto e fogne, raccogliere campioni per l'analisi delle acque e segnalare lo sversamento di materiali non autorizzati. Con quattro squadre di 15 speleologi ognuna visiteremo una cavità a settimana tra quelle conosciute e cercheremo di rendere accessibili altre cavità inesplorate che potrebbero essere utilizzate a scopi turistici”, spiega Luca Cuttitta, presidente de “La Macchina del Tempo” che nel “Museo del Sottosuolo”, in piazza Cavour 140, museo cui Esposito è molto affezionato poiché è là che sono esposti cimeli da lui ritrovati nel sottosuolo e parte della sua collezione di antichi strumenti da lavoro.

Scoperte ancora da compiere. Clemente Esposito, anno dopo anno ha censito 1 milione di mq di vuoti realizzando una planimetria precisa e scrivendo numerosi libri sui reperti trovati nelle sue esplorazioni. L’ultimo libro ancora inedito sugli acquedotti di Napoli che ironicamente definisce “il mattone” spiega come  l’acquedotto erroneamente attribuito a Claudio era invece  stato realizzato sotto Augusto nel 10 d.C.: il sistema idrico dai ponti Rossi, dove entrava in città a 42 m di altezza sul livello del mare, attraversa la città fino ad arrivare alla piscina Mirabilis di Miseno.
Clemente ritiene che le conosce tutte, ritiene che le più belle cavità in assoluto non siano quelle già accessibili al pubblico, ma un insieme di cisterne che occupano oltre metà del sottosuolo dei Quartieri Spagnoli che lo speleologo sta cercando di liberare per renderle turistiche; “qualcuno che ha ristrutturato la casa per risparmiare magari 50 euro ha gettato tutto il materiale di scarto là sotto e ora per liberare la cavità ci vogliono mesi di lavoro e tanti soldi” spiega lo speleologo.
L’ingresso al sito che verrà aperto nel 2014 sarà in vico d’Afflitto, nei pressi dell’Augusteo. Proprio in quell’area Clemente anni a dietro aveva scongiurato una tragedia: “in seguito ad un problema ai binari della funicolare centrale che si erano deformati fui costretto a sfondare il pavimento di una casa umile nelle vicinanze in cui c’era il pozzo murato di accesso al sottosuolo. “Furono gentilissimi, mi offrirono da mangiare e non si lamentarono affatto, mentre nello stesso periodo, in seguito al crollo di un palazzo in via Cimarosa chiesi alle suore di un convento adiacente se potevo calarmi nel loro pozzo, ma mi dissero di no. Monitorare il sottosuolo, significa spesso disturbare chi abita nei palazzi in cui sono presenti gli accessi, ma secondo la mia esperienza, sono proprio le persone più povere ad essere quelle più disponibili”.
Mancano tre cose alle scoperte di Clemente: il ricovero di porta S. Gennaro, quello di S. Domenico Maggiore e la piscina degli incurabili di cui parlano diffusamente gli storici, ma a cui Esposito non è ancora riuscito ad accedere poiché è ancora alla ricerca degli ingressi. Di questo si parla anche nella scritta che il ricercatore ha immaginato per la sua lapide. Noi gli auguriamo che passino altri 100 anni e che “il fanciullino” possa realizzare tutti i suoi sogni in questa vita.

Alessandra del Giudice

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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